23/07/16

Basilico, me, ricordi e ricette del golfo ligure


Ho abitato a Genova per un paio d'anni.  Era il mio primo lavoro, scrivevo programmi per grandi computers.
Dipendente della Olivetti General Electric, io ed altri stavamo avviando l'automazione della Compagnia Unica.
Allora i computers riempivano una stanza, erano costosi, cosi' come era costoso il tempo del loro utilizzo.   Ci alternavamo, io e gli altri, per provare il corretto funzionamento dei programmi che scrivevamo, in modo che non ci fossero errori quando sarebbero stati usati dalla Compagnia Unica.
Ci litigavamo l'accesso al computer e ci alternavamo sia di giorno che, spesso, di notte.
Ma tutto questo non c'entra.
Abitavo a Genova, allora, e mi adattavo alla cucina locale.
Per uno come me, che non era mai uscito da Firenze (e che aveva mangiato da sempre le comuni cose che si mangiano in una famiglia non proprio benestante), si era aperto un mondo di novita'.
A volte mangiavo assieme alla famiglia che mi ospitava (camera in affitto), a volte mangiavo alla mensa della Compagnia Unica, a volte in trattoria.   E ogni volta volevo provare qualcosa di nuovo.
A Genova ho scoperto la cima, la sbira, la fainà, le trenette, il pesto, le trofie, la focaccia col cappuccino, i gianchetti, i pansoti, e cosi' via.
Gia', la sbira.  Quella minestra mi piaceva proprio.  Da buon fiorentino una minestra fatta con le trippe era qualcosa che capivo benissimo.    
A volte la sera, uscendo dalla Compagnia Unica, andavo da Piazzale San Benigno verso Via Cantore e le sue traverse, dove avevo trovato una trattoria conveniente. 
Li' mi ero affezionato alla sbira e la prendevo quasi sempre. 
Tanto che in ultimo il cameriere mentre passava mi chiedeva al volo "sbira?" e dopo un po' arrivava la scodella bollente con le sue fette di pane abbrustolito.   Minestra bollente che in inverno non dispiaceva.  Anche se l'inverno ligure non era cosi' freddo.  Fu per me una novita'  scoprire che in inverno non era necessario, salvo eccezioni, il cappotto.   Il clima mite del golfo era una novita' che mi colpiva piacevolmente.
Altri cibi mi avevano incuriosito e li avevo provati per la prima volta.  La cima, per esempio, del tutto sconosciuta.   O a Staglieno, dove avevo la camera in affitto, la sorpresa di certe squisite seppioline coi piselli, trovate in una trattoria da camionisti.  Quasi tutti chiedevano proprio quelle.
Oppure, la mattina, la focaccia col cappuccino, in un famoso bar e pasticceria del centro, bar di cui, mea culpa, non ricordo il nome.  E che non saprei ritrovare.   Forse era Panarello, non so.  Quando ripasso da Genova voglio entrarci;  cosi', per vedere se si accende qualche lampadina.
O vicino a Piazza Brignole, dove in un noto ristorante (che ora non c'e' piu') ho scoperto i gianchetti al burro.
O anche nei caruggi, subito sotto Piazza De Ferrari, dove ho scoperto le trofie fresche e il pesto.
Non avevo mai assaggiato il pesto;  e a Genova lo trovavo dappertutto.
Una vera religione, il pesto, con tutti i suoi riti.  Su come farlo avevo assistito a discussioni partigiane, cosi' su come fosse il modo migliore per condirci le trofie o le trenette. 
Ma alla fine tutto partiva dal basilico.
Nelle discussioni sull'argomento basilico i genovesi si trovavano tutti d'accordo: basilico di Pra' o niente.
Sul basilico troverete nel seguito molte interessanti informazioni e tante ricette, anche riprese dal sito del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P. 

Che poi l'idea di fare questo post sul basilico mi e' venuta in un modo che con la cucina non c'entra niente.
I percorsi, le associazioni che si formano a volte nelle nostre menti e i ricordi che ne nascono sono una cosa davvero strana.   
Stavo leggendo quello che mi avevano definito "il romanzo dell'estate" e mi sono ritrovato trasportato nel Golfo dei Poeti e nelle disquisizioni sul pesto.
Il romanzo, che non ha molto a che fare con la cucina, che e' uno dei miei principali interessi, e' piacevolissimo.  "Un disastro chiamato amore" racconta di una ragazza un po' imbranata che in riviera trovera' alla fine il suo lui, il tutto descritto dall'interno del cervello della ragazza stessa.
Conosco l'autrice, una bella ragazza dalla folta chioma rossa, giornalista e scrittrice.  La citazione, rossa o non rossa, e' d'obbligo, dato che e' questo romanzo che mi ha riportato agli anni del mio primo lavoro e alla scoperta del pesto.




Info sul libro, qui























Il pesto, dicevo.   Per ben cominciare atteniamoci alla ricetta originale, secondo quanto riportato dal Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P.

Pesto genovese, ricetta per 5 – 6 persone:

8 mazzetti o 1 bouquet di Basilico Genovese DOP (g 70 circa di foglie)
50 g di parmigiano reggiano (preferire quello stagionato 36 mesi)
10 g di pecorino sardo (preferire quello stagionato 15 mesi)
2 cucchiai di pinoli freschi di Pisa di prima scelta
3 spicchi di aglio (preferire l’aglio di Vessalico) , località nell'imperiese, dal gusto meno intenso)
una presa di sale marino grosso
3 cucchiai di olio extra-vergine Riviera Ligure DOP.  

Il pesto nel mortaio: la tradizione dice che...
Bisogna staccare le foglie di basilico, lavarle e asciugarle con delicatezza, poi bisogna porre l'aglio gia' mondato nel mortaio, pestarlo col pestello fino a ridurlo in poltiglia e fare altrettanto con i pinoli.
Si unisce il basilico e il sale e si schiaccia (senza piu' pestare) a lungo, roteando sino ad ottenere un composto omogeneo.  
Si aggiungono  i formaggi grattuggiati e, sempre rimestando, l'olio versato a filo.

Il pesto si puo' fare senza mortaio, anche se non e' proprio secondo tradizione...
Tritare gli ingredianti nel frullino e nel tritatutto a bassa velocita', con l’accortezzza di aggiungere l'aglio pestato solo a fine preparazione per evitare che sovrasti gli altri sapori (e perche' col calore l'aglio si ossida).   Aggiungere l’olio alla fine, versandolo a filo.
Il pesto nella versione senza mortaio si puo' anche vedere in video, fornito dal Consorzio: VIDEO 


Nota sull'aglio di Vessalico: le sue qualita' tipiche sono il gusto delicato, un aroma intenso e il piacevole aspetto di una facilissima digestione.   Tutte caratteristiche che lo rendono unico e che derivano anche dal mite clima ligure.
Con questo particolare aglio si fa anche una salsa, o meglio crema, molto buona, l'Aiè.
Si fa con tuorlo d'uovo, spicchi d'aglio fresco, olio extravergine di oliva, sale.  Il tutto amalgamato nel mortaio.  E' ottima in accompagnamento a patate lesse e verdure cotte, ma la si puo' gustare ben bene anche su crostoni di pane integrale abbrustolito.

Nota sull'olio ligure: l'olio prodotto in Liguria e' famoso per essere piuttosto delicato, ossia che "non pizzica" e non "attacca in gola".  Per le sue qualità e' a denominazione di origine protetta (DOP).
Le qualita' di questo olio sono da ascrivere alle varieta' delle piante, principalmente Taggiasca, Lavagnina, Razzola e Pignola.  Ma anche al clima, che fa delle riviere liguri un ambiente con microclimi unici.
Non molti sanno che l'olio ligure DOP e' di tre diversi tipi, che dipendono dalla riviera di produzione.  Per questi tre tipi riporto, per non sbagliare, una descrizione da agraria.org, QUI
""L’Olio extravergine di oliva Riviera Ligure DOP è accompagnato da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese e Riviera del Levante.   Il Riviera dei Fiori presenta un colore giallo, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con sensazione decisa di dolce.    Il Riviera di Ponente presenta un colore giallo-verde, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con ensazione decisa di dolce.   Il Riviera di Levante presenta un colore che varia dal verde al giallo, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con sensazione media di dolce ed eventuale leggera sensazione di amaro e piccante"".

Siccome questo e' un blog di cucina e golosita', c'e anche da chiedersi qual'e' il vino che meglio accompagna un bel piatto di trenette o di trofie col pesto.  Molti indicano il Vermentino ligure, un ottimo bianco profumato, prodotto di preferenza nella riviera di ponente, nel savonese.
E' un vino famoso, riportato in tutte le migliori guide.
A me pero', e qui parliamo di gusti personali, piaceva di piu' il Coronata, oppure, se non lo si trova (ormai e' difficile, perche' l'antropizzazione della valle del Polcevera ha cancellato quasi del tutto la sua produzione), anche un Bianchetta genovese.  Vini meno celebrati, un po' da consumo quotidiano, leggeri.   Buoni anche per accompagnare un bel fritto.
Ma, ripeto, sono gusti personali.

Dopo aver parlato del pesto e di quanto gli gira intorno adesso devo affrontare il suo principale ingrediente:

                                           il Basilico

Non e' mica nato qui: viene dall'India.  E' importato in Europa da Alessandro Magno intorno al IV secolo a.C., di ritorno da una campagna guerresca.  Assieme al basilico arriva una leggenda: a una ragazza chiamata Vrinda viene fatto credere dalla divinita' Vishnu che il suo sposo, il semidio Jalandhara, e' morto in una lontana battaglia.  In tal modo Vishnu contava che Vrinda cedesse e lo accettasse come marito.
In India, allora come adesso, una vedova vale meno di niente e, o si risistema con un altro marito, o tanto vale che si suicidi.  Vrinda, molto pia e innamorata di Jalandhara come era, sceglie questa seconda alternativa e si getta nel fuoco, suicidandosi.  Fino a non molto tempo fa le donne indu' rimaste vedove venivano, volenti o meno, bruciate insieme al defunto marito sulla pira funebre.
Per tramandare la memoria della devozione di Vrinda, gli dei trasformarono i suoi lunghi capelli bruciati in una pianta dal profumo soave chiamata tulsi, o basilico e ordinano ai sacerdoti di venerarla.
























Ancor oggi in alcuni tribunali indiani i testimoni prestano giuramento su un ciuffo di tulsi, il basilico sacro.   Molti devoti indu'  iniziano la giornata in preghiera intorno alla tulsi e la sera le accendono un lumino.

Quando la leggenda e' arrivata in Occidente e' stata piu' volte trasformata,  adattata alla cultura occidentale dell'epoca.
La ragazza, che non si chiama piu' Vrinda, ma Lisabetta, non sopportando l’idea di separarsi dal corpo dell’amato ormai morto, ne taglia la testa e la seppellisce in un vaso di basilico, per tenersi vicina almeno una parte di lui
Lisabetta innaffia il basilico con le sue lacrime sino a morire di crepacuore, ma grazie allo speciale nutrimento, la pianta diviene talmente grande e rigogliosa, che la gente va in pellegrinaggio a visitarla.
Un'altra versione recita che Isabella da Messina, conservasse la testa dell’amante, decapitato dai suoi fratelli, in un vaso di basilico.  
Nel  trecento su quest'ultima versione venne anche scritta una canzone popolare, e dall'accaduto il Boccaccio trasse spunto per una sua novella del Decameron.
E' stupefacente quanto materiale salti fuori quando si fanno ricerche sul basilico.   Si dice che il prezzemolo "sta sempre nel mezzo", nel senso che cresce e si trova ovunque, ma non e' niente in confronto a cio' che ruota intorno al basilico.
Addirittura si diceva che dal basilico si generasse il basilisco, una creatura mitologica nota anche come "re dei serpenti".  Si narra che il basilisco avesse il potere di uccidere o pietrificare persone o animali con un solo sguardo diretto negli occhi.

In cucina il basilico, secondo me, e' il re delle erbe aromatiche.  Il suo uso e' quasi illimitato.
E, anche perche', alla fine, questo e' un blog di cucina, trascrivo qua sotto alcune ricette, spudoratamente scaricate dal sito del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P.



Panna Cotta al Basilico Genovese D.O.P.


















Ingredienti:
400 ml di panna liquida
100 gr di zucchero
15-20 foglie di Basilico Genovese D.O.P.
200 ml di latte
8 gr di colla di pesce

Preparazione:
Mettere in ammollo per 10 minuti la colla di pesce in 3 cucchiai di latte freddo.
Lavare le foglie di Basilico Genovese D.O.P.  e frullare con lo zucchero.
Mettere lo zucchero sul fuoco con il restante latte e far sciogliere a fiamma bassa. Aggiungere la panna e attendere il bollore.
Aggiungere la colla di pesce ed il latte dell'ammollo e girare continuamente senza lasciare grumi, se dovessero formarsi filtrare la panna prima di disporla negli stampini.
Mettere il composto negli stampini (5-6) e tenere in frigo per 4-5 ore.
Mezz'ora prima di sformare gli stampini spostare la panna cotta nel freezer.
Sformare e decorare con qualche foglia di Basilico Genovese D.O.P.
Puoi aggiungere a questa preparazione una marmellatina di pomodorini oppure se preferisci del cioccolato fondente fuso.





Trofie al pesto con Basilico Genovese D.O.P "accomodato"


















Le trofie al pesto "accomodato" o "avvantaggiato" sono un caposaldo della tradizione ligure.
Un piatto antico, ricco e completo, dove le patate e i fagiolini fanno da sfondo ad una delle salse ormai più apprezzate, in Italia e nel Mondo: il Pesto.

Ingredienti per 4 persone:
Fagiolini 200 gr
Trofie 350/400 gr
Patate 2 medie
Pesto con Basilico Genovese D.O.P. ( guarda i video delle nostre ricette con mortaio e frullatore)
Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.

Preparazione
Lavate e spuntate le parti terminali dei fagiolini, quindi lessateli e quando ancora risultano croccanti scolateli e spezzateli a metà, quindi pelate le patate tagliatele a dadini e mettetele a cuocere in abbondante acqua, bollente e salata. Quando prenderanno bollore attendete qualche minuto e buttate le trofie nella stessa acqua delle patate già salata ed in ebolizione; in questo modo saranno pronte insieme alle patate.
Attendete pochi minuti (circa 4 per le trofie fresche) e scolate, versate le trofie e le patate in un piatto da portata dove avrete già posto il pesto con Basilico Genovese D.O.P , i fagiolini ed un pò di Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.
Mescolate bene con molta delicatezza in modo che le verdure rimangano intere.
Nella ricetta tradizionale le verdure e la pasta vengono lessate contemporaneamente nella pentola a seconda dei tempi di cottura, se non siete sicuri di saper gestire il tutto potete lessarle separatamente.




Granita al Basilico Genovese D.O.P.
























Ingredienti
1 mazzetto di basilico genovese d.o.p.
1 bustina di te verde
2 dl d'acqua
30g di zucchero semolato
1 albume

Preparazione
Iniziare con la preparazione del te , facendo bollire l'acqua e lasciando la bustina a riposare secondo quanto indicato sulla confezione.
Unire lo zucchero e lasciar raffreddare.
Una volta freddo frullare il te con le foglie del basilico genovese d.o.p. e aggiungere l'albume leggermente sbattuto precedentemente.
Far rapprendere il composto nella gelatiera finchè non si trasforma in granita, se non si è  in possesso di tale strumento riporre il composto in una ciotola, che verrà posta in freezer, e periodicamente mescolare con una forchetta in modo che rimanga morbido.



Filetto di Manzo al Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
























Ingredienti
4 filetti di manzo da 200 g
40 g di sedano
40g di cipolla
40 g di vino bianco
40 g di vermouth dry
1/2 dl di brodo di pollo
50 g di panna da cucina
40 g di burro
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
sale
pepe rosa

Preparazione:
Mondare le carote ed il sedano, tagliarli a pezzetti e lessarli un poco.
Fermare la cottura con acqua fredda in modo che le verdure rimangono sode e non perdano il colore.
Condire i filetti con sale e pepe, farli rosolare nel burro in una padella d'acciaio
Togliere i filetti, diluire il fondo di cottura con cognac, vino bianco e vermouth dry.
Far ridurre a metà ed aggiungere il brodo e continuare la cottura.
Dopo alcuni minuti aggiungere la panna e il burro sbattendo con un cucchiaio.
Aggiungere i filetti e le verdure.
Sistemare i filetti sul piatto di portata.
Versare sopra i filetti la salsa sistemando su ogni filetto un cucchiaio di pesto con Basilico Genovese D.O.P., tenuto in caldo a bagnomaria.



Gnocchi di Patate con Cicale di mare e Pesto con Basilico Genovese D.O.P. 

Ingredienti:
1 Kg di Patate
3 rossi d'uovo
500 g di Cicale di mare
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
Olio extravergine di oliva D.O.P. Riviera Ligure
aglio
prezzemolo
vino bianco
sale

Preparazione:
Cuocere le patate e procedere con la normale preparazione degli gnocchi.
Saltare il padella le Cicale di mare con un pò d'aglio e prezzemolo,  sfumare con il vino bianco.
Aprire ai lati le Cicale di mare ed estrarre la polpa interna che verrà riposta in una ciotola.
Cuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata e scolarli con una schiumarola.
Riporre gli gnocchi ben scolati in un piatto da portata e condire con un pò di Pesto con Basilico Genovese D.O.P. leggermente diluito e con la polpa delle Cicale di mare.




Pizza al Pesto con Basilico Genovese D.O.P.



















Suonerà strano agli amanti della classica Pizza Margherita ma questa variante è facile da trovare in tutte le pizzerie liguri, azzardato si...ma

Ingredienti:
500g di farina
300g d'acqua
20 gr di Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.
30g di lievito di birra
10 g di zucchero
10 g di sale
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.

Preparazione:
Sciogliere il lievito di birra e lo zucchero in un bicchiere di acqua tiepida, mescolare con la farina, il resto dell'acqua, l'Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P. e il sale.
Impastare fino a quando il composto non risulti liscio ed omogeneo, elastico e poco appiccicoso.
Coprire con un canovaccio e lasciar riposare almeno due ore lontano da correnti d'aria.
Procedere con la preparazione del Pesto con Basilico Genovese D.O.P. secondo la ricetta.
Preparare delle palline porzionate, e lasciar riposare ancora una mezz'ora.
Stendere l'impasto e condire con il pesto. Per una versione più sostanziosa aggiungere qualche pezzetto di mozzarella di Bufala oppure qualche pomodorino fresco.





L'incontro tra il pesce ed il Basilico Genovese D.O.P.

L'incontro tra il pesce e il Basilico Genovese D.O.P. simboli della cultura di una regione che affonda le sue radici tra la terra ed il mare.
Le ricette sono a cura di Giorgio Gallia, Associazione Pescatori Liguri.


Antipasto
Spada e Tonno affumicato con Robiola e Pesto
                                                                                  
200 gr di Robiola fresca
100 gr di Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
1 mazzetto di Basilico Genovese D.O.P.
1 mazzetto di Erba Cipollina
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
100 gr Spada affumicato preaffettato
100 gr Tonno Affumicato preaffettato

In una ciotola incorporare bene la Robiola ed il Pesto.
Formare degli involtini con le fette di pesce preaffettato mettendo al loro interno il Pesto e la Robiola, arrotolare e fissare con l'Erba Cipollina.
Inpiattare a proprio gusto guarnendo con foglie di Basilico Genovese D.O.P. e Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure.


Primo
Linguine con Cozze e Arselle al Pesto


350 gr. di Linguine Trafilare a Bronzo
1,5 Kg di Cozze
800 gr. di Arselle
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
1 Cucchiaio abbondante di Pesto con Basilico Genovese D.O.P. a persona più uno per la pentola

Salare moderatamente l'acqua della pasta.
Pulire e nettare bene le Cozze, sciaquare le Arselle lasciandole ammollo in acqua e sale per liberarle il più possibile dalla sabbia. In due padelle separate coprite con il coperchio Cozze ed Arselle accompagnate da alcune foglie di Basilico Genovese D.O.P. ed attendere che i molluschi si aprano ed immediatamente toglierle dal fuoco, sgusciarne la metà e filtrare il liquido estratto.
Cuocere la pasta e scolarla molto al dente.
Farla saltare in padella con le Cozze e le Arselle , fuori dal fuoco aggiungere il Pesto, per facilitare il condimento aiutarsi con l'acqua dei molluschi.
Impiattare e gustare.

                        
Secondo
Trancio di Palamita al pesto


1 Trancio di Palamita
Farina
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
Due cucchiai di Pesto
Acqua calda                                

Passare il Trancio in poca farina, farlo scottare in padella per circa 3/4 minuti per lato a fuoco vivo con poco Olio. Togliere dal fuoco e gettare mezzo bicchiere d'acqua calda sul pesce, ridurre e togliere dal fuoco, aggiungere il pesto, formare mescolando e regolando con acqua una salsa vellutata e cremosa.
Impiattare e guarnire.





















E con questo vi saluto.


11/07/16

Baccala' fritto -- La mitica friggitoria n° 34















Oggi, secondo il Calendario del Cibo Italiano di AIFB, dell'Associazione Italiana Food Blogger,  si celebra la Settimana del Cibo di Strada.
Ambasciatrice d'eccezione e' Anna Maria Pellegrino.

Per me il perfetto cibo di strada e' quel Baccala' Fritto che, anni e anni fa, tentavo di farmi comprare, bollente, da mio nonno.   A volte ci riuscivo.
Quel sapore, quei profumi, sono ormai stampati nella mia mente come "il" cibo di strada.
Ho poi assaggiato altri cibi di strada, a Firenze per esempio il Panino col Lampredotto, ma il baccala' fritto e' il mio primo ricordo.
Qualche decennio fa a Firenze, in Via S. Antonino, nella zona del Mercato Centrale, c'era una friggitoria.   Piccola, anzi, piu' che piccola.  Minuscola.
In due metri e mezzo di larghezza c'erano il vano della porta e la finestra per la vendita.   Il vano della porta era cosi' stretto che il padrone per uscire doveva girarsi di taglio.
La finestra sulla strada sara' stata larga forse un metro.   Il bancone era costituito dallo spessore del muro nel quale si apriva la finestra.  Muri molto spessi, edifici di una volta...
Ancor oggi li' sopra c'e' l'insegna "Friggitoria n° 34".
Siccome il pavimento della stanza della friggitoria era piu' alto di quasi mezzo metro del piano strada, anche la finestra era piu' alta da terra di quel mezzo metro.    Percio' i clienti dovevano alzare il braccio per arrivare a prendere il loro cartoccio.
A chi non ci arrivava il padrone dava il cartoccio del fritto affacciandosi, di taglio, sulla porta.
Da piccolo, avro' avuto 5 anni, a volte il nonno mi portava con se' al mercato, per "levarmi di casa" e dar respiro a mia madre.. 
Allora non esistevano i supermercati, si faceva il giro delle varie botteghe, si comprava quel che serviva e si tornava a casa carichi di sporte.
Al mercato ci si andava spesso, in famiglia il frigorifero era un lusso di la' da venire.
Ricordo che mio nonno, falegname in pensione, aveva attaccato in terrazza, in alto, una specie di scatola di legno con le pareti fatte di  una retina molto fitta.
Era "la moscaiola" e serviva per tenere in fresco i cibi, almeno d'inverno.  D'estate teneva i cibi al riparo dalle mosche, da cui il nome.


















 Immagine tratta da QUI 

Al mercato si andava col tram e gia' per me questa era una gioia.  Volevo sempre stare sulla piattaforma a guardare il manovratore che, in piedi, faceva andare il tram.
Fin da allora ero appassionato di macchine e macchinismi e osservavo tutto attentamente, con gli occhi spalancati.
Ogni tanto il manovratore pestava su un piccolo pedale sul pavimento e si sentiva un DLIN, DLIN che avvisava pedoni, ciclisti e auto di scansarsi.
Una volta scesi dal tram andavamo a piedi per Via S. Antonino, verso il mercato.  Io avevo due posti dove sempre mi volevo fermare a guardare.
Il primo era una norcineria, con appesi quarti di maiale, salami  e prosciutti.  Un panorama, un bendidio, una meraviglia.
A Firenze questa norcineria la conoscono tutti, e' quella dove tanti anni fa erano esposti due cinghialetti imbalsamati.
Ora i cinghialetti sono diventati quattro e, per attirare i turisti, sono stati rivestiti con abiti rinascimentali e fatti sedere a una tavola imbandita.
Eccoli, qua sotto.   Accanto a loro e' in posa l'amica Giulia la Rossa , che vedendosi in foto si defini' "il quinto cinghialetto".





















Piu' avanti c'era la famosa friggitoria e anche li' mi volevo sempre fermare.
Dalla strada si vedeva il padrone che, sudatissimo, prendeva manciate di non so cosa e le buttava in enormi padelle fumanti.
Poco dopo schiumava via dei pezzi dorati e fumanti che metteva in un cartoccio di carta gialla, fatto a cono.
Una spruzzata di sale (chiedeva al cliente  "grosso o fine?") e consegnava il cartoccio bollente.   Il cliente se ne andava palleggiandosi il cartoccio bollente tra le mani e ogni tanto pescava qualcosa da masticare mentre camminava.
Ero incantato dall'attivismo del padrone e dai profumi che si spandevano a ogni frittura.   Al nonno chiedevo sempre:  "Via, nonno, si compra un po' di fritto?", ma non mi ha mai comprato niente: "Un'altra volta.   Vien via, nini, vien via, glie' tardi...".
Quella friggitoria provvedeva ai clienti uno spuntino, se non un pasto vero e proprio, in un cartoccio.  Operai, residenti, facchini del mercato li' accanto.
Tra le varie cose che friggeva ho il ricordo netto dell'odore del baccala' fritto, il prodotto piu' venduto.   O forse i piu' venduti erano i coccoli, non so piu'.
Il baccala', per quel che ricordo, era un cibo da poveri, al contrario dei giorni d'oggi, dove e' servito nei ristoranti fantasiosamente preparato e fantasiosamente presentato.   Un po' come canta Paolo Conte:
"Pesce Veloce del Baltico",
dice il menù.
Che contorno ha?
"Torta di mais", e poi servono
polenta e baccalà
(Paolo Conte, "Pesce veloce del Baltico, 1992)

Mi hanno spiegato in Portogallo (se non sono esperti loro...) che il merluzzo che si trova in vendita  e' sempre piu' piccolo perche' viene pescato troppo giovane. 
Se il merluzzo viene lasciato libero di crescere puo' arrivare ai 2 metri di lunghezza e oltre 90 Kg di peso.
Il fatto e' che la crescita del merluzzo e' molto lenta e che non si riproduce che dopo i 6 anni.  E' talmente oggetto di pesca intensiva che viene pescato prima che abbia il tempo di riprodursi.  Infatti il baccala' che troviamo nei mercati raramente supera i 60 cm.
Pur di vendere il pescato non si guardano le misure, col risultato che la specie e' vicina all'estinzione (fonte: Greenpeace).
La varieta' canadese, forse la piu' pregiata, e' gia' estinta dal 1992. 
Quindi se in giro trovate del baccala' con l'indicazione "Gaspe" o "Baccala' di S. Giovanni" in realta' non e' il vero canadese, perche' e' gia' estinto.
E' merluzzo pescato in Nord Atlantico, buonissimo, non c'e' dubbio, ma non e' quello che conoscevamo come "Gaspe" o "Baccala' di S. Giovanni".

Torniamo al baccala' come cibo di strada.
Per la cronaca quella friggitoria, con l'insegna  "numero 34", c'e' ancora.
E' stata ingrandita ed e' gestita da cinesi.  O coreani, o vietnamiti, chi lo sa. Per i fiorentini quando sono gialli sono tutti "cinesi". 
Quella friggitoria oggi spande un tanfo che allontana i fiorentini, che vedo non fermarsi piu' a far la fila per un cartoccio caldo.
Ma e' anche colpa nostra e della nostra fretta.   Oggi per comodita' apriamo il congelatore e tiriamo fuori il pacchetto con i famosi "bastoncini" surgelati.
Di incerta origine, malinconici e insipidi.
Anche voi che leggete:  da quanto tempo non friggete piu' del baccala'?

Io. come tardivo omaggio a quella friggitoria, quella vera, quella che non c'e' piu', e a quel fritto profumato, ho riprodotto in casa, anche ingentilendolo un po', quel gustoso cibo di strada.  
Proprio quel baccala' fritto che, quando ero piu' grande e potevo decidere per me, non ho piu' trovato.


Ingredienti per 2 persone
200 g di baccala' bagnato
2 uova
farina
pangrattato
sale

Esecuzione
Spellare il baccala' gia' bagnato e tagliarlo a bastoncini spessi un paio di cm e lunghi 7-8.
Bastoncini piu' sottili verranno risecchiti in frittura e quelli piu' lunghi si potrebbero spezzare.
Sbattere le uova con un pizzico di sale.  Il sale e' necessario per dare sapore al rivestimento di pastella, mentre il baccala' e' gia' salato di suo.
Passare i bastoncini nell'uovo sbattuto, poi nella farina, poi ancora nell'uovo e infine nel pane grattato.
Questa e' la versione "di lusso", dove uovo, farina e pane grattato contribuiscono ognuno ad arricchire di sapori il risultato finale.
Friggere subito in olio profondo e togliere quando sono ben colorati.
Mangiare immediatamente, e rigorosamente con le mani.
Non e' proprio necessario camminare per casa mentre si mangia, come se si fosse per strada, ma usare le mani e' d'obbligo.
Non so voi, ma a me il cibo mangiato con le mani sembra anche piu' gustoso...
Palleggiarsi il cartoccio caldo tra le mani, addentare con cautela il fritto bollente, scottarsi magari il palato.  Sono delle piccole gioie che nelle fretta dell'oggi arriviamo a negarci.















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