29/07/10

Spaghetti in giallo


















Nei giorni scorsi era troppo caldo anche solo per pensare a qualche ricetta, figuriamoci poi per cucinare.
Pero' ogni tanto siamo graziati da qualche giorno piu' fresco (adesso sta tuonando, forse piovera') e il cervello si rimette in moto, i fornelli non sono piu' un tabu' (la rima non era voluta).
E poi basta con le insalate e con altre consuete preparazioni estive! Sara' anche perche' io sono un pastaio, ma dopo un periodo senza pasta io vado in astinenza, e divento capace di tutto. Quindi? Spaghetti!!!!
Allora oggi vestiamo degli spaghetti di giallo e andiamo in cerca di sapori nuovi. Il colore di oggi e' giallo, magari in futuro se ho tempo e voglia provero' tutti i colori dell'arcobaleno. Ehi, potrei lanciare un contest: "Spaghetti nell'arcobaleno"!!!. Vedremo.
Sul colore giallo si potrebbe scrivere un trattato. Intanto il giallo e', insieme al rosso, uno dei colori piu' visibili. Per questo erano/sono gialli i taxi e sono ancor oggi gialli gli scuolabus, per facilitarne la visibilita'. Proprio per la buona visibilita' il giallo e' stato associato a situazioni di pericolo o di possibile pericolo, come la bandiera gialla che in marina significava epidemia a bordo, o in Formula 1 per indicare un'improvvisa situazione di pericolo potenziale. Anche in natura il giallo richiede attenzione e cautela: gli animali piu' velenosi hanno delle macchie di colore giallo vivo che significano: stammi lontano e non rompere. Anzi, alcuni animali non velenosi, ma sicuramente delle prede, hanno sviluppato delle macchie o delle strisce gialle proprio per far credere ai predatori di essere velenosi e percio' essere lasciati in pace.
Nel dialetto napoletano per dire di aver avuto paura dicono "ho fatto il giallo", almeno cosi' mi hanno fatto sapere. Forse qualche lettrice di Napoli puo' confermare. A proposito di Napoli e del suo dialetto: oggi Lydia ci ha insegnato un nuovo termine, dicendo che lei e' "accozzicata al forno", intendendo attaccata al forno come una cozza allo scoglio. Ecco, io in questo momento (e sul lavoro per larga parte della giornata) sono "accozzicato" al PC.
In Italia sono famosi i romanzi "gialli", che nell'immaginario collettivo identificano ormai il genere poliziesco. Interessante notare che il poliziesco e' associato al colore giallo solo in Italia, mentre all'estero dicono piu' banalmente "romanzo poliziesco".
In Italia i romanzi gialli nacquero negli anni venti, furono sospesi per la guerra e ripresero poco dopo. Il primo romanzo del dopoguerra (basta con l'autarchia!) era su Perry Mason.
Ecco la copertina della ristampa del numero 1, l'originale e' praticamente introvabile.


























A me il colore giallo mette solo allegria e un bel risotto alla milanese mi tira proprio su di morale. E allora perche' non pensare a degli allegri spaghetti gialli?
Intanto vi dico cosa NON ho utilizzato: niente peperoni gialli, niente pasta di mais, niente pomodori gialli, niente spaghetti di Franciacorta (notoriamente giallissimi di natura).
Non li ho usati perche' non li avevo. Infatti ho guardato in frigo e di giallo avevo solo carote (vabbe' erano sull'arancione, ma non poi tanto, potevo definirle "giallo scuro") e qualche limone.
Razzolando tra le confezioni di spezie ho trovato zafferano e curcuma. Ho scartato lo zafferano perche'... perche' si, e ho scelto la curcuma.
La curcuma e' anche usata in erboristeria per guarire diversi malanni, guardate pure su Wikipedia.
Con questi poveri ingredienti, poveri di numero intendo, ho cercato di fare qualcosa di inusuale e non potendo basarmi sull'abbondanza degli ingredienti ho pensato di giocare sulle consistenze. Ormai mi conoscete, se non faccio qualche esperimento non mi sento a mio agio.... I risultati sono i piu' vari. Anna Maria direbbe "gioie e dolori", ma a fare pasta al burro sono tutti buoni.
A proposito di pasta e burro qualche volta provero' a raccontarvi la speciale pasta al burro dell'Harry's Bar", in Calle Vallaresso.

Basta ciacole, 'ndemo...

(i veneti mi perdonino)





















Ingredienti per 2 persone
180 gr spaghetti buoni
4 carotone
3 cucchiaini di curcuma in polvere
Peperoncino rosso
1 spicchio di aglio
Buccia di limone grattugiata
Olio evo


Preparazione
Tritare le carote a piccoli pezzi, praticamente a misura di battuto. Salvarne un paio di cucchiai e mettere il resto in tre dita d'acqua salata e far bollire per un 10 minuti, giusto per ammorbidirle.
Scolarle e frullarle con poca acqua di cottura e olio evo a filo, deve risultare una crema ben fluida. Assaggiare e regolare di sale, senza timidezza.
Mentre gli spaghetti cuociono, in una padella grande abbastanza da poterci saltare la pasta mettere abbondante olio evo, 2 spicchi interi di aglio e un pezzetto di peperoncino. Sul peperoncino: alla fine si dovra' sentire un'ombra di piccante, regolatevi voi.
Far soffriggere a fuoco basso, con lo scopo di insaporire l'olio. Alla fine togliere l'aglio. Mettere anche a scaldare a parte la crema di carote. Nel frattempo la pasta dovrebbe essere ormai cotta ben al dente. Scolare gli spaghetti, tenendo da parte un mezzo bicchiere d'acqua di cottura, e metterli in padella dove c'e' l'olio insaporito. Padellare un minuto a fuoco alto, poi aggiungere l'acqua di cottura nella quale si sara' fatto sciogliere la curcuma. Padellare alquanto, per far ritirare il liquido e far diventare la pasta ben croccante, quasi dura. Mettere la crema di carote sul fondo di ogni piatto, a specchio.
Prelevare gli spaghetti con le apposite pinze, in modo da scolare l'eventuale olio in eccesso, e impiattare. Sopra, far cadere i pezzettini di carote che si erano tenuti da parte e la buccia di limone grattugiata.






















Istruzioni per l'uso: dopo aver ammirato il gioco di colori armatevi di forchetta e dateci dentro. All'assaggio si notano diversi contrasti: l'aromatico amarognolo della curcuma con il dolcino delle carote, poi la croccantezza della pasta (dovrebbe quasi scricchiolare) con l'avvolgente morbidezza della crema di carote, il cricchiare sotto i denti dei pezzettini di carote e la freschezza del limone.






















Insomma un festival di contrasti. Piatto -tutto vegetariano- che a noi e' piaciuto moltissimo, tanto che io e Anna Maria ce lo siamo mangiato anche freddo, dopo le foto di rito. Ce lo siamo mangiato in piedi, ognuno attingendo velocemente con la forchetta al piattone di portata.
Al solito, alle ultime forchettate abbiamo rallentato il ritmo, in modo da poter dire, con finto disinteresse: "finisci pure tu...".
Scherzi a parte: era buonissimo, specie il contrasto tra il croccante della pasta e la morbidezza della crema. Che soddisfazione che da' un bel piatto di pasta!

Hasta la pasta a tutti :-)

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19/07/10

Ginger-Melon-Mango salad



















Cosi' si chiamerebbe nei paesi di lingua anglosassone. Da noi e' un'insalata rinfrescante e un filino piccante fatta con melone e mango.
In questi giorni estivi e' difficile aver voglia di accendere forno e fornelli, ecco quindi che i piatti freddi vanno per la maggiore.
Pero' (c'e' sempre un pero') le insalate alla lunga sembrano tutte uguali, varrebbe la pena di provare una versione un po' piu' appetitosa.
Ho messo insieme del melone (popone, in toscano), del mango e degli aromi vari. Il mango e' di origine indiana, e la' viene usato per preparare un tipo di chutney piccante, l'Avakkai manga.
Tempo fa mi hanno fatto notare come nei vari paesi del mondo i cibi divengano sempre piu' piccanti via via che la temperatura ambiente sale. Pare che la piccantezza serva per risvegliare l'appetito, che altrimenti il caldo smorzerebbe. Insomma, un trucco della natura per farci nutrire anche quando il caldo ce ne toglierebbe la voglia.
Ora pero' rilassatevi, con questa ricetta noi vogliamo rinfrescarci, non restare a bocca aperta e sguardo fisso, bloccati dal piccante.
Vogliamo rinfrescarci e gustare dei sapori appetitosi. Potete gustare quest'insalata come antipasto o, aumentando le dosi, come piatto forte rinfrescante.





















Certo' pero' che, visti i giorni caldi che stiamo vivendo, un pizzichino di qualcosa per insaporire....



Ingredienti per 2 persone
Un melone (popone) retato
1 Mango maturo, ma bello sodo.
Zenzero in polvere
Coriandolo in semi
Succo di limone

Preparazione
E' velocissima. Per evitare cambi di sapore nel tempo dovuti all'ossidazione e' raccomandabile prepararla poco prima di metterla in tavola. Sia melone che mango devono essere freschi, non freddi, vanno cioe' tolti dal frigo almeno un'ora prima.
Sbucciare e dividere a fette sia il melone che il mango. Il nocciolo del mango (il seme) e' molto duro, si dovra' girarci attorno.
Accomodare le fette nel piatto di portata e cospargerle con poco succo di limone. Poco, secondo me, altrimenti il sapore del limone sovrasta e copre gli aromi dei due frutti.
Quindi spruzzare di zenzero in polvere e macinarci sopra abbondantemente dei semi di coriandolo.
Niente olio, che coprirebbe di un velo gli spicchi dei frutti e ne sopprimerebbe gli odori: un piatto si deve gustare anche con l'olfatto. Niente sale, perche' sia lo zenzero (ginger) che il coriandolo esaltano gia' a sufficienza i sapori dei frutti.
Niente letto di verdurine: troppi sapori confondono il palato. Consumare l'insalata cosi' come descritta, "in purezza".
Vista adesso questa ricetta sembra semplice, ma ho dovuto fare diverse prove per accostare -col giusto grado di equilibrio- sia sapori che profumi. Assaggiate, lo sentirete da soli.




















All'assaggio i sapori dei due frutti, melone, col suo dolcino, e mango, col suo asprigno aromatico, si fondono in un insieme delizioso: il casalingo sapore del melone con l'esotico e subtropicale sapore del mango.
Lo zenzero (della stessa famiglia botanica del mango) da' la punta di piccantezza che risveglia le nostre papille impigrite dal caldo, mentre il coriandolo macinato sprigiona un aroma orientaleggiante e leggero.

Fresca, saporita e a zero grassi: provatela.

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15/07/10

Non ho balìa....

Non ho balìa.... Con l'accento sulla i.
"Balìa" e' un toscanismo, dire che non ho balìa significa che sono senza volonta', non ho forza mentale, non ho voglia di far niente.
E' il caldo che mi ha tolto la balìa, in questi giorni si fa fatica anche a pensarla una ricetta nuova, figuriamoci a sperimentarla.
E siccome la ricetta che propongo oggi e' imbarazzantemente semplice e povera provero' a rivestirla di parole, nel tentativo di rendere questo post un po' piu' leggibile. Pero' la ricetta c'e', in fondo, ma c'e'.

Torniamo alla famosa 'Balìa'. Da Wikipedia: "è un termine di origine francese antico, adottato nelle repubbliche di Firenze, Siena e Perugia con significato di territorio amministrato, signoria, potere, autorità". Il termine per la prima volta e' riportato in uno scritto del 1213.
Nei secoli il termine e' rimasto prima per la sola Toscana, poi per una parte di essa. Un territorio, quindi una balìa, veniva amministrato dal punto di vista della giustizia dai "balivi", che essenzialmente erano dei magistrati con autorita' sulle forze di polizia. Il termine balivo e' sopravvissuto fino a oggi, ma fuori d'Italia: ha cambiato il suo significato ed e' oggi di solito attribuito all'ufficiale giudiziario che si presenta per i pignoramenti. Ma questa e' un'altra storia.
Nella Firenze del medio evo e del rinascimento c'erano allora dei magistrati che curavano l'applicazione della giustizia e dell'ordine pubblico. Ogni magistrato curava una parte della balìa e sotto di se' aveva piu' ufficiali di polizia, ognuno con una cinquantina di sbirri (o birri) per l'applicazione delle misure di giustizia.
E' interessante notare che mentre i magistrati di balìa erano cittadini, scelti tra quelli piu' rappresentativi e fedeli al signore del momento, gli ufficiali di polizia non dovevano essere cittadini, ma residenti almeno "quaranta miglia lontano".
Gli sbirri erano giovanotti senza arte ne' parte, scelti per la vigoria fisica e controllati strettamente dall'ufficiale. Come dire "il braccio e la mente".
Qua sotto una bellissima foto della Colonna della giustizia di Piazza Santa Trìnita a Firenze. (Trìnita con l'accento sulla prima 'i' e non Trinita', a Firenze ci piace giocare con gli accenti). La foto e' pubblicata con licenza dell'autore, Yair Haklai.




















La bilancia rappresenta il potere della magistratura della balìa, bilancia che deve pesare torti e ragioni, la spada quello della polizia, che deve applicare, anche con l'uso della forza, le decisioni dei magistrati di balìa.

A Firenze i magistrati di balìa erano otto, da cui il nome di "Otto di Balìa", o anche Otto di Guardia.
Dal 1500 circa, sotto Cosimo de' Medici, la balìa fu ridotta al solo territorio della citta' di Firenze e i magistrati, che prima erano eletti, furono estratti a sorte dall'apposito ufficio della "Segreteria delle Tratte" (a sorte). Naturalmente venivano considerati eleggibili, e quindi considerati dall'ufficio della "Segreteria delle Tratte", solo i cittadini che avessero il gradimento del signore del momento.
Gli Otto di Balìa avevano anche il compito di emettere ordinanze, o decreti, che avessero come scopo il mantenimento dell'ordine pubblico e del decoro, secondo il metro dell'epoca.
Chi contravveniva alle ordinanze veniva preso dai birri e portato davanti agli Otto di Balìa e da loro giudicato. La pena era sempre a scelta, tra una grossa multa e delle punizioni fisiche, anche serie. La prigione non era contemplata, in quanto si giudicava troppo costoso mantenere dei prigionieri, per cui o il reo imparava alla svelta o si trovava veramente nei guai, fino all'impiccagione pubblica.
Tra le ordinanze ve ne erano di curiose, perlomeno ai nostri contemporanei occhi, anche se, tutto sommato, tanto curiose poi non sono.....
Ne riporto alcune, copiate da Wikipedia: erano ordinanze che, in zone ben precise...

-- vietavano i giochi d'azzardo o i giochi "strepitosi" (rumorosi), come le "pallottole" (antesignano delle bocce), la "pilotta", la "ruzzola" o le "piastrelle" (in Piazza del Giglio e presso la Badia Fiorentina)

-- vietavano di suonare o cantare canzoni (chiasso delle Misure, chiasso del Bene, via dei Giacomini, via del Fiordaliso, ecc.)

-- vietavano di usare per il bucato la fontana del Nettuno, in Piazza della Signoria

-- vietavano di vendere "cocomeri" davanti a palazzo Strozzi (indicando un po' spazientitamente come fosse destinata a tale attivita' la piazza di Santa Maria Novella)

-- vietavano di "vendere e tenere bestie" (via San Gallo)

-- vietavano di orinare (Piazza San Lorenzo)

-- vietavano il meretricio (via del Fico, via Guelfa, vicino alla chiesa d'Ognissanti)

Le ordinanze, o decreti, venivano pubblicate su lastre di pietra scolpite e murate nelle vie della zona soggetta all'ordinanza. Nessuno poteva dire "non lo sapevo": erano scolpite nella pietra, sotto gli occhi di chiunque passasse.
E' interessante notare come nella Firenze dell'epoca il tasso di alfabetizzazione fosse altissimo: Firenze e' sempre stata citta' di mercanti, quindi ben attenti a leggere, scrivere e far di conto. Quelli che non sapevano leggere se le facevano subito tradurre da un passante, per prudenza.

A saperle cercare di queste lastre scolpite a Firenze se ne trovano ancora molte, anche se la "pietra forte" (varieta' di pietra serena detta "macigno") con i secoli si sta rovinando e rende pian piano le scritte difficilmente leggibili. Ma chi e' ormai che si ferma a guardare queste lastre?

Qui sotto una foto della lapide del 1742 relativa alla proibizione di giocare a pallottole (a bocce) o altri giochi rumorosi in Piazza del Giglio. Da notare che le bocce di per se' non sono rumorose, lo erano invece i giocatori che litigavano a voci altissime sull'attribuzione dei punteggi "Ha levato: i' punto e' mio!" "Noeee, un'ha levato.. un'tullo vedi che c'e' un metro", e cosi' via.




















E qui sotto invece una lapide del 1635, contro il meretricio (accanto alla chiesa d'Ognissanti), segue trascrizione.















Trascrizione: "Per comandamento degli otto della balìa di Firenze, hanno fatto decreto sotto il di' 26 Settembre 1635 che vicino a 300 braccia a questa chiesa d'Ognissanti non abitino donne di mala vita con pena a chi non obbedisce d'essere subito cacciate e buttategli le robe nella strada e ai padroni delle case d'averle spigionate per due anni e arbitrio del magistrato. Stefano Cupres cancelliere".

E' anche interessante la pena comminabile ai padroni di casa che affittavano alle meretrici (le donne di mala vita): venivano "spigionati" per due anni, ossia si impediva loro di affittare i locali, e percio' riscuotere "la pigione" (l'affitto) per due anni.
In questo modo, toccando la tasca ai padroni di casa, si era abbastanza sicuri del rispetto del "comandamento".
E' anche interessante che le "signore di mala vita" non venissero neanche multate, ma solo cacciate di casa. Lascio a chi legge riflettere sui perche' di questa diversita' di trattamento.

Concludo, anche perche' prima o poi una ricetta la devo pur pubblicare.
Chiedo perdono per eventuali castronerie o dimenticanze, dato che questi sono ricordi di scuola -tanti, tanti anni fa- e la memoria mi comincia a fallare (tanto per restare in tema medievale). Qualche altra notizia viene da Internet, notoriamente non affidabile al 100%

Veniamo alla ricetta. Mi chiederete: "Si, vabbe', ma che c'entra la balìa con la poca voglia di cucinare?". Semplice, negli anni la balìa e' stata identificata con l'autorita', cioe' con la forza. Ecco, io in questi giorni di gran caldo non ho la forza di produrre niente di originale.



Riso basmati con gelo di pesto

























Ingredienti per 2 persone
200 gr di riso Basmati, non Jasmine, se possibile (vedi ALTRO MIO POST )
Pesto alla genovese
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaio da cucina di Kanten in fiocchi
Foglie di basilico, per guarnire

Preparazione
Per il pesto: frullare gli ingredienti (non vorrete mica tutta la spiegazione su come fare il pesto, vero? Ho gia' detto che non ho balìa).
Mettere qualche cucchiaio d'acqua in un pentolino, far bollire, spegnere, versare i fiocchi di Kanten e mescolare fino a far sciogliere i fiocchi. Se del caso usare pure un minipimer.
NOTA 1 - il Kanten consiste in pezzi d'alga tritati, si acquista anche in erboristeria. Anche se e' piu' scomodo da far sciogliere lo preferisco da quando mi hanno detto che quello in polvere (agar-agar) puo' essere "tagliato" con sostanze estranee.
NOTA 2 - Se avete sottomano altri gelificanti, di tipo professionale, fate pure, l'importante e' che funzionino. A proposito di ingredienti professionali: date un'occhiata QUI alla pagina gelificanti del catalogo Sosa e pensate agli svantaggi di essere dei dilettanti di cucina.
Mentre l'acqua col kanten e' ancora calda mettere il pesto a scaldare a parte. Prima del bollore, o comunque dopo i 75 gradi, spegnere e versare l'acqua col kanten sciolto. Mescolare molto bene e far raffreddare fino a che faccia fatica a colare dal pentolino. A quel punto appoggiare un coppapasta su un piattino e versarci il pesto. Quando a temperatura ambiente schiaffare in frigo per la definitiva solidificazione. Lasciare almeno mezz'ora.
Mettere il basmati a cuocere in acqua NON salata, ma nella quale si sara' sciolto lo zenzero in polvere (1 cucchiaino). Far andare fino a mezza cottura, e anche meno, quindi scolare bene, allargare su un vassoio e salare dall'alto. Quando a temperatura ambiente usare un altro coppapasta (di diametro identico all'altro usato per il pesto) e farcirlo per un paio di cm con il basmati, direttamente nel piatto di portata. Prendere con cautela dall'altro piattino il disco di pesto ormai gelificato e sovrapporlo alla strato di basmati gia' presente. Fare quindi un altro strato di basmati, fino al top del coppapasta.























Avrei anche potuto fare piu' strati basmati/pesto, o anche aggiungere uno strato gelificato di un altro colore, magari con gel di carote: sarebbe venuto un bell'effetto coreografico, ma come ho detto in questo periodo non ho balìa.

Rimettere in frigo, ma nella zona meno fredda, giusto per mantenerlo. Al momento di servire sfilare il coppapasta e guarnire con foglie di basilico e magari con fette di pomodoro e un filo d'olio evo.

























Consumare fresco, non freddo, infilando la forchetta e demolendo pian piano questa saporita torretta (vegetariana, tra l'altro).
Il sapore? Ditemi voi. A noi e' piaciuto molto.

A presto :-)

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12/07/10

Veloce, Nuova, Gustosa... ma soprattutto rinfrescante


















E' un'insalata che puo' servire da antipasto, oppure aumentando le dosi da piatto unico serale. Come che sia, e' un piattino nutrizionalmente completo, con un sapore che ritengo nuovo e intrigante, fresco e leggero.
Ero davanti al frigo aperto e scrutavo cosa c'era, nel tentativo di farmi venire un'idea. Cercavo bonta' e semplicita'. Voglia di accendere i fuochi uguale a zero e allora....

Ingredienti
Spicchi di cocomero (anguria) di frigo
Trancetti di grana
Foglie di menta

Preparazione
Non e' che ci sia da raccontare un granche': basta tagliare dei pezzetti di cocomero, dei trancetti di grana e accomodare il tutto in piattini sfiziosi, cospargendo con foglioline di menta. Niente condimenti.
Istruzioni per il consumo: usare rigorosamente (e, aggiungo, goduriosamente) le dita, prendere un po' di tutti e tre gli ingredienti e portarli alla bocca, gustandoli insieme.























La cosa piu' difficile e' convincere i commensali a gustare gli ingredienti insieme, in particolare a mangiare le foglioline di menta cosi' come sono. Se lo fanno vedrete degli occhi persi nel vuoto, mentre stanno cercando di capire se la novita' piace loro o no.
Tranquilli, gli piace, gli piace.... Anche la nostra amica condominiale, che e' stata convinta a fare da cavia, e' uscita dicendo: buonissimo, lo faccio stasera come antipastino sfizioso.




















Tutto deve essere molto fresco, ma non gelido.

Provate, e magari riportatemi se i nuovi sapori sono stati graditi :)

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09/07/10

Pasta e fagioli? Buona... me ne taglia una fetta?




















Si, e' pasta e fagioli, la buona vecchia pasta e fagioli. Con qualche piccola modifica :)
Intanto la foto di apertura: l'ho fatta cosi' di proposito, magari -ho pensato- qualcuno la scambia per del pecorino. Pero' poi non ho resistito e ho svelato l'imbroglio gia' nel titolo...
Pasta e fagioli, dunque, ma solida, da mangiare fredda in queste sere bollenti, da scavarci dentro col cucchiaino, non col cucchiaio, cosi' dura di piu'.
Quella in foto e' una monoporzione, ma nessuno vieta di farla, sempre solida, come una grande torta da dividere tra i commensali tagliata a fette.

Nella foto che segue si vede il ciotolino monoporzione prima dello sformo: visto che e' davvero pasta e fagioli?





















Passiamo alla ricetta. In buona sostanza rispetto alla tradizione ci sono tre vere modifiche: il soffritto di sedano -tanto- per dare un diverso profumo all'insieme, e l'aggiunta di un addensante naturale, l'agar-agar, per dargli una forma stabile. E infine cuocere separatamente la pasta, ma nel brodo. Si', come ricetta e' un tantinello iconoclasta, ma il risultato vi ripaghera', fidatevi.

Ingredienti, per 2 porzioni
400 gr. fagioli cannellini, pesati cotti
140 gr di pasta piccola, quasi formato brodo
1/4 di cipolla
2 grosse coste di sedano
25 gr di prosciutto (gambuccio)
Poco peperoncino rosso
1/2 bicchiere vino bianco, no tavernello
1/2 cucchiaino di concentrato di pomodoro
Brodo di carne, per la cottura della pasta

Preparazione
Cuocere i fagioli cannellini, con spicchi d'aglio e abbondante salvia. Non salare. Conservare un po' d'acqua di cottura.
Tagliare il prosciutto a cubetti di mezzo cm. Tritare finemente sedano e cipolla a farli soffriggere in olio evo e poco peperoncino (no semi). Aggiungere poi il mezzo bicchiere di vino bianco e la dadolata di prosciutto. Nota: se avessimo aggiunto il prosciutto nel soffritto tutto il suo buon sapore si sarebbe trasferito nell'olio e sarebbero rimasti dei dadini duri e senza sapore. Aggiungendoli insieme al vino, che e' per la maggior parte acqua, molti dei buoni sapori del prosciutto restano dentro e quando, mangiando, si troveranno i dadini di prosciutto se ne sentira' il buon sapore.
Nel frattempo mettere a cuocere la pasta nel brodo (fidatevi) e toglierla molto al dente conservando un po' di brodo. Quando il vino e' avaporato per meta' aggiungere i fagioli e far andare mescolando per un 5 minuti. Quindi aggiungere un bicchiere o due di acqua calda o di acqua di lessatura dei fagioli e il mezzo cucchiaino di concentrato e far andare a fuoco medio per 3-4 minuti, agitando spesso. Travasare in un buon mixer, aggiungere 2 cucchiai di agar-agar in polvere o in fiocchi e frullare a oltranza, eventualmente aggiungendo altra acqua. Deve risultare una crema molto fluida. Assaggiare, regolare di sale e frullare ancora per un minuto.
Rimettere tutto in pentola, aggiungere la pasta e un po' di brodo di cottura e far andare ancora 3-4 minuti spadellando, senza mescolare per evitare di rompere la pasta.
Travasare nelle ciotoline individuali e far raffreddare. Eventualmente foderare le ciotoline con foglio di plastica per alimenti, giusto per facilitare lo sformo, anche se a me lo sformo e' sempre andato bene, per via che l'interno, quando freddo, e' ben solido e compatto. Quando i ciotolini sono a temperatura ambiente schiaffarli in frigo fino a una decina di minuti prima del consumo.
Sformare in piatti individuali con un giro d'olio a crudo, magari contornando con foglie di salvia. Consiglio di servire con cucchiaini, non con cucchiai.





















Passato il primo momento di sorpresa i commensali vi faranno i complimenti per l'idea e per i sapori. Ma sapori a parte queste monoporzioni, presentate fresche di frigo, sono un vero ristoro in queste serate bollenti e afose. Sara' come cenare col gelato, ma con i buoni vecchi sapori tradizionali.
Come idea va bene anche per cene in piedi o, diminuendo le dosi, come antipasto sfizioso.

Provate, e fatemi sapere com'e' andata :)

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07/07/10

Corra'.... facaldo!!








































Si, il caldo e' arrivato, quello vero. Quello svuotacervelli, quello che inibisce molte voglie, ivi inclusa quella di accendere forni e fornelli.
O si va al ristorante (e cosi' il caldo dei fornelli se lo becca qualcun altro) o si va di piatti freddi.
Quindi cerco di improvvisare qualcosa di fresco e di pronta presa (che nient'altro sarebbe se non il buon vecchio "acchiappa e mangia").
Ieri sera abbiamo mangiato fette di pane leggermente abbrustolito, spalmate di burro salato e con sopra una fetta di salmone affumicato. Una macinata di pepe e via andare, niente olio al limone. Si, lo so che pensavate che lo avrei messo anche li', ma mi sono astenuto.
E di dessert, senza ricadere nel solito gelato? A proposito: avete mai guardato nel retro di una gelateria? Io ho visto passare dei gran sacchetti con polveri misteriose. Mah....
Per il nostro dessert sono stato stuzzicato dalle tante preparazioni a base di albicocche viste nei vari blog, ve ne cito tre tra le tante: quella di Pan con l'olio, quella di Foto e fornelli e quella di Ombra nel portico: robe spaziali!!!.
Io ho pensato di fare qualcosa di simile, ma siccome "facaldo" niente fornelli o forni, quindi qualcosa di superveloce e con ingredienti freschi (freddi).
Le albicocche, certo. Sono nel pieno della stagione. Poi un asprino yoghurt greco, quello famoso, credo si chiami Total, quindi rifiniture varie.
Nota sulle foto: ho cercato fino allo sfinimento nei vari armadi un piatto nero che sapevo esserci, per variare un po' la presentazione e accontentare una mia amica, ma non l'ho trovato. Sara' per la prossima volta.
Altra nota, sulla mia assaggiatrice e critica suprema: ha assaggiato le due preparazioni con espressione guardinga, poi a cena le ha -diciamo cosi'- molto gradite.

Ecco due ricettine, semplici al limite dell'imbarazzo....



Albicocche con yoghurt greco e uvetta

Ingredienti per 2 persone
4 albicocche
1 vasetto di yoghurt greco colato da 170 gr
2 cucchiaini di zucchero
Un pugnello di chicchi di uvetta secca

Preparazione
Mettere l'uvetta a bagno in un vino liquoroso (io ho usato del Recioto, ma Passito o Marsala vanno altrettanto bene), eventualmente intiepidendo il tutto un minuto a fuoco basso. Lasciare a bagno un'oretta. Tagliare in due le albicocche e denocciolarle. Lavorare per un paio di minuti lo yoghurt con lo zucchero e meta' dei chicchi di uvetta.
Con un sac à poche o una siringa da pasticcere, entrambi con una bocchetta ben larga altrimenti l'uvetta non ci passa, riempire le mezze albicocche. Guarnire con i restanti chicchi di uvetta e mettere in frigo per almeno una mezz'ora.
All'assaggio si notano le diverse consistenze e il piacevole contrasto tra il dolce dell'albicocca e l'asprino dello yoghurt greco. L'uvetta aggiunge una punta di golosita'.
Per consumare questo fresco dessert prendere con due dita una mezza albicocca, portarla alla bocca e fare gli opportuni gemiti di soddisfazione :)



Albicocche come sopra, ma anche con caffe'

Ingredienti per 2 persone
Come sopra, ma...
1 cucchiaino di zucchero in piu'
1 cucchiaino di polvere di caffe', anche liofilizzato, se piace

Preparazione
Come sopra, ma aggiungere la polvere di caffe' allo yoghurt prima di lavorarlo con zucchero e uvetta.
Questo e' un po' meno dolce del precedente e ha in piu' l'aroma di caffe'.
Anche per questa versione prendere con due dita una mezza albicocca, portarla alla bocca e fare gli opportuni gemiti di soddisfazione :)








































Ho scherzato anche troppo, in realta' e' un dessert salutare e fresco, ve lo consiglio.


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02/07/10

Sigarette con legumi croccanti, alici e profumo di limone





















Era da un po' che volevo abbinare pesce, legumi e pasta. Sarebbe stato facile fare uno specchio di legumi frullati e aromatizzati, e su questo adagiare una pasta condita con sugo di pesce. Ma no, io non posso fermarmi alle cose semplici, io devo per forza fare esperimenti (mica sempre gli esperimenti riescono, ovviamente, ma qualche volta....)
In questo caso la difficolta' era rendere piacevole una pasta senza i soliti sughi cremosi, troppo omogenei, volevo invece realizzare un condimento "a secco".
Come legumi ho scelto ceci e fagioli rossi, come pesce delle alici freschissime. Sto cercando dei legumi tipici del napoletano (grazie Giovanna per la consulenza), la prossima volta usero' quelli.
E come "trucco di cucina" dell'olio al limone. Quasi quasi volevo scrivere "trucco dello chef", ma poi ho pensato: stiamo bassi :)))
Come pasta ho scelto dei mezzi ziti gragnanesi, quelli che a Napoli chiamano 'e sigarette. Belli cicciosi e resistenti in cottura.
Andiamo....

Ingredienti per 2 persone
180 gr di ziti-sigarette
6 alici
80 gr di ceci lessati, pesati sgocciolati
80-90 gr di fagioli rossi lessati, pesati sgocciolati
Olio al limone
Peperoncino rosso secco

Preparazione
Pulire le alici, togliendo anche la lisca centrale. Maneggiare con cautela, per non rovinare la bellissima e delicata livrea. Nei piatti il pesce deve luccicare.
Lessare separatamente ceci e fagioli rossi. Separatamente, per consentire a chi mangera' di distinguere i diversi sapori.
Olio al limone: tenetene sempre una piccola scorta in casa. E' una mano santa per ravvivare smorte insalate e aggiungere sapore agrumato in genere, ma in alcuni casi si presta benissimo anche a cucinare. Si puo' pure autoprodurlo, se interessa vedere QUI.
In una padella mettere abbondante olio al limone e un po' di peperoncino rosso secco. Vediamo di non esagerare, vogliamo solo un sentore di piccantezza, non di piu'.
Salteremo separatamente ceci, fagioli rossi e alici, queste per ultime.
Salare sia ceci che fagioli rossi e saltarli -separatamente- a fuoco vivo, per 5 minuti circa. Lo scopo e' asciugarli e, di piu', renderli belli croccanti. Dopo saltati, ceci e fagioli si possono pure rimettere insieme, ma a parte, fuori dal fuoco. Se dopo ogni salto il fondo di olio al limone pare troppo ritirato se ne deve aggiungere ancora.
Per cuocere le alici queste vanno appoggiate dalla parte interna per non rovinare la pelle delicata (nei piatti il pesce deve luccicare, etc. etc.). Il fuoco non dovra' essere troppo vivo, basteranno un paio di minuti. Salare solo alla fine, in modo da conservare i succhi con il sapore del mare. Tenere le alici a parte.
Mentre le sigarette-ziti stanno cuocendo, in una padella grande abbastanza da accogliere la pasta mettere 4 cucchiai di olio al limone e 5 cucchiai di acqua. Far andare a mezzo fuoco agitando molto la padella, in modo da formare un'emulsione olio-acqua. L'emulsione e' un'accorgimento di Salvatore Tassa, noto chef ciociaro, e serve a mantecare la pasta, aggiungendo una patina gustosa e traslucida.
Cuocere gli ziti ben al dente (c'e' bisogno di ricordarlo?), scolarli e saltarli un minuto nell'emulsione, insieme a ceci e fagioli rossi. Impiattare e coprire con le alici, lasciando la pelle in bella vista.




















Visto che bei colori?
All'assaggio si potranno apprezzare cinque diversi sapori: gli ziti belli corposi, i ceci, i fagioli rossi, il mare delle alici, l'agrumato dell'olio. Ogni forchettata vi fara' distinguere e apprezzare separatamente i diversi sapori, che in bocca si fonderanno piacevolmente. Questo condimento "a secco" consente proprio di separare e apprezzare i diversi sapori. Notare anche il contrasto di consistenze tra la croccantezza dei legumi e la morbidezza delle alici. Su tutto, l'aroma agrumato del limone.
Piatto che si presenta anche bene, vero?

Una novita' gustosa, che vi consiglio :)

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