27/12/11

SCIGLIA' - A tutta Campania




















Durante queste feste ho preparato un piatto nuovo, tutto profumi e sapori della Campania.
Che vuol dire Sciglia'?   Mi dicono che significhi scompigliare. Propriamente significherebbe scompigliare i capelli, ma viene usata anche per definire gli scialatielli, una pasta fresca tipica della costiera amalfitana che nel piatto e' sempre, appunto, piuttosto scompigliata.
Mi hanno detto bene?  Qui servirebbe un parere dalle amiche napoletane.  Ciao Giovanna, ciao Lydia!!
Comunque sia gli scialatielli mi piacciono moltissimo, e' una pasta fresca fatta a mano, irregolare nel taglio e nello spessore e carica, di suo, di sapore e profumi. 
Mi direte: come fa una pasta ad essere saporita e profumata?  Risposta: perche' contiene, oltre ad una sapiente miscela di farine, un po' di latte, del formaggio pecorino dolce, sale e un po' di basilico.  Tutto impastato insieme: una delizia.
Talmente tipici del territorio che sono riconosciuti come prodotto agroalimentare tradizionale della regione Campania.

Premetto che per il piatto che descrivo in questo post gli scialatielli li ho comprati gia' fatti (e trovarli buoni non e' stato facile), pero' per farmi perdonare riporto qua sotto una ricetta tipica.......



SCIALATIELLI (SCIGLIA')

Ingredienti, 4 persone
200 g di farina 00
Pari peso di semola rimacinata
2-3 cucchiai da cucina di pecorino dolce grattugiato
100 ml di latte
1 uovo
6-7 foglie di basilico
Pizzico di sale
1 cucchiaio d’olio e.v.o.

Preparazione
Lavare, asciugare le foglie di basilico, tritarle finemente.  Mescolare le farine e setacciarle. Aggiungere il pecorino e, se il pecorino non e' troppo salato, anche il pizzico di sale.  Formare la fontana e aggiungere l'uovo e il latte.
Impastare per un paio di minuti poi aggiungere il basilico tritato, quindi impastare con forza per circa 10 minuti.
Infine formare una palla, avvolgetela nella pellicola e lasciar riposare a temperatura ambiente per circa un quarto d'ora.
Stendere una sfoglia piuttosto spessa, sui 3-4 mm e lasciarla asciugare pochi minuti.  Tagliarla a coltello come se fossero tagliatelle, ma larghe sui 4 mm e lunghe una decina di cm o poco piu'.
Dopo tagliati allargarli su un panno e spruzzarli con la semola.  Non aspettare eccessivamente a cuocerli, altrimenti seccano troppo.



TORNIAMO A NOI

Volevo realizzare un piatto con ingredienti tutti campani, tutti tipici e col profumo di quella meravigliosa terra.
Per il profumo la scelta dei limoni della costiera amalfitana e' stata semplice. Per il sapore, invece, ho (finalmente!) tirato fuori dal frigo e utilizzato dei fagioli di Controne, gradito regalo dell'amica Giovanna.















I fagioli di Controne sono originari dell'entroterra cilentano. dove ogni ultima settimana di Novembre a Controne c'e una sagra dedicata solo a loro.   Sono fagioli piccoli e rotondi, bianchissimi.  Caratterizzati da una buccia molto sottile, sono noti per la loro alta digeribilita'. E' una produzione di nicchia, riconosciuta da Slow Food come specialita' tipica da salvare e premiata dai marchi IGP e DOC.
Sono teneri e non richiedono quasi ammollo, ma l'ideale e' usarli freschi, quando ancora contengono tutti gli umori della terra del Cilento.   Giovanna me li ha spediti in una confezione sottovuoto e li li ho piazzati subito in frigo, dove si sono conservati benissimo.



Chi mi conosce sa che la mia cucina tende all'equilibrio di sapori e profumi, ma soprattutto alla semplicita'.  Quando leggo di una ricetta con tantissimi ingredienti, combinati tra loro con diverse e complicate cotture, provo un senso di fastidio. Intanto con troppi ingredienti si rischia di confondere, o meglio, di imbrogliare, il palato di chi mangera' quel piatto.  Spesso vedo ricette, anche di chef famosissimi, che usano tanti, troppi,  ingredienti e penso quanto dev'essere difficile per un normale palato separare e riconoscere i vari sapori.
Non so, penso che certa cucina, quella cucina, voglia anche (o solo) stupire.  Comunque sia io tendo al semplice, se poi quello che preparo non stupisce, pazienza.  L'importante e' che piaccia a me.   E, nel caso specifico, a quel giudice inflessibile di mia moglie, la dolce (il piu' delle volte) Anna Maria.
Questa tiritera serviva anche a giustificare i pochissimi ingredienti usati: scialatielli, burro, fagioli di Controne, limoni della costiera amalfitana.
Se gli ingredienti sono buoni e ben cucinati questo piatto e' un vero tuffo nella solare Campania.


PREPARAZIONE
Cuocere a fuoco basso e con aglio e salvia i fagioli di Controne. Occhio che, teneri come sono, non si disfino in cottura. Da bianchi che erano diventeranno di un bel marrone rossiccio. Tenere i fagioli in caldo nella loro acqua di cottura.
In una pentola non troppo grande mettere (per ogni persona) 30-40 gr di burro, una presa di sale macinato al momento (ma non troppo fine) e la buccia grattugiata di mezzo limone della costiera.   Far sciogliere a fuoco basso, mescolando. Il burro si deve scaldare, ma non deve, ripeto non deve, bollire.  Lo scopo e'  profumare il burro con i limoni della costiera.
Cuocere gli scialatielli al dente, scolarli bene e metterli nella pentolina col burro profumato. Mescolare molto bene a fuoco basso.
Impiattare (sgocciolandoli prima) gli scialatielli, contornare e coprire con i fagioli di Controne caldi e grattare un po' di buccia di limone della costiera. Servire subito.



























Tutto sta nel dosare bene questi diversi, splendidi, ingredienti: all'assaggio si apprezzano benissimo i diversi sapori e profumi, dai dolci fagioli di Controne, agli scialatielli, saporiti di per se' di pecorino, latte e basilico, al morbido burro profumato, alla buccia di limone della costiera.
Credetemi, un'esaltazione di sapori e profumi.    Concentrarsi, inforchettare e perdersi.  Da provare.

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18/12/11

Torta speziata ai legumi



















Era un po' che volevo presentare una torta di legumi e, siccome sono nel mio "periodo cumino" l'ho fatta bella speziata.
E' un piatto unico, a base di due  qualita' di fagioli (o tre, se vi va), con aggiunta di mais. Il mais e' un cereale, non una leguminacea, ma se dicevo "Torta di legumi speziata, con mais, cumino, olio, latte.. etc. etc....." avrei dovuto usare un titolo chilometrico.
E a me i titoli che non finiscono mai danno fastidio. Non so, forse perche' indicando tanti diversi ingredienti si puo' dare un'impressione falsata di quello che invece l'assaggio ci dira'.
Molti ristoratori usano titoli chilometrici.  Pensate un po', se ogni piatto dovesse occupare una sola riga nel menu, allora quel menu sarebbe largo almeno due metri!
Oppure pensate alla moda, seguendo la quale un piatto deve essere presentato usando parole che non fanno capire cosa stiamo per ordinare: mi viene sempre in mente Paolo Conte e di come aveva preso in giro questa moda....

     "Pesce Veloce del Baltico", dice
     il menu.
     Che contorno?
     Han torta di mais...
     e poi servono polenta e baccala'...

Torniamo a noi. Per una volta ho fatto come la Benedetta nazionale, cioe' ho usato ingredienti gia' pronti e in scatola. 
Ora.  Non e' che a me la Benedetta sia antipatica, anzi.
Pero' quando vedo che mira alla velocita' di scodellamento, quando usa roba in scatola, oppure quando dice che al posto di un ingrediente se ne puo' usare un altro "ma si, dai, tanto e' lo stesso..." a me viene da gridare "Noooo".
D'altra parte, c'e un mercato per tutto e dal suo successo si capisce che la sua fetta di mercato, di gente cioe' che la guarda e che compra i suoi libri, e' enorme.
E poi, come mi hanno fatto notare, guardare la Benedetta e' rilassante e tranquillizzante.
Perche'?   Semplice... perche' aumenta l'autostima di ogni cuoco (lascio a voi approfondire il concetto).
In conclusione: mi sono fatto violenza e ho fatto anch'io una torta come l'avrebbe fatta lei, ossia assemblando ingredienti gia' pronti.
A mia discolpa posso solo dire che ho posto maggiore attenzione alla ricerca di sapori e profumi che si abbinassero bene e ho cucinato con metodo, evitando di mescolare tutto insieme e buttare in forno. 
Come e' venuta? Davvero buona. La torta e' semplice e sostanziosa, puo' essere servita come antipasto o come piatto unico, calda o fredda.
Ma secondo me metterla in tavola intera, bella calda e fumante, spartirla sul momento e trovarsela bella profumata nel piatto e' la cosa migliore.
Le dosi sarebbero per 6, ma considerate che qualcuno chiedera' il bis....


























Ingredienti
Un rotolo di pasta brise'
1 barattolo di fagioli Lamòn (200 gr. circa sgocciolati)
1 barattolo di fagioli bianchi cannellini (150 gr. circa sgocciolati)
1 barattolo di mais al naturale sotto vuoto (150 gr.)
50 gr. pancetta dolce a cubetti
1 uovo
100 ml. latte (ho provato quello di soya)
30 gr. di parmigiano grattugiato
1 cucchiaio di zenzero in polvere
1 cucchiaino di semi di cumino macinati al momento
1 spicchio di aglio piccolo in camicia
1 cucchiaino di foglioline di timo fresco
1 tortiera da 24 cm. sganciabile

Preparazione
Accendere il forno e portarlo a 180-200 gradi (ma si, dai, tanto e' lo stesso...).   Mettere a soffriggere in 5 cucchiai di olio e.v.o. l'aglio in camicia e la pancetta. Far andare a fuoco molto basso.
Aprire, scolare e passare sotto l'acqua corrente i fagioli.  A parte sbattere insieme l'uovo, il parmigiano e il latte.
Quando la pancetta ha ceduto i suoi sapori all'olio togliere lo spicchio di aglio e versare i fagioli e il mais al naturale.
Alzare il fuoco a meta' e far insaporire, mescolando bene, ma con attenzione, per non rompere i fagioli. Quando l'umidita' che i fagioli produrranno in cottura sara' evaporata spengere il fuoco.  Aggiungere una presa di sale, lo zenzero in polvere e il cucchiaio di semi di cumino macinati al momento. Mescolare.
Stendere la brise' nella tortiera, versare meta' dei fagioli e coprire con meta' dell'insieme uovo-parmigiano-latte. Al posto del parmigiano potreste provare del pecorino un po' stagionato, da' un po' piu' di spinta. Gusti.
Quindi versare il resto dei fagioli e, a coprire, il resto dell'uovo.
Ripiegare un poco i bordi della brise' e infornare per una quarantina di minuti.
Sformare (Dio benedica chi ha inventato le tortiere sganciabili, hanno di certo pensato agli impediti come me) e cospargere con le foglioline di timo fresco.
Servire subito.

























Che profumo... All'assaggio si sentono separati i sapori dei vari fagioli e del mais, dolce e leggermente croccante.
La pancetta, quando la si trova, produce dei picchi di sapore.
Lo zenzero rende l'insieme leggermente piccante, ma il latte ha dato rotondita'.
Su tutto, un profumo di timo e cumino che inebria.
Provatela, ve la consiglio.

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04/12/11

Spaghettini cremosi al cumino - Last minute





































Vuoi per presenze impreviste a cena, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per mancanza di voglia, capita di dover cucinare alla svelta quel poco che c'e' in dispensa e in frigo.
Ma capita anche di voler cambiare i soliti sapori, o, perche' no, di voler stupire con sapori nuovi chi si trova a tavola.
Mi sono proposto di cucinare qualcosa che rispettasse tutti questi vincoli: rapidita', piacevolezza, novita', pochi ingredienti.
Ho usato ingredienti presenti sempre in tutte le case. Nella ricetta c'e' anche una ricottina, che in fondo al frigo si stava avvicinando alla scadenza. Se non avete una ricottina potete utilizzare gli ingredienti della vellutata bianca  di un mio post precedente. Ci vorra' un po' piu' di tempo e ci saranno un po' di piu' grassi, ma il risultato sara' abbastanza simile.
Infine, come aromatizzante, ho usato i semi di cumino.
Il risultato e' stato definito molto buono dai vari assaggiatori, ve lo propongo.  Anche per fare bella figura con poco....

Ingredienti per 2 persone
160 gr spaghetti buoni
100 gr ricotta fresca
1 cucchiaio di succo di limone
2 spicchi di aglio in camicia
1 pezzetto di peperoncino
4 cucchiaio di olio e.v.o.
Semi di cumino da macinare
1 coppapasta da 10 cm

Preparazione
In un pentolino mettere l'olio, l'aglio in camicia e poco peperoncino. Come dico sempre ognuno conosce il peperoncino suo: noi vogliamo che il risultato abbia appena una punta di piccante, percio' regolatevi.
Far andare a fuoco basso per qualche minuto, con lo scopo di insaporire l'olio.
Mettere l'acqua per gli spaghetti e quando e' il momento buttarceli. Spremere il limone e tenere da parte un cucchiaio di succo.
In una casseruola grande abbastanza da contenere gli spaghetti mettere la ricotta, aggiungere mezzo bicchiere di bollente acqua di cottura della pasta, l'olio insaporito (senza aglio) e il cucchiaio di succo di limone. Macinarci sopra abbondante cumino e quindi salare, senza timidezza.  A fuoco bassissimo amalgamare tutti questi ingredienti. Se l'insieme fosse troppo denso aggiungere ancora poca acqua della pasta.
Sistemare il coppapasta sul piatto.   Avete mai fatto caso che gli spaghetti buttati la' nei piatti sembrano una cosa disordinata?  Usare un coppapasta rendera' il piatto anche piacevole a vedersi: ci vuole tanto poco!
Scolare gli spaghetti ben al dente e passarli nella casseruola del condimento, alzando il fuoco e mescolando in modo da amalgamare il tutto.
Quando gli spaghetti saranno belli cremosi arrotolarli con forchettone e romaiolo a formare il classico nido, quindi versarli nel coppapasta.
E adesso il tocco finale: macinarci sopra e intorno abbondante cumino.
Portare in tavola subito. Tempo necessario: quello della cottura degli spaghetti. Piu' veloci di cosi'....






































All'assaggio si gustano dei sapori del tutto nuovi: il latteo della ricotta, la puntina di aspro del limone a stuzzicare e colorire, il leggero piccante dell'olio. Su tutto, l'aroma deciso e speziato del cumino appena macinato.
Una vera novita'.  Vedrete che gli spaghetti spariranno velocemente, belli cremosi, leggeri e profumatissimi come sono.

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28/11/11

Bocconcini di Baccala' su Squacquerone, sfoglia di Grana e aromi vari























Con questa ricetta partecipo al contest dell'amica Cristina, dove si chiedono ricette nelle quali siano abbinati pesce povero e formaggi o latticini.
Tema difficile e stimolante, tanto che ho abboccato con tutte le scarpe.
Ho gia' inviato due ricette, un antipasto e un primo, questa di oggi e' un secondo (per il dolce passo la mano).
Ecco il logo del contest.
















Poiche' in un pranzo bisogna costruire il menu andando in crescendo, cioe' dai sapori piu' delicati a quelli piu' forti, avevo sulle prime pensato a un abbinamento tra filetti di aringa fresca e una salsa di gorgonzola.     
Teoricamente l'accoppiamento tra le carni sapide dell'aringa fresca e una salsa dolce di gorgonzola era perfetto.
Teoricamente, appunto, perche' per quanto abbia cercato non sono riuscito a trovare dell'aringa fresca.
Ho provato con l'aringa affumicata, sia dorata che argentea, ma il sapore era decisamente troppo forte e sovrastava completamente la salsa dolce di gorgonzola. I bagni di aringa nel latte si sono sprecati, ma il sapore forte era e forte e' rimasto.
Per di piu' sfilettare un'aringa affumicata e' quanto di piu' frustrante si possa immaginare: si spezzetta tutta.

Ho provato comunque, piu' volte, qua sotto un tentativo.























Ma i sapori non mi hanno soddisfatto, ho lasciato perdere. E d'altronde usando un altro tipo di pesce sarebbe stato il gorgonzola a sovrastare tutto.
Ho cominciato a pensare a qualcosa d'altro.

Ho scelto del baccala' dissalato e l'ho abbinato a dello squacquerone, formaggio fresco e molle che va per la maggiore in Romagna. Vedere QUI.
Se e' davvero fresco (di giornata) e' dolce con appena una punta acidula. A me piace moltissimo e quando sono in Romagna ne faccio buona scorta, stivandone gran parte nello stomaco.
Poi, per dare un fondo di maggior sapore a questa preparazione ho aggiunto una sfoglia di grana.
Infine, non ancora contento, ho aggiunto spezie e profumi e, come contorno, una dadolata di patate speziate.

A me e' piaciuto moltissimo, ve lo propongo.























Ingredienti, per ogni persona
100 gr di baccala' gia' ben dissalato
80-100 gr di squacquerone, o simile.  Dal frigo.
Farina di semola NON rimacinata
4 Foglie di basilico
Grana grattugiato
1 patata grande o 2 piu' piccole
Zenzero in polvere, o grattato al momento
Un pizzico di paprika, per me dolce, per voi non so
Foglioline di timo, per guarnire
Coppapasta da 10 cm
2 padelle antiaderenti
Olio di semi di arachide, abbondante

Preparazione
Preparare una sfoglia di grana, grattandolo piu' fine possibile, mettendolo sul fondo di una padella antiderenteve e facendo scaldare lentamente. Quando, saggiando i bordi con una forchetta, questi si solleveranno senza rompersi estrarre la sfoglia e, ancora calda, tagliarla con un coppapasta da 10, ottenendo un disco che si lascera' raffreddare in piano e che costituira' la base della preparazione.
Le prime volte la sfoglia si rompera', ma dopo qualche tentativo si imparera' a occhio qual'e' il momento giusto per alzarle dalla padella. Serve solo un fuoco molto basso e tanta pazienza.
Sbucciare le patate, tagliarle a fette di 1 cm, poi a strisce da 1 cm, poi a cubetti di 1 cm. Se si tagliano tutte della stessa misura verrano belle cotte allo stesso modo e senza quel brutto misto di colori chiaro e bruciacchiato.
Tagliare il baccala' a strisce di 1-2 cm e quindi a cubetti di 1-2 cm.
Rotolare i cubetti di baccala' nella farina di semola, dove si sara' aggiunto un pizzico di paprika.
Tagliuzzare a coltello il basilico e tenerlo pronto.
A questo punto preparare due padelle con molto olio di semi, una quantita' tale da coprire i cubetti.
In una padella aggiungere un cucchiaino colmo di zenzero in polvere, oppure grattare la radice senza timidezza. In questa padella friggere la dadolata di patate, fino al coilore dorato, non di piu'. Sgocciolare e salare, ma poco, e tenere in caldo..
Nell'altra padella friggere i bocconcini di baccala' fino ad un colore biondo chiaro. Togliere i bocconcini, scolarli appena e rotolarli un'altra volta nella miscela farina di semola e paprika. Rimettere in padella fino a un bel colore dorato carico. Sgocciolare e tenere in caldo.
Questa cottura in due tempi consente di formare una crosticina bella spessa, cosi' da far sentire bene i sapori di semola e paprika.

Impiattamento.
Posare su ogni piatto il tondo di sfoglia di grana, anche due uno sopra l'altro, se si vuole alzare il sapore del grana. Coprire la sfoglia con il basilico tagliato.
Mettere il coppapasta e comprimerci dentro 2 cm di squacquerone (o anche 3, come nella foto, ma sono gusti).
Sopra a tutto mettere i bocconcini caldi di baccala'. Se tutti non ci stanno appogiarli di lato.  Mettere tutto intorno la dadolata di patate allo zenzero. Guarnire con foglioline di basilico e, se piace, di timo.
Togliere il coppapasta e servire subito, prima che bocconcini e dadolata di patate si raffreddino. Suggerire di aggredire la torretta dall'alto in basso, in modo di assaggiare contemporaneamente tutti gli strati.


All'assaggio i vari sapori e profumi arrivano insieme, ma ben distinti l'uno dall'altro: il sapore di mare dei bocconcini (con un lontano sentore di paprika nella crosta), il latteo dello squacquerone, il profumo del basilico, il dolce del grana. E le patatine, leggermente piccanti di zenzero.
Una sinfonia, fatemelo dire.
E i contrasti: il caldo-freddo tra i bocconcini e lo squacquerone e il croccante-morbido tra i due.
Insomma: e' goloso.  Provatelo, ne vale la pena.

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16/11/11

Le Scole pistoiesi



















Le Scole sono un dolce tipico della zona di Pistoia, di solito prodotto nel periodo pasquale. Ospito qui una ricetta di Emanuela, gia' presente con sue ricette in questo blog.
In essenza le Scole sono dei panini semidolci, simili a tanti altri che si trovano a Pasqua.
Ma questi sono diversi. E, secondo me, buonissimi.
"Scole", che vorra' dire?   Non sono riuscito a trovare le origini di questo nome, ma so invece come le Scole sono nate.
Anni fa in campagna e in montagna il pane si cuoceva nei forni a legna.  Nel pistoiese la forma da 1 Kg  veniva chiamata "una coppia", chissa' perche'.
Azzeccare la giusta temperatura del forno poteva essere un problema.  Gia' al giorno d'oggi siamo pochissimi ad adoperare un termometro in cucina, figuriamoci tanti anni fa, con i forni in pietra e mattoni, magari all'aperto.
Nei forni alimentati con le fascine si raggiungeva facilmente un'alta temperatura, e questa bruciava irrimediabilmente l'infornata di pane.  Specialmente nei paesi le donne andavano a cuocere il pane ad un forno comune, o comunque in un forno grande.  Ognuna portava il suo pane, alzandosi la mattina prima dell'alba in modo che il pane fosse pronto prima che gli uomini andassero a lavorare.  Insomma, era per dire che in un forno non andava una sola forma di pane, ma molte, e un'infornata sbagliata poteva rovinare il pane (e l'umore) in diverse famiglie.
Ecco allora che per provare la temperatura all'epoca, dopo aver pulito il forno dalla cenere (con il "fruciandolo", ma ne parliamo poi), si staccavano dall'impasto del pane dei pezzetti, li si allargava sulla pala, con le mani si ungevano di olio, li si salava e li si mettevano in forno per la prova di cottura.
Se i panini risultavano troppo cotti, se "sbollavano", o se il sotto si bruciava, prima di infornare il pane era meglio raffreddare un po' il forno usando un "fruciandolo" bagnato. Rieccolo, il "fruciandolo", ma ci torniamo dopo.
A Pistoia sotto la Pasqua era uso aggiungere al pane un po' di anice e del sale (in Toscana il pane e' normalmente senza sale).  Il sale si rifaceva alla simbologia religiosa del sale della sapienza, il noto "grano di sale".  Quindi anche i panini di prova, che erano poi magari dati ai bambini, erano in quel periodo molto migliorati di sapore.
Ecco come sono nate le Scole.  A Pistoia si trovano nel periodo pasquale, ma e' un peccato perche' sono buonissimi anche nel resto dell'anno.
Sono particolarmente buoni la mattina, ad accompagnare il cappuccino.  Provare per credere.

Questa ricetta e' stata aggiunta sul portale "Gente del Fud", come prodotto di eccellenza tipico della zona di Pistoia.  Per saperne di piu' cliccate QUI.























E adesso APRO UNA PARENTESI: cos'e' il "fruciandolo"?  E' una pertica di un paio di metri con legati in cima degli stracci. Serviva per frugare dentro il forno, rimuovendo la cenere o, bagnando gli stracci, per passare sulla pietre e abbassarne la temperatura.
Mentre non sono riuscito a trovare l'origine del nome "Scole" mi sono invece documentato sull'origine di  fruciandolo.
Fruciandolo viene da "frugare", che e' quello che si fa spingendo pertica e stracci nel forno, per pulirlo.
Frugare o, come si diceva nelle campagne anni fa, "frucare".   Da cui "fruciandolo".
Ma frucare da dove viene? Viene da "furcare", atto di smuovere il fieno con la forca o il forcone. E  c'e' di piu'. Forca e forcone pungono, quindi secoli fa frugare ha significato anche pungere.
Ecco un esempio:
     Ed io, cui nuova sete ancor frugava,
     Di fuor taceva
     (Dante, Inferno, Canto XVIII)

Insomma dal fruciandolo siamo arrivati a papa' Dante, punto dalla sete..
Bene, CHIUSA LA PARENTESI, torniamo alla cucina e alle Scole.




















D'ora in poi la parola passa a Emanuela, per gli amici "Dolce Ema".



Ingredienti per 1,6 Kg di impasto
1 Kg di farina (circa 280 W di forza)
500 gr acqua
20 gr lievito
40 gr burro
10 gr sale
30 gr zucchero

Preparazione dell'impasto
Impastare farina e lievito con l'acqua e aggiungere in sequenza il sale (in 2 volte), lo zucchero ed il burro.
Lavorare bene fino ad ottenere un impasto liscio. Farlo riposare per mezz'ora circa.
Pesarne un chilo (o riproporzionare la ricetta per ottenerne circa un chilo, altrimenti con la pasta in avanzo fare dei panini al burro)

Ingredienti aggiunti per fare le Scole
1 Kg di pasta per panini
1 uovo
110 gr zucchero
10 gr di lievito di birra
25 gr di semi di anice
230 gr di uvetta

Preparazione delle Scole
Lavorare la pasta dei panini con gli altri ingredienti (per ultimi i semi e l’uvetta).
Spezzare in porzioni da 85 g, arrotondarle e farle riposare 10 minuti.
Formare poi le scole e lasciarle lievitare tre quarti d'ora.
Dopo circa 45 minuti farci un taglio per il lungo, delicatamente. Meglio tagliarle quando non sono troppo lievitate e cospargerle di zucchero.
Cuocere a 200 gradi in forno gia` caldo con un recipiente di acqua in ebollizione.
Appena sfornate spennellarle con uno sciroppo fatto con 1/3 di acqua e 2/3 di zucchero e cospargerle di zucchero semolato.





















 Riecco Corrado: sono BUONISSIME: non stucchevoli, corpose, saporite di uvetta e profumate appena di anice.
Lo zucchero semolato sopra la crosticina della Scole da' quella punta di dolce in piu'.
Io ho continuato per un po' a sentire in bocca sapori e aroma.
Provatele, queste Scole, sono deliziose.
Di piu', squisite.

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13/11/11

2 - Sardine e fiordilatte per antipasto



















Questo e' un antipasto, destinato al contest di Poverimabelliebuoni di Cristina.
Nel contest si chiedeva di realizzare delle ricette che abbinassero pesce povero e formaggi o latticini. Abbinamento per niente facile...
Con l'ultimo mio post ho gia' partecipato nella sezione primi.
Ora mi resta ancora da pubblicare un secondo, mentre per un dolce non saprei proprio cosa inventarmi.






Per questo antipasto ho paura di non aver creato niente di nuovo, pero' ho interpretato il piatto a modo mio.
Ne e' uscito un antipasto molto chic e goloso.
Servono delle sardine e del fiordilatte, entrambi di giornata.  Lo so che trovare del fiordilatte di giornata e' quasi impossibile, a meno di non abitare accanto a un allevamento di bufale, ma puo' capitare.
L'alternativa e' una buona mozzarella, oppure formaggi freschi a pasta dura o semidura non troppo saporiti.
Ah, e serve anche una certa sveltezza nell'impiattare, capirete poi il perche'.






















 Ingredienti per 2 persone
8 o 12 sardine freschissime, gia' pulite
Del fiordilatte
Farina di semola, non rimacinata
Sale grosso
Olio di semi di arachide

Preparazione
Togliere il fiordilatte dal frigo una decina di minuti prima, deve essere fresco, non freddo.  Tagliarlo a fette di mezzo cm, cercando di farle di spessore costante.
Passare le sardine, aperte, nella semola e friggerle velocemente in olio di arachidi. E' importante che la farina durante la frittura non si colorisca, vedere le foto. Se la farina si colorisce vuol dire che si e' fritto troppo a lungo e che il pesce, in conseguenza dell'eccessiva esposizione al calore, ha perso molto del suo sapore originale. Mentre noi vogliamo invece che conservi tutto il sapore e il profumo di mare.
Anche la scelta della farina di semola va nella direzione di non far assorbire troppo olio al fritto e quindi di non sovrastare il sapore del mare.
A questo punto bisogna essere davvero veloci: comporre un sandwich sardina-fiordilatte-sardina, rifilare con le forbici i bordi eccedenti del fiordilatte, cospargere di sale grosso e servire subito. Accompagnare con foglie di basilico.




















All'assaggio si sente il sapore del mare, non sovrastato da quello di fritto, e il latteo del fiordilatte, che esplode, sugoso, in bocca.
In questo antipasto si apprezza un doppio contrasto. Prima tra il croccantino del pesce fritto e il morbido-sugoso del fiordilatte.  Anche il sale grosso e' bello croccante in bocca.
Poi, ed e' per questo che bisogna comporre e servire velocemente, si sente il contrasto tra il caldo del pesce fritto e il fresco del fiordilatte.
Vi consiglio di friggere davanti ai commensali e di passar loro ogni sandwich appena fatto, sara' anche piu' divertente e coinvolgente: tutti allungheranno la mano per averlo....
Il basilico aggiunge profumo e freschezza. 
Secondo me un elegante e saporito connubio di terra e di mare.

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