13/11/16

MTC num. 61 - Tiramissù della sensualità




In questo "Tiramissù della sensualità" la doppia S non e' casuale, ma riflette la grafia portoghese, o meglio brasiliana.   Sulla sensualita' non si potra' negare che un tiramisù scomposto come quello in foto non sia sensuale: come minimo appare come un letto dopo una notte d'amore.  Sugli altri dettagli torneremo nel seguito.

Questo mese, per la sfida MTC numero 61, il tema assegnato era il tiramisù, ma da legare "ad un film o ad una icona sexy della storia del Cinema Mondiale".







La sfida e' stata lanciata da Susy May del blog "Coscina di Pollo"  in quanto vincitrice della sfida precedente sulle tapas.   Il post con la quale la Susy ha vinto e' QUESTO



Qualche divagazione...

Come per ogni sfida la prima cosa da fare e' documentarsi e internet e' l'ideale per il primo approccio.   Che comunque va impostato con cautela.
Digitando in google "cucina sexy" le immagini che si ottengono hanno poco a che fare con la cucina, se non come locale ove sono esposte vaste aree di epidermidi femminili.  C'e' anche qualche raro maschietto, opportunamente tartarugato.
Riproviamo, aggiungendo la parola "cinema", ma non cambia poi molto, salvo che si vede qualche volto noto. 
Ancora non ci siamo, sara' il caso di rivolgersi alla propria memoria.   Film con argomento cuciniero (visti i risultati di google non volevo dire "culinario") ce ne sono a iosa.
Personalmente mi e' piaciuto "Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d'Europa", dove, appunto, i piu' grandi cuochi d'Europa vengono uccisi, ma allo stesso modo con cui ognuno di essi prepara il suo piatto preferito.  Ingegnoso, ma non sexy.

Mi e' piaciuto molto "La grande abbuffata".   Gli amanti del genere ricorderanno "La torta Andrea".
Nel film c'e' molto sesso, ma non erotismo che generi sensualita'.   Un bellissimo film, un capolavoro.   Piaciuto da morire (tanto per restare in tema).

Mi e' piaciuto "Ricette d'amore" dove la cupa atmosfera di Amburgo e la perfezione ossessiva della chef per l'alta cucina accademica costituiscono il leitmotif del film.
Quella perfezione ossessiva va a scontrarsi, nel corso del film, con la personalita' del cuoco italiano che alla fine risolvera' tutti i problemi, compresi quelli della vita sentimentale della chef.  Essendo il film di fattura tedesca il cuoco italiano e' reso fracassone e non allineato al rigido stile di vita tedesco, anche se poi assicura il lieto fine.  Vedere QUI     La chef e' affascinante in quanto perfetta, ma e' un po' fredda per essere sexy.

Un po' meglio, quanto a sexytudine, il remake americano del film, dove gli attori sono belli come dei modelli, e quindi poco credibili come cuochi, ma dove almeno la chef e' Catherine Zeta-Jones.  E non si dira' che non e' sexy, QUI 
Nonostante alcune trovate geniali, come "Sometimes life isn't made to order..."  io ancora non associo un tiramisu' a questo film, o a questa attrice, troppo bambolina.

Ricominciamo.

Per me un tiramisù e' qualcosa di estremamente sensuale, e' qualcosa da assaporare con tutti i cinque sensi, guardando, gustando, toccando, anche sporcandosi, e cosi' via.   E' come un matrimonio perfetto, o un'amante che ti rende felice e non ti rompe le scatole (il sogno di ogni uomo).

Allora io associo il tiramisu' a Isadora Becker, una food blogger brasiliana.
Ci sarebbe molto da dire sulle brasiliane, ma mi astengo.
Anche se, giorni fa, mentre ero a pranzo con alcune amiche il discorso e' caduto sul Portogallo e a me, birichino, e' venuto da chiedere alle amiche "Ma lo sapete come si dice preservativo in portoghese?".   Sguardo attonito delle amiche.   Al che ho continuato: "Si dice camisinha" e tutti ci siamo messi a ridere immaginando una camicina che vestisse... quello che doveva vestire.
Abbiamo immaginato la camicina gia' indossata, con le sue manichine corte, il suo collettino allacciato sotto la testa, con la sua fila di bottoncini, e cosi' via.   Poi e' arrivata la domanda "E a te chi te lo ha insegnato?" e ho risposto, come faccio sempre, che sono uno che legge molto.  
Abbiamo poi parlato della differenza di lingua tra portoghese-portoghese e portoghese-brasiliano e di come la versione brasiliana stia pian piano cambiando l'originale portoghese, anche solo perche' i brasiliani sono molto, ma molto piu' numerosi dei portoghesi.

D'altra parte anche fisicamente ci sono delle differenze.

Una per tutte il posteriore delle brasiliane, il loro vero strumento di seduzione.
Anche Barack Obama e' di questa opinione....





Cosa c'entra questo con Isadora Becker?  Niente, suppongo, anche se non la si vede mai a figura intera e percio' non si possono fare paragoni.
Ma Isadora e' speciale per altri meriti.   Per esempio nel suo blog ha una sezione "Comida de serie" dove ha riprodotto le ricette che vengono mostrate negli episodi di alcune serie televisive.   Tra l'altro ogni ricetta e' non solo elencata, ma anche recitata in video da lei.
E la recitazione viene adattata alla serie da cui e' tratta la ricetta.  Nel link che segue andate a cercare la ricetta relativa a "South Park", dove si e' truccata dal trucido cuoco di quella serie.  O a quella di "Dowton abbey", dove e' vestita secondo lo stile dell'epoca.   O la ricetta di "Once upon a time" (Cenerentola), dove si e' vestita da strega Grimilde.  O in quella di "Gilmore girls", acconciata come la protagonista della serie.   O come nella ricetta della serie "Orange is new black".   Lasciate per ultima la ricetta dei "Simpson". 

Spiritosa e intelligente.

Il link e' questo, fate passare il mouse su ogni foto.   O anche QUI.


Ma dove mi ha conquistato, e dove mi ha risolto il problema dell'aggancio tra tiramisù, film e sensualita', e' nel filmato qua sotto.   La ricetta e' relativa al film "O filho da Noiva" (il figlio della sposa).   Anche lei ha fatto il "Tiramissù", con le due S portoghesi.



Per me e' estremamente sensuale.   La mia candidata e' lei.



La ricetta

Iniziamo con la grande idea che ho avuto: usare uno stampo a forma di cuore.
L'ideale sarebbe stato uno stampo di vetro a forma di cuore, cosi' che si potesse vedere non solo il sopra del tiramisù.   Uno stampo cosi' non si trova, a meno di non farselo fare.
Allora ho cercato uno stampo in metallo che mi consentisse di costruire cuori in tiramisù di dimensioni diverse.   Non avevo ancora deciso se fare tiramisù monoporzione o grandi, da affettare.
Il marchingegno che ho trovato e' questo...





Che chiuso si presenta cosi'...   Le dimensioni che ho usato per il tiramisù sono 19 cm per 15.




Ammetto subito che l'idea non si e' dimostrata un granche' perche' quando si apre lo stampo il tiramisu' se ne va in giro per conto suo e la forma del cuore va a farsi benedire.
Per questo motivo nelle foto che seguono il tiramisù e' ritratto ben confinato dentro lo stampo.
Ho scelto di fare un tiramisù classico, solo aromatizzato al rum.
Al posto del cacao nel topping ho usato delle scaglie di cioccolato fondente, anche sparse con prodigalita' all'interno dell'impasto.


Ingredienti
Uno stampo "furbo", dimensioni 19x15 cm
700 g di mascarpone industriale, ma di ottima qualita'
100 g di zucchero semolato
4 cucchiai di rum bianco
3 tuorli di uova, medio-piccole
250 g di savoiardi classici, veronesi
700 ml di caffe' forte
90 g di cioccolato fondente

Esecuzione
In una boule di acciaio mescolare con una frusta elettrica ad alta velocita' zucchero, uova e rum, con lo scopo di introdurre aria.
Aggiungere il mascarpone e quasi tutte le scaglie di cioccolato fondente ed amalgamare a bassa velocita'.
Mettere in frigo per una trentina di minuti.   Nel frattempo ottenere il caffe' forte e lasciarlo raffreddare.
Al termine del riposo prendere lo stampo e formare il cuore.   Imbibire i savoiardi e disporli a formare uno strato di fondo.
A causa della forma furba dello stampo riempire i vuoti con pezzetti di savoiardi tagliati a misura.
Coprire con meta' del mascarpone lavorato, fare un altro strato di savoiardi e coprire con il mascarpone rimasto.
Qui sotto lo stampo riempito, con l'impasto ancora da levigare.











Poi, per un doveroso omaggio al posteriore delle brasiliane e' bastato girare lo stampo...











Cospargere con scaglie di cioccolato fondente e riporre in frigo, a temperatura non inferiore a cinque gradi, fino a poco prima di servire.



Il savoiardo vuole richiamare la freccia che trafigge il cuore. 
E questo e' il mio massimo di creativita', per questa volta.






Come ho detto ho scelto questa foto perche' secondo me ben rappresenta la sensualita' di questa ricetta.   Un dessert da apprezzare con tutti i sensi, buttandosi e godendone con entusiasmo.

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23/10/16

MTC num. 60 - Tre Tapas - La prevalenza del cetriolo

























Questo mese, per la sfida MTC numero 60, il tema assegnato erano le tapas, ma da proporre indicando un filo conduttore che le legasse.













Pensa che ti ripensa ho scelto di preparare delle tapas basate sui cetriolini, da cui "La prevalenza del cetriolo".
La sfida e' stata lanciata da Mai Esteve del blog "il colore della curcuma"   in quanto vincitrice della sfida precedente, la numero 59 sugli gnocchi, lanciata da Annarita.  
Riguardo ai cetrioli non ho usato quelli freschi, ma cetriolini in salamaoia, che si trovano meno di frequente, ma che sono migliori, secondo me, di quelli sottaceto, che aggrediscono il palato con tutto il loro acido.
Questi in salamoia li ho conosciuti durante un corso di cucina russa tenuto dalla cara amica Giulia.  Che purtroppo vedo di rado, aggiungo.    Il blog di Giulia e' "rossa-di-sera"  

Ecco Giulia durante un cooking show
























Ci diceva che in Russia i cetrioli sottaceto proprio non esistono e che da loro li fanno solo in salamoia.  Assaggiandoli si capisce il perche', sono piu' delicati e gustosi.
Ma torniamo al cetriolo propriamente detto.  E' una bacca di una pianta originata in oriente, chi dice in India, chi in Nepal.
Anche chi ha visto nei nostri orti una pianta di cetriolo non puo' certo immaginare che questa sia rampicante e che, se lasciata arrampicare, possa raggiungere i venti metri di altezza.
Esistono diversi tipi di cetriolo, ma quello che siamo abituati a trovare al mercato e' questo

























Data la forma era inevitabile che nell'immaginario collettivo il cetriolone venisse equiparato all'organo genitale maschile.  C'e' chi usa la parola "cetriolo" per non chiamare quell'organo col suo nome. Personalmente sono contrario a queste sostituzioni: tutte le parole, anche le piu' scomode, testimoniano la vitalita' di una lingua.
Usando il sostitutivo cetriolone anche una certa pubblicita' ne ha sfruttato l'immagine per i propri fini aziendali


















Nel mondo reale il cetriolo ha molte buone qualita'.   Per esempio è ricco di vitamine e sali minerali.   Un breve elenco:  Beta-carotene, Ferro, Zinco, Fluoro, Fosforo, Magnesio, Potassio, Rame, Silicio, Sodio, Vitamine A, B, C, E, K e J.

 Altre qualita'...




















L'uso frequente del cetriolo "nature", e tutte le donne lo sanno, fa bene alla pelle...
















Raccomandazione - Quando lo si deve scegliere bisogna essere sicuri che il cetriolo sia molto fresco: deve essere duro al tatto, turgido e senza la minima traccia di grinze o appassimento alla superficie
(non sono io, la raccomandazione e' tratta dal sito "parliamodicucina.com").
Accrescimento del cetriolo: per farlo crescere bene bisogna tener presente che predilige i climi temperato-caldi con adeguata umidità.

Nelle ricette che seguono ho usato dei cetriolini in salamoia, perche' piu' adatti a insaporire le tapas.  No aceto, no aggressione acida al palato, no falsamento degli altri sapori delle tapas.
Negli USA i cetriolini, quelli sottaceto, vengono chiamati "pickles" e, anche li', i soliti "spiritosi" giocano con i doppi sensi...


















Come ho gia' detto ho usato nelle mie ricette dei cetriolini in salamoia, quelli che l'amica Giulia e i russi chiamano Малосольные огурцы, perche' piu' delicati e gustosi.
E' stato richiesto di presentare tre tipi diversi di tapas: un "Pincho", una "Tapa" propriamente detta e un "Montadito".   E' stato inoltre richiesto che le tre tapas seguissero un unico filo conduttore.
Ora.  E' un periodo, per me, di poca voglia di cucinare con impegno; un periodo nel quale le idee latitano e nel quale io non mi diverto piu' molto.  
Se il periodo continuasse penso che arrivero' a chiudere questo blog.  Non sarebbe da stupirsene piu' di tanto: quando un ciclo si esaurisce si va in cerca di nuovi interessi e inevitabilmente si iniziera' un nuovo e diverso ciclo.
Ma, finche' dura, devo trovare e giustificare un filo conduttore.  Ho scelto come filo conduttore delle tre tapas il cetriolo, assunto come prevalente.
Altre caratteristiche comuni sono la piccantezza e la sapidita', tutte cose che facilitano il bere e percio' rendono felici i baristi.
Come giustificazione valga la poverta' di idee e la conseguente scelta della piu' facile strada dell'umorismo, del mio "divertissement".

Ah, e confido che chi legge sia ben dotato del senso dell'umorismo.




Il Pincho
























Un pincho si differenzia dagli altri due tipi di tapas perche' e' caratterizzato da uno stuzzicadenti che ferma insieme piu' ingredienti.   Pare che i baristi che offrono i pinchos li facciano pagare in base a quanti stuzzicadenti vuoti rimangano dopo la consumazione.
Seguendo il filo conduttore, il cetriolo e' la robusta parte centrale.  In alto la testa e' un rosso ravanello, come fosse un cappello, mentre in basso c'e' una fetta ripiegata di salsiccia piccante.  L'insieme e' intrigante.   I tre gusti, del cetriolo, del ravanello e della salsiccia piccante danno un rush di gusto che richiede, subito, di bere.  E il barista ringrazia.
Immagino che questi pinchos vengano presentati infilzati su una base, una banale patata bollita e salata, dalla quale il consumatore sfili il pincho che ha scelto.
Qui sarebbe facile dire che i cetrioli puntano decisi verso la patata, ma mi astengo.
Notare il primo pincho da sinistra, lui rappresenta il gruppo dei "piccoli, ma sinceri".




























La tapa propriamente detta
























Questo tipo di tapa si differenzia dagli altri in quanto deve essere consumato con le posate.   Come si vede in foto ho fatto tre tapas, con colori e sapori diversi.
In tutte le versioni il cetriolo si erge, fiero, e si impone sul resto.
La prevalenza del cetriolo, appunto.


Tapa rossa




















La base e' costituita da un riso cotto molto al dente e mescolato con un frullato, ben salato, di rapa rossa.  Un piccolo peperoncino giallo fornisce la piccantezza, che ben si lega al dolcino della rapa rossa.
Il "filo conduttore" si erge, fiero.  


Tapa verde




















La base e' costituita da un riso cotto molto al dente e mescolato con un frullato, ben salato, di foglie di basilico e radicchio.  Un profumo di basilico forte risveglia il palato e il piccolo peperoncino rosso rende il tutto piccante.    Mentre il cetriolo si alza deciso e prevale sul resto.


Tapa gialla




















Il cetriolo si erge su una base di risotto allo zafferano, arricchito in cottura di abbondante sale e peperoncino.  Raccomando di mantecare con poco burro, ma molto formaggio.   Il cetriolo, beh, e' un fiero cetriolo.



Il montadito




















Qui pane, patata bollita, saporite alici, semi di papavero e cetriolo in salamoia formano precisi,  ricercati e piacevoli contrasti.
Il soggetto si commenterebbe da solo.  Comunque: su un letto di morbido pane e' sdraiata una molle patata, arricchita da alici sott'olio e profumata da semi di papavero.   Il cetriolo si e' fatto largo nelle alici ed e' accolto e tenuto in posizione dalla patata.   Un insieme intrigante, vero?



NOTA - Nessun cetriolo e' stato maltrattato nel corso delle riprese

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24/09/16

Gnocchi con fegato di coniglio e salsa gourmet al curry





"Gnocchi con fegato di coniglio e salsa gourmet al curry", ecco la mia proposta per la sfida numero 59 di MTChallenge  lanciata da Annarita Rossi, argomento: gnocchi di patate.
Non ci aspettavamo un argomento del genere.
(Ma tanto non ci azzecchiamo mai)
Il post di Annarita Rossi de "il bosco di alici"  e' magistrale: non solo e' esaustivo e ben scritto, ma ci fornisce ben tre esempi di ricette di gnocchi.  Tutte intriganti.

Il banner di questa sfida


 Adesso potrei dire che fare gli gnocchi sembra facile, ma che invece, sotto sotto....   Citerei l'abitudine delle donne di famiglia: madri, nonne, zie, di produrre gnocchi fantastici.  E che i loro trucchi, tramandati oralmente in una notte di luna piena e con un ramo di agrifoglio nella mano sinistra, mi aiuteranno a uscirne con onore.
Niente di tutto questo.
Nei due miei rami ascendenti familiari nessuno ha mai fatto gli gnocchi.
Anch'io non li ho mai fatti.  Li ho sempre mangiati nei ristoranti.  E, gente, ho dovuto trangugiare di tutto.
Da certe palle da tennis collose che si appiccicavano al lavoro del mio dentista, a delle pallette dure che era meglio non cadessero dalla forchetta, per non far danni. 
Gnocchi, chiamiamoli cosi', che sapevano di farina e non di patate (ma le patate dove sono?)   Affogati nei sughi piu' strani, e non mi addentro nella descrizione. Ancora rabbrividisco.
Qualche volta li ho comprati confezionati, o fatti "a mano", ma la mia opinione su di loro non e' cambiata.
Con queste premesse e con questi ricordi figuriamoci se mi ci mettevo io, a farli.
Ci volevano proprio MTC e Annarita per indurmi a produrre degli gnocchi per la prima volta.
Ma, come dico sempre, se devi fare qualcosa per forza, almeno cerca di farla bene.

A mio favore gioca il fatto che adoro le patate. 
Potrei ricordare che sin dalla piu' tenera eta' ero interessatissimo ad esse.
Potrei affermare che "ho visto patate che voi umani...". 
Potrei dire che bisogna consumarle al meglio.  Quindi spesso e con entusiasmo. Condite in qualsiasi modo.
Provando tutte le diverse varieta' e tutti i diversi colori.  Gialle, bianche, scure, rosse.
E' un fatto che non ce ne sono due uguali.  Forme diverse, sapori e umidita' differenti. 
Patate novelle e patate stagionate.  Ognuna ha il suo appeal.   Vanno amate e rispettate.

Per la mia ricetta devo inventare qualcosa che la distingua dalle concorrenti.
MTC e' una grande scuola e mi ha insegnato molto.  E ci partecipo volentieri.
Ma la domanda e': voglio vincere?  Certo che si.
Piu' o meno nascostamente tutti consideriamo Pierre de Frédy, barone di Coubertin un idealista, col suo "Vero Spirito Sportivo".  
Partecipare puo' essere gratificante, ma vuoi mettere accorgersi alle 9 di sera che sei tu il prescelto, emettere ululati di gioia e saltare per tutta la casa?
Bene, proviamo, l'importante e' crederci.
Per fare gli gnocchi seguiro' le istruzioni di Annarita, aggiustando le proporzioni via via, a seconda delle caratteristiche degli ingredienti.
Come risultati preliminari prevedo almeno una pentola di roba bianca tutta sciolta, ma anche un piatto di durissime palle da golf.
La vera sfida, secondo me, e' sul condimento.
Ho deciso di non seguire le vie tradizionali, optero' per una salsa avvolgente e cremosa, a base di curry leggero.   E condiro' il tutto con del morbido fegato di coniglio, saltato e fiammato.


Qualche nota sugli ingredienti.














Fegato di coniglio -- L'ho scelto perche' e' il piu' leggero e meno invasivo, rispetto a quelli di vaccina, di pollo, di maiale, di faraona, o di altri animali.
Non avrebbe senso se il buon sapore delle patate venisse sovrastato da qualcos'altro di forte.  
Il coniglio, orecchiuto animale, e' della stessa famiglia della lepre.  Sebbene in certi Paesi sia considerato solo un animale da compagnia, in molti altri e' consumato come cibo da millenni.   Nonostante sia animale che si scava le sua tane nella terra, e ad Ischia e' ancora allevato in questo modo, adesso cresce in gabbia o in quelle che i contadini chiamano conigliere.









Curry -- Ho scelto una miscela di spezie molto leggera, anche qui per non sovrastare il buon sapore delle patate.
Insieme ad altri ingredienti, come burro, brodo e farina andra' a formare una salsa molto cremosa e avvolgente, direi abbracciante, oltre che profumata.


Sara' un piatto da gourmet.  La soddisfazione di aver fatto qualcosa di buono, grazie a MTC.



Ingredienti, per 4 persone

Gnocchi
600 g di patate bianche, peso da crude
200 g di farina 00, da aggiungere gradatamente, secondo il bisogno
Sale, quanto ne serve

Salsa al curry

1/2 cipolla bianca piccola
35 g di burro
20 g di farina 00
400 ml di brodo di pollo
2 cucchiaini di curry, il piu' leggero e dolce possibile
Sale, quanto ne serve

Fegato di coniglio
100 g di fegato di coniglio
10 g di burro
4 cucchiai di brandy non troppo stagionato
Sale, quanto ne serve


Esecuzione

Gnocchi
Scegliere patate piu' o meno delle stesse dimensioni.  Metterle in acqua fredda con tutta la buccia e portare a ebollizione.  Testare con uno stecchino il grado di cottura interno.
Sbucciare le patate ancora bollenti, tenendo a freno la lingua.
Schiacciare subito le maledette e allargarle bene su una spianatoia.   Salare.
Aggiungere la farina, amalgamandola alle patate.   Iniziare con meta' farina e aggiungerla successivamente, a seconda di quanto l'umidita' delle patate lo richieda.
E' bene comunque lavorare l'impasto il meno possibile e senza applicare troppa forza, cosi' da non stuzzicare il glutine, che non vede l'ora di farsi la maglia.
Per giudicare se l'impasto ha le giuste proporzioni si puo' fare il test del bastoncello.   Questo test consiste nel tirare un bastoncello di circa 3 centimetri di diametro, appoggiarlo al centro su un dito disteso e vedere quanto le estremita' calano.  Se puntano decisamente verso il basso significa che l'impasto e' troppo umido e va integrato con altra farina.
Ho fatto questo test, ma non ho pubblicato la foto perche' per qualunque food blogger maschio lo spettacolo e' deprimente.
Tagliare via dei tocchetti di impasto e stenderli con le mani, dall'interno verso l'esterno, a formare dei bastoncelli.   Un po' come se si stendessero dei pici.
Siccome a me gli gnocchi piacciono piccoli cerchero' di stare sul centimetro e mezzo di diametro.
Tagliare dei pezzetti lunghi un centimetro e mezzo e passarli sul retro di una forchetta per ottenere la classica rigatura.
Date le mie manacce , questa e' stata la cosa piu' difficile della ricetta.  Annarita ti voglio bene, ma tepossino...
Per fortuna la Santa Donna e' intervenuta presentandomi il rigagnocchi di legno, e le cose sono migliorate.   Cosa non deve essere nascosto nei meandri di casa mia...  solo la Santa Donna lo sa.
Per dimostrare che gli gnocchi di questa ricetta non li ho comprati al supermercato ecco alcuni esemplari.   Si capisce che li ho fatti io perche' non ce ne sono due uguali.




Salsa al curry
Una salsa ha lo scopo di condire e avvolgere qualcos'altro.  Percio' dev'essere piu' omogenea possibile, e pertanto di solito viene frullata alla fine della preparazione.
Per questa ricetta la salsa dev'essere cremosa, profumata e non troppo saporita e piccante, altrimenti il buon sapore delle patate verrebbe coperto.
Scaldare a parte il brodo di pollo.  Tritare finissimamante la mezza cipolla e farla stufare nel burro preventivamente fuso.
Aggiungere la farina a pioggia, mescolando vigorosamente con una frusta.  Far andare a fuoco medio finche' la farina non risulti cotta (assaggiare).  Il colore dev'essere quello di un roux chiaro.
A quel punto aggiungere il brodo di pollo e subito dopo il curry, sempre continuando a frustare vigorosamente.
Far cuocere brevemente, finche' la salsa assuma la consistenza di una crema molto, ma molto, fluida.   Non prolungare la cottura, perche' il calore falsa sapori e profumi delle spezie del curry.
Al termine assaggiare ed eventualmente regolare di sale.  Passare la salsa al minipimer.   Attenzione che l'azione delle lame del minipimer aumenta la densita' della salsa, percio' conviene tenere sin dall'inizio la salsa molto fluida.
Conviene preparare la salsa al massimo mezz'ora prima dell'uso, altrimenti non si avra' una salsa, ma una colla.
Al momento dell'uso la salsa verra' riscaldata dolcemente, se possibile a bagnomaria.  Se una salsa al momento dell'uso appare opaca ecco il segreto: la si riscalda dolcemente e si aggiunge un fiocco di burro, mescolando.   Il burro lucida la salsa.
Qui sotto gli gnocchi abbracciati voluttuosamente dalla salsa.












Fegato di coniglio
In questa ricetta il fegato di coniglio ha lo scopo di contrastare, con il suo dolcino, l'insieme dei profumi e sapori della salsa speziata.
Per questo, una volta tagliato a fette e quindi a quadrati di un paio di centimetri, va saltato berevemente nel burro, salando appena.  Cuocere il meno possibile, per evitare che indurisca, e anche in omaggio al detto fiorentino "baccala', fegato e ova, piu' che còce e piu' che assoda".   A parte si sara' scaldato il brandy, meglio se a bagno maria o nel microonde, in modo da evitare fiamme improvvise e abbronzature dei pensili di cucina.
Versare il brandy caldo sul fegato e inclinare la padella per facilitare la comparsa della fiamma. 
Anche la cottura del fegato va eseguita subito prima di cuocere gli gnocchi.



Impiattamento

Cuocere gli gnocchi in acqua moderatamente salata, scolarli bene via via che vengono a galla e trasferirli nella padella contenente la salsa tenuta calda.  Una volta che gli gnocchi sono stati abbracciati dalla salsa toglierli col mestolo forato e metterli nel piatto di servizio.
Cospargere con dei pezzetti di fegato di coniglio flambé.




















 All'assaggio il sapore degli gnocchi viene percepito solo addentandoli, ma la salsa cremosa e profumata che li abbraccia ha intanto invaso e deliziato la bocca.
I pezzetti di fegato di coniglio flambé forniscono contrasto di consistenze e aggiungono il loro lieve dolcino ai sapori delle spezie.
Piatto decisamente gourmet, sfido chiunque a non emettere gemiti di piacere.







Nota ex-post all'assaggio -- Qui sotto e' mostrato l'impiattamento "super charge", preferito dagli inguaribili amanti del quinto quarto.


























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23/07/16

Basilico, me, ricordi e ricette del golfo ligure


Ho abitato a Genova per un paio d'anni.  Era il mio primo lavoro, scrivevo programmi per grandi computers.
Dipendente della Olivetti General Electric, io ed altri stavamo avviando l'automazione della Compagnia Unica.
Allora i computers riempivano una stanza, erano costosi, cosi' come era costoso il tempo del loro utilizzo.   Ci alternavamo, io e gli altri, per provare il corretto funzionamento dei programmi che scrivevamo, in modo che non ci fossero errori quando sarebbero stati usati dalla Compagnia Unica.
Ci litigavamo l'accesso al computer e ci alternavamo sia di giorno che, spesso, di notte.
Ma tutto questo non c'entra.
Abitavo a Genova, allora, e mi adattavo alla cucina locale.
Per uno come me, che non era mai uscito da Firenze (e che aveva mangiato da sempre le comuni cose che si mangiano in una famiglia non proprio benestante), si era aperto un mondo di novita'.
A volte mangiavo assieme alla famiglia che mi ospitava (camera in affitto), a volte mangiavo alla mensa della Compagnia Unica, a volte in trattoria.   E ogni volta volevo provare qualcosa di nuovo.
A Genova ho scoperto la cima, la sbira, la fainà, le trenette, il pesto, le trofie, la focaccia col cappuccino, i gianchetti, i pansoti, e cosi' via.
Gia', la sbira.  Quella minestra mi piaceva proprio.  Da buon fiorentino una minestra fatta con le trippe era qualcosa che capivo benissimo.    
A volte la sera, uscendo dalla Compagnia Unica, andavo da Piazzale San Benigno verso Via Cantore e le sue traverse, dove avevo trovato una trattoria conveniente. 
Li' mi ero affezionato alla sbira e la prendevo quasi sempre. 
Tanto che in ultimo il cameriere mentre passava mi chiedeva al volo "sbira?" e dopo un po' arrivava la scodella bollente con le sue fette di pane abbrustolito.   Minestra bollente che in inverno non dispiaceva.  Anche se l'inverno ligure non era cosi' freddo.  Fu per me una novita'  scoprire che in inverno non era necessario, salvo eccezioni, il cappotto.   Il clima mite del golfo era una novita' che mi colpiva piacevolmente.
Altri cibi mi avevano incuriosito e li avevo provati per la prima volta.  La cima, per esempio, del tutto sconosciuta.   O a Staglieno, dove avevo la camera in affitto, la sorpresa di certe squisite seppioline coi piselli, trovate in una trattoria da camionisti.  Quasi tutti chiedevano proprio quelle.
Oppure, la mattina, la focaccia col cappuccino, in un famoso bar e pasticceria del centro, bar di cui, mea culpa, non ricordo il nome.  E che non saprei ritrovare.   Forse era Panarello, non so.  Quando ripasso da Genova voglio entrarci;  cosi', per vedere se si accende qualche lampadina.
O vicino a Piazza Brignole, dove in un noto ristorante (che ora non c'e' piu') ho scoperto i gianchetti al burro.
O anche nei caruggi, subito sotto Piazza De Ferrari, dove ho scoperto le trofie fresche e il pesto.
Non avevo mai assaggiato il pesto;  e a Genova lo trovavo dappertutto.
Una vera religione, il pesto, con tutti i suoi riti.  Su come farlo avevo assistito a discussioni partigiane, cosi' su come fosse il modo migliore per condirci le trofie o le trenette. 
Ma alla fine tutto partiva dal basilico.
Nelle discussioni sull'argomento basilico i genovesi si trovavano tutti d'accordo: basilico di Pra' o niente.
Sul basilico troverete nel seguito molte interessanti informazioni e tante ricette, anche riprese dal sito del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P. 

Che poi l'idea di fare questo post sul basilico mi e' venuta in un modo che con la cucina non c'entra niente.
I percorsi, le associazioni che si formano a volte nelle nostre menti e i ricordi che ne nascono sono una cosa davvero strana.   
Stavo leggendo quello che mi avevano definito "il romanzo dell'estate" e mi sono ritrovato trasportato nel Golfo dei Poeti e nelle disquisizioni sul pesto.
Il romanzo, che non ha molto a che fare con la cucina, che e' uno dei miei principali interessi, e' piacevolissimo.  "Un disastro chiamato amore" racconta di una ragazza un po' imbranata che in riviera trovera' alla fine il suo lui, il tutto descritto dall'interno del cervello della ragazza stessa.
Conosco l'autrice, una bella ragazza dalla folta chioma rossa, giornalista e scrittrice.  La citazione, rossa o non rossa, e' d'obbligo, dato che e' questo romanzo che mi ha riportato agli anni del mio primo lavoro e alla scoperta del pesto.




Info sul libro, qui























Il pesto, dicevo.   Per ben cominciare atteniamoci alla ricetta originale, secondo quanto riportato dal Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P.

Pesto genovese, ricetta per 5 – 6 persone:

8 mazzetti o 1 bouquet di Basilico Genovese DOP (g 70 circa di foglie)
50 g di parmigiano reggiano (preferire quello stagionato 36 mesi)
10 g di pecorino sardo (preferire quello stagionato 15 mesi)
2 cucchiai di pinoli freschi di Pisa di prima scelta
3 spicchi di aglio (preferire l’aglio di Vessalico) , località nell'imperiese, dal gusto meno intenso)
una presa di sale marino grosso
3 cucchiai di olio extra-vergine Riviera Ligure DOP.  

Il pesto nel mortaio: la tradizione dice che...
Bisogna staccare le foglie di basilico, lavarle e asciugarle con delicatezza, poi bisogna porre l'aglio gia' mondato nel mortaio, pestarlo col pestello fino a ridurlo in poltiglia e fare altrettanto con i pinoli.
Si unisce il basilico e il sale e si schiaccia (senza piu' pestare) a lungo, roteando sino ad ottenere un composto omogeneo.  
Si aggiungono  i formaggi grattuggiati e, sempre rimestando, l'olio versato a filo.

Il pesto si puo' fare senza mortaio, anche se non e' proprio secondo tradizione...
Tritare gli ingredianti nel frullino e nel tritatutto a bassa velocita', con l’accortezzza di aggiungere l'aglio pestato solo a fine preparazione per evitare che sovrasti gli altri sapori (e perche' col calore l'aglio si ossida).   Aggiungere l’olio alla fine, versandolo a filo.
Il pesto nella versione senza mortaio si puo' anche vedere in video, fornito dal Consorzio: VIDEO 


Nota sull'aglio di Vessalico: le sue qualita' tipiche sono il gusto delicato, un aroma intenso e il piacevole aspetto di una facilissima digestione.   Tutte caratteristiche che lo rendono unico e che derivano anche dal mite clima ligure.
Con questo particolare aglio si fa anche una salsa, o meglio crema, molto buona, l'Aiè.
Si fa con tuorlo d'uovo, spicchi d'aglio fresco, olio extravergine di oliva, sale.  Il tutto amalgamato nel mortaio.  E' ottima in accompagnamento a patate lesse e verdure cotte, ma la si puo' gustare ben bene anche su crostoni di pane integrale abbrustolito.

Nota sull'olio ligure: l'olio prodotto in Liguria e' famoso per essere piuttosto delicato, ossia che "non pizzica" e non "attacca in gola".  Per le sue qualità e' a denominazione di origine protetta (DOP).
Le qualita' di questo olio sono da ascrivere alle varieta' delle piante, principalmente Taggiasca, Lavagnina, Razzola e Pignola.  Ma anche al clima, che fa delle riviere liguri un ambiente con microclimi unici.
Non molti sanno che l'olio ligure DOP e' di tre diversi tipi, che dipendono dalla riviera di produzione.  Per questi tre tipi riporto, per non sbagliare, una descrizione da agraria.org, QUI
""L’Olio extravergine di oliva Riviera Ligure DOP è accompagnato da una delle seguenti menzioni geografiche aggiuntive: Riviera dei Fiori, Riviera del Ponente Savonese e Riviera del Levante.   Il Riviera dei Fiori presenta un colore giallo, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con sensazione decisa di dolce.    Il Riviera di Ponente presenta un colore giallo-verde, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con ensazione decisa di dolce.   Il Riviera di Levante presenta un colore che varia dal verde al giallo, un odore fruttato maturo e un sapore fruttato con sensazione media di dolce ed eventuale leggera sensazione di amaro e piccante"".

Siccome questo e' un blog di cucina e golosita', c'e anche da chiedersi qual'e' il vino che meglio accompagna un bel piatto di trenette o di trofie col pesto.  Molti indicano il Vermentino ligure, un ottimo bianco profumato, prodotto di preferenza nella riviera di ponente, nel savonese.
E' un vino famoso, riportato in tutte le migliori guide.
A me pero', e qui parliamo di gusti personali, piaceva di piu' il Coronata, oppure, se non lo si trova (ormai e' difficile, perche' l'antropizzazione della valle del Polcevera ha cancellato quasi del tutto la sua produzione), anche un Bianchetta genovese.  Vini meno celebrati, un po' da consumo quotidiano, leggeri.   Buoni anche per accompagnare un bel fritto.
Ma, ripeto, sono gusti personali.

Dopo aver parlato del pesto e di quanto gli gira intorno adesso devo affrontare il suo principale ingrediente:

                                           il Basilico

Non e' mica nato qui: viene dall'India.  E' importato in Europa da Alessandro Magno intorno al IV secolo a.C., di ritorno da una campagna guerresca.  Assieme al basilico arriva una leggenda: a una ragazza chiamata Vrinda viene fatto credere dalla divinita' Vishnu che il suo sposo, il semidio Jalandhara, e' morto in una lontana battaglia.  In tal modo Vishnu contava che Vrinda cedesse e lo accettasse come marito.
In India, allora come adesso, una vedova vale meno di niente e, o si risistema con un altro marito, o tanto vale che si suicidi.  Vrinda, molto pia e innamorata di Jalandhara come era, sceglie questa seconda alternativa e si getta nel fuoco, suicidandosi.  Fino a non molto tempo fa le donne indu' rimaste vedove venivano, volenti o meno, bruciate insieme al defunto marito sulla pira funebre.
Per tramandare la memoria della devozione di Vrinda, gli dei trasformarono i suoi lunghi capelli bruciati in una pianta dal profumo soave chiamata tulsi, o basilico e ordinano ai sacerdoti di venerarla.
























Ancor oggi in alcuni tribunali indiani i testimoni prestano giuramento su un ciuffo di tulsi, il basilico sacro.   Molti devoti indu'  iniziano la giornata in preghiera intorno alla tulsi e la sera le accendono un lumino.

Quando la leggenda e' arrivata in Occidente e' stata piu' volte trasformata,  adattata alla cultura occidentale dell'epoca.
La ragazza, che non si chiama piu' Vrinda, ma Lisabetta, non sopportando l’idea di separarsi dal corpo dell’amato ormai morto, ne taglia la testa e la seppellisce in un vaso di basilico, per tenersi vicina almeno una parte di lui
Lisabetta innaffia il basilico con le sue lacrime sino a morire di crepacuore, ma grazie allo speciale nutrimento, la pianta diviene talmente grande e rigogliosa, che la gente va in pellegrinaggio a visitarla.
Un'altra versione recita che Isabella da Messina, conservasse la testa dell’amante, decapitato dai suoi fratelli, in un vaso di basilico.  
Nel  trecento su quest'ultima versione venne anche scritta una canzone popolare, e dall'accaduto il Boccaccio trasse spunto per una sua novella del Decameron.
E' stupefacente quanto materiale salti fuori quando si fanno ricerche sul basilico.   Si dice che il prezzemolo "sta sempre nel mezzo", nel senso che cresce e si trova ovunque, ma non e' niente in confronto a cio' che ruota intorno al basilico.
Addirittura si diceva che dal basilico si generasse il basilisco, una creatura mitologica nota anche come "re dei serpenti".  Si narra che il basilisco avesse il potere di uccidere o pietrificare persone o animali con un solo sguardo diretto negli occhi.

In cucina il basilico, secondo me, e' il re delle erbe aromatiche.  Il suo uso e' quasi illimitato.
E, anche perche', alla fine, questo e' un blog di cucina, trascrivo qua sotto alcune ricette, spudoratamente scaricate dal sito del Consorzio di Tutela del Basilico Genovese D.O.P.



Panna Cotta al Basilico Genovese D.O.P.


















Ingredienti:
400 ml di panna liquida
100 gr di zucchero
15-20 foglie di Basilico Genovese D.O.P.
200 ml di latte
8 gr di colla di pesce

Preparazione:
Mettere in ammollo per 10 minuti la colla di pesce in 3 cucchiai di latte freddo.
Lavare le foglie di Basilico Genovese D.O.P.  e frullare con lo zucchero.
Mettere lo zucchero sul fuoco con il restante latte e far sciogliere a fiamma bassa. Aggiungere la panna e attendere il bollore.
Aggiungere la colla di pesce ed il latte dell'ammollo e girare continuamente senza lasciare grumi, se dovessero formarsi filtrare la panna prima di disporla negli stampini.
Mettere il composto negli stampini (5-6) e tenere in frigo per 4-5 ore.
Mezz'ora prima di sformare gli stampini spostare la panna cotta nel freezer.
Sformare e decorare con qualche foglia di Basilico Genovese D.O.P.
Puoi aggiungere a questa preparazione una marmellatina di pomodorini oppure se preferisci del cioccolato fondente fuso.





Trofie al pesto con Basilico Genovese D.O.P "accomodato"


















Le trofie al pesto "accomodato" o "avvantaggiato" sono un caposaldo della tradizione ligure.
Un piatto antico, ricco e completo, dove le patate e i fagiolini fanno da sfondo ad una delle salse ormai più apprezzate, in Italia e nel Mondo: il Pesto.

Ingredienti per 4 persone:
Fagiolini 200 gr
Trofie 350/400 gr
Patate 2 medie
Pesto con Basilico Genovese D.O.P. ( guarda i video delle nostre ricette con mortaio e frullatore)
Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.

Preparazione
Lavate e spuntate le parti terminali dei fagiolini, quindi lessateli e quando ancora risultano croccanti scolateli e spezzateli a metà, quindi pelate le patate tagliatele a dadini e mettetele a cuocere in abbondante acqua, bollente e salata. Quando prenderanno bollore attendete qualche minuto e buttate le trofie nella stessa acqua delle patate già salata ed in ebolizione; in questo modo saranno pronte insieme alle patate.
Attendete pochi minuti (circa 4 per le trofie fresche) e scolate, versate le trofie e le patate in un piatto da portata dove avrete già posto il pesto con Basilico Genovese D.O.P , i fagiolini ed un pò di Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.
Mescolate bene con molta delicatezza in modo che le verdure rimangano intere.
Nella ricetta tradizionale le verdure e la pasta vengono lessate contemporaneamente nella pentola a seconda dei tempi di cottura, se non siete sicuri di saper gestire il tutto potete lessarle separatamente.




Granita al Basilico Genovese D.O.P.
























Ingredienti
1 mazzetto di basilico genovese d.o.p.
1 bustina di te verde
2 dl d'acqua
30g di zucchero semolato
1 albume

Preparazione
Iniziare con la preparazione del te , facendo bollire l'acqua e lasciando la bustina a riposare secondo quanto indicato sulla confezione.
Unire lo zucchero e lasciar raffreddare.
Una volta freddo frullare il te con le foglie del basilico genovese d.o.p. e aggiungere l'albume leggermente sbattuto precedentemente.
Far rapprendere il composto nella gelatiera finchè non si trasforma in granita, se non si è  in possesso di tale strumento riporre il composto in una ciotola, che verrà posta in freezer, e periodicamente mescolare con una forchetta in modo che rimanga morbido.



Filetto di Manzo al Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
























Ingredienti
4 filetti di manzo da 200 g
40 g di sedano
40g di cipolla
40 g di vino bianco
40 g di vermouth dry
1/2 dl di brodo di pollo
50 g di panna da cucina
40 g di burro
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
sale
pepe rosa

Preparazione:
Mondare le carote ed il sedano, tagliarli a pezzetti e lessarli un poco.
Fermare la cottura con acqua fredda in modo che le verdure rimangono sode e non perdano il colore.
Condire i filetti con sale e pepe, farli rosolare nel burro in una padella d'acciaio
Togliere i filetti, diluire il fondo di cottura con cognac, vino bianco e vermouth dry.
Far ridurre a metà ed aggiungere il brodo e continuare la cottura.
Dopo alcuni minuti aggiungere la panna e il burro sbattendo con un cucchiaio.
Aggiungere i filetti e le verdure.
Sistemare i filetti sul piatto di portata.
Versare sopra i filetti la salsa sistemando su ogni filetto un cucchiaio di pesto con Basilico Genovese D.O.P., tenuto in caldo a bagnomaria.



Gnocchi di Patate con Cicale di mare e Pesto con Basilico Genovese D.O.P. 

Ingredienti:
1 Kg di Patate
3 rossi d'uovo
500 g di Cicale di mare
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
Olio extravergine di oliva D.O.P. Riviera Ligure
aglio
prezzemolo
vino bianco
sale

Preparazione:
Cuocere le patate e procedere con la normale preparazione degli gnocchi.
Saltare il padella le Cicale di mare con un pò d'aglio e prezzemolo,  sfumare con il vino bianco.
Aprire ai lati le Cicale di mare ed estrarre la polpa interna che verrà riposta in una ciotola.
Cuocere gli gnocchi in abbondante acqua salata e scolarli con una schiumarola.
Riporre gli gnocchi ben scolati in un piatto da portata e condire con un pò di Pesto con Basilico Genovese D.O.P. leggermente diluito e con la polpa delle Cicale di mare.




Pizza al Pesto con Basilico Genovese D.O.P.



















Suonerà strano agli amanti della classica Pizza Margherita ma questa variante è facile da trovare in tutte le pizzerie liguri, azzardato si...ma

Ingredienti:
500g di farina
300g d'acqua
20 gr di Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P.
30g di lievito di birra
10 g di zucchero
10 g di sale
Pesto con Basilico Genovese D.O.P.

Preparazione:
Sciogliere il lievito di birra e lo zucchero in un bicchiere di acqua tiepida, mescolare con la farina, il resto dell'acqua, l'Olio Extra-Vergine Riviera Ligure D.O.P. e il sale.
Impastare fino a quando il composto non risulti liscio ed omogeneo, elastico e poco appiccicoso.
Coprire con un canovaccio e lasciar riposare almeno due ore lontano da correnti d'aria.
Procedere con la preparazione del Pesto con Basilico Genovese D.O.P. secondo la ricetta.
Preparare delle palline porzionate, e lasciar riposare ancora una mezz'ora.
Stendere l'impasto e condire con il pesto. Per una versione più sostanziosa aggiungere qualche pezzetto di mozzarella di Bufala oppure qualche pomodorino fresco.





L'incontro tra il pesce ed il Basilico Genovese D.O.P.

L'incontro tra il pesce e il Basilico Genovese D.O.P. simboli della cultura di una regione che affonda le sue radici tra la terra ed il mare.
Le ricette sono a cura di Giorgio Gallia, Associazione Pescatori Liguri.


Antipasto
Spada e Tonno affumicato con Robiola e Pesto
                                                                                  
200 gr di Robiola fresca
100 gr di Pesto con Basilico Genovese D.O.P.
1 mazzetto di Basilico Genovese D.O.P.
1 mazzetto di Erba Cipollina
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
100 gr Spada affumicato preaffettato
100 gr Tonno Affumicato preaffettato

In una ciotola incorporare bene la Robiola ed il Pesto.
Formare degli involtini con le fette di pesce preaffettato mettendo al loro interno il Pesto e la Robiola, arrotolare e fissare con l'Erba Cipollina.
Inpiattare a proprio gusto guarnendo con foglie di Basilico Genovese D.O.P. e Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure.


Primo
Linguine con Cozze e Arselle al Pesto


350 gr. di Linguine Trafilare a Bronzo
1,5 Kg di Cozze
800 gr. di Arselle
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
1 Cucchiaio abbondante di Pesto con Basilico Genovese D.O.P. a persona più uno per la pentola

Salare moderatamente l'acqua della pasta.
Pulire e nettare bene le Cozze, sciaquare le Arselle lasciandole ammollo in acqua e sale per liberarle il più possibile dalla sabbia. In due padelle separate coprite con il coperchio Cozze ed Arselle accompagnate da alcune foglie di Basilico Genovese D.O.P. ed attendere che i molluschi si aprano ed immediatamente toglierle dal fuoco, sgusciarne la metà e filtrare il liquido estratto.
Cuocere la pasta e scolarla molto al dente.
Farla saltare in padella con le Cozze e le Arselle , fuori dal fuoco aggiungere il Pesto, per facilitare il condimento aiutarsi con l'acqua dei molluschi.
Impiattare e gustare.

                        
Secondo
Trancio di Palamita al pesto


1 Trancio di Palamita
Farina
Olio Extravergine di Oliva D.O.P. Riviera Ligure
Due cucchiai di Pesto
Acqua calda                                

Passare il Trancio in poca farina, farlo scottare in padella per circa 3/4 minuti per lato a fuoco vivo con poco Olio. Togliere dal fuoco e gettare mezzo bicchiere d'acqua calda sul pesce, ridurre e togliere dal fuoco, aggiungere il pesto, formare mescolando e regolando con acqua una salsa vellutata e cremosa.
Impiattare e guarnire.





















E con questo vi saluto.


11/07/16

Baccala' fritto -- La mitica friggitoria n° 34















Oggi, secondo il Calendario del Cibo Italiano di AIFB, dell'Associazione Italiana Food Blogger,  si celebra la Settimana del Cibo di Strada.
Ambasciatrice d'eccezione e' Anna Maria Pellegrino.

Per me il perfetto cibo di strada e' quel Baccala' Fritto che, anni e anni fa, tentavo di farmi comprare, bollente, da mio nonno.   A volte ci riuscivo.
Quel sapore, quei profumi, sono ormai stampati nella mia mente come "il" cibo di strada.
Ho poi assaggiato altri cibi di strada, a Firenze per esempio il Panino col Lampredotto, ma il baccala' fritto e' il mio primo ricordo.
Qualche decennio fa a Firenze, in Via S. Antonino, nella zona del Mercato Centrale, c'era una friggitoria.   Piccola, anzi, piu' che piccola.  Minuscola.
In due metri e mezzo di larghezza c'erano il vano della porta e la finestra per la vendita.   Il vano della porta era cosi' stretto che il padrone per uscire doveva girarsi di taglio.
La finestra sulla strada sara' stata larga forse un metro.   Il bancone era costituito dallo spessore del muro nel quale si apriva la finestra.  Muri molto spessi, edifici di una volta...
Ancor oggi li' sopra c'e' l'insegna "Friggitoria n° 34".
Siccome il pavimento della stanza della friggitoria era piu' alto di quasi mezzo metro del piano strada, anche la finestra era piu' alta da terra di quel mezzo metro.    Percio' i clienti dovevano alzare il braccio per arrivare a prendere il loro cartoccio.
A chi non ci arrivava il padrone dava il cartoccio del fritto affacciandosi, di taglio, sulla porta.
Da piccolo, avro' avuto 5 anni, a volte il nonno mi portava con se' al mercato, per "levarmi di casa" e dar respiro a mia madre.. 
Allora non esistevano i supermercati, si faceva il giro delle varie botteghe, si comprava quel che serviva e si tornava a casa carichi di sporte.
Al mercato ci si andava spesso, in famiglia il frigorifero era un lusso di la' da venire.
Ricordo che mio nonno, falegname in pensione, aveva attaccato in terrazza, in alto, una specie di scatola di legno con le pareti fatte di  una retina molto fitta.
Era "la moscaiola" e serviva per tenere in fresco i cibi, almeno d'inverno.  D'estate teneva i cibi al riparo dalle mosche, da cui il nome.


















 Immagine tratta da QUI 

Al mercato si andava col tram e gia' per me questa era una gioia.  Volevo sempre stare sulla piattaforma a guardare il manovratore che, in piedi, faceva andare il tram.
Fin da allora ero appassionato di macchine e macchinismi e osservavo tutto attentamente, con gli occhi spalancati.
Ogni tanto il manovratore pestava su un piccolo pedale sul pavimento e si sentiva un DLIN, DLIN che avvisava pedoni, ciclisti e auto di scansarsi.
Una volta scesi dal tram andavamo a piedi per Via S. Antonino, verso il mercato.  Io avevo due posti dove sempre mi volevo fermare a guardare.
Il primo era una norcineria, con appesi quarti di maiale, salami  e prosciutti.  Un panorama, un bendidio, una meraviglia.
A Firenze questa norcineria la conoscono tutti, e' quella dove tanti anni fa erano esposti due cinghialetti imbalsamati.
Ora i cinghialetti sono diventati quattro e, per attirare i turisti, sono stati rivestiti con abiti rinascimentali e fatti sedere a una tavola imbandita.
Eccoli, qua sotto.   Accanto a loro e' in posa l'amica Giulia la Rossa , che vedendosi in foto si defini' "il quinto cinghialetto".





















Piu' avanti c'era la famosa friggitoria e anche li' mi volevo sempre fermare.
Dalla strada si vedeva il padrone che, sudatissimo, prendeva manciate di non so cosa e le buttava in enormi padelle fumanti.
Poco dopo schiumava via dei pezzi dorati e fumanti che metteva in un cartoccio di carta gialla, fatto a cono.
Una spruzzata di sale (chiedeva al cliente  "grosso o fine?") e consegnava il cartoccio bollente.   Il cliente se ne andava palleggiandosi il cartoccio bollente tra le mani e ogni tanto pescava qualcosa da masticare mentre camminava.
Ero incantato dall'attivismo del padrone e dai profumi che si spandevano a ogni frittura.   Al nonno chiedevo sempre:  "Via, nonno, si compra un po' di fritto?", ma non mi ha mai comprato niente: "Un'altra volta.   Vien via, nini, vien via, glie' tardi...".
Quella friggitoria provvedeva ai clienti uno spuntino, se non un pasto vero e proprio, in un cartoccio.  Operai, residenti, facchini del mercato li' accanto.
Tra le varie cose che friggeva ho il ricordo netto dell'odore del baccala' fritto, il prodotto piu' venduto.   O forse i piu' venduti erano i coccoli, non so piu'.
Il baccala', per quel che ricordo, era un cibo da poveri, al contrario dei giorni d'oggi, dove e' servito nei ristoranti fantasiosamente preparato e fantasiosamente presentato.   Un po' come canta Paolo Conte:
"Pesce Veloce del Baltico",
dice il menù.
Che contorno ha?
"Torta di mais", e poi servono
polenta e baccalà
(Paolo Conte, "Pesce veloce del Baltico, 1992)

Mi hanno spiegato in Portogallo (se non sono esperti loro...) che il merluzzo che si trova in vendita  e' sempre piu' piccolo perche' viene pescato troppo giovane. 
Se il merluzzo viene lasciato libero di crescere puo' arrivare ai 2 metri di lunghezza e oltre 90 Kg di peso.
Il fatto e' che la crescita del merluzzo e' molto lenta e che non si riproduce che dopo i 6 anni.  E' talmente oggetto di pesca intensiva che viene pescato prima che abbia il tempo di riprodursi.  Infatti il baccala' che troviamo nei mercati raramente supera i 60 cm.
Pur di vendere il pescato non si guardano le misure, col risultato che la specie e' vicina all'estinzione (fonte: Greenpeace).
La varieta' canadese, forse la piu' pregiata, e' gia' estinta dal 1992. 
Quindi se in giro trovate del baccala' con l'indicazione "Gaspe" o "Baccala' di S. Giovanni" in realta' non e' il vero canadese, perche' e' gia' estinto.
E' merluzzo pescato in Nord Atlantico, buonissimo, non c'e' dubbio, ma non e' quello che conoscevamo come "Gaspe" o "Baccala' di S. Giovanni".

Torniamo al baccala' come cibo di strada.
Per la cronaca quella friggitoria, con l'insegna  "numero 34", c'e' ancora.
E' stata ingrandita ed e' gestita da cinesi.  O coreani, o vietnamiti, chi lo sa. Per i fiorentini quando sono gialli sono tutti "cinesi". 
Quella friggitoria oggi spande un tanfo che allontana i fiorentini, che vedo non fermarsi piu' a far la fila per un cartoccio caldo.
Ma e' anche colpa nostra e della nostra fretta.   Oggi per comodita' apriamo il congelatore e tiriamo fuori il pacchetto con i famosi "bastoncini" surgelati.
Di incerta origine, malinconici e insipidi.
Anche voi che leggete:  da quanto tempo non friggete piu' del baccala'?

Io. come tardivo omaggio a quella friggitoria, quella vera, quella che non c'e' piu', e a quel fritto profumato, ho riprodotto in casa, anche ingentilendolo un po', quel gustoso cibo di strada.  
Proprio quel baccala' fritto che, quando ero piu' grande e potevo decidere per me, non ho piu' trovato.


Ingredienti per 2 persone
200 g di baccala' bagnato
2 uova
farina
pangrattato
sale

Esecuzione
Spellare il baccala' gia' bagnato e tagliarlo a bastoncini spessi un paio di cm e lunghi 7-8.
Bastoncini piu' sottili verranno risecchiti in frittura e quelli piu' lunghi si potrebbero spezzare.
Sbattere le uova con un pizzico di sale.  Il sale e' necessario per dare sapore al rivestimento di pastella, mentre il baccala' e' gia' salato di suo.
Passare i bastoncini nell'uovo sbattuto, poi nella farina, poi ancora nell'uovo e infine nel pane grattato.
Questa e' la versione "di lusso", dove uovo, farina e pane grattato contribuiscono ognuno ad arricchire di sapori il risultato finale.
Friggere subito in olio profondo e togliere quando sono ben colorati.
Mangiare immediatamente, e rigorosamente con le mani.
Non e' proprio necessario camminare per casa mentre si mangia, come se si fosse per strada, ma usare le mani e' d'obbligo.
Non so voi, ma a me il cibo mangiato con le mani sembra anche piu' gustoso...
Palleggiarsi il cartoccio caldo tra le mani, addentare con cautela il fritto bollente, scottarsi magari il palato.  Sono delle piccole gioie che nelle fretta dell'oggi arriviamo a negarci.















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