13/07/13

Etouffée di gamberoni imperiali, cucina creola per Siena & Stars
















Ecco la terza ricetta per il Contest di Patty, per Siena & Stars,
Per questa terza ricetta mi sono ispirato al Jazz di New Orleans e, come logica conseguenza, alla cucina creola.
Del resto lo stesso Jazz ha alcune delle sue radici nella musica creola che si suonava a New Orleans nei primi anni del 1900:  "The music called jazz emerged as a fruitful interaction between black folk music in the USA, often derived from the plantations and rural areas, and black Creole music based in urban New Orleans.....The recordings made by Joseph ‘King’ Oliver’s Creole Jazz Band in the early 1920s were one of the most influential fonts of jazz, which subsequently spread to other parts of the USA before spreading worldwide" (fonte: The University of Warwick, 2007, Department of Sociology).   Riporto una fonte esterna perche' non sono esperto di Jazz, io sono un tipo piu' da blues.
Ma questo non c'entra, torniamo alla cucina della Louisiana.  Avevo gia' pubblicato una ricetta di Gumbo, QUI ,  una ricetta popolare in Louisiana e in particolare del bayou, ma quella era tipica cucina cajun, anche se rivisitata da me.
Mentre le cucine cajun e creola hanno una radice comune a quella francese   -anche se col tempo si sono omologate ai gusti e agli ingredienti USA-  tra di esse ci sono delle differenze.
La cucina cajun e' una cucina di bianchi, cresciuta al di fuori della citta', nel bayou.  Il bayou non e' proprio una palude, ma gli somiglia, essendo un insieme di corsi d'acqua che scorrono lentissimamente, quasi fermi.
La cucina cajun, e' piuttosto provinciale e rustica.  In essa si cucinano oltre al pesce e ai crostacei (di fiume) anche, e talvolta insieme, diversi tipi di carne.  Come maiale, opossum, scoiattolo, e anche (dicono) serpente.  Se volete un esempio della rusticita' della loro cucina guardate questo filmato di una sagra cajun, QUI
Nella cucina cajun la parte piccante e' preponderante.  Ne sono testimone per aver assaggiato un bruciante Gumbo in versione originale, come ho raccontato nel post gia' citato.
A differenza della cucina cajun la cucina creola e' cucina di meticci (loro si definivano "Too White to be Black, Too Black to be White"), ed e' stata molto influenzata dalla maggiore accuratezza e raffinatezza delle cucine di citta', specie di quelle di famiglie di livello medio-alto.  Citta' che sono spesso di mare, come New Orleans, dove l'ingrediente principale e' il pesce.  La cucina creola e' molto speziata e decisamente meno piccante di quella cajun.
Anche nel modo di cucinare le due cucine sono diverse: in quella cajun il roux e' scuro e denso, mentre in quella creola e' biondo o addirittura e' mancante.
Poi, col passare degli anni, le due cucine si sono scambiate ingredienti e tecniche di cottura, tanto che molto spesso e' difficile decidere se una certa ricetta sia piu' cajun o creola.   Teniamo presente che la donna media americana vuole risparmiare tempo e quindi compra ingredienti preconfezionati e precotti, prodotti dalla grande industria. Si capisce allora come i sapori possano sembrare tutti uguali.
Sul risparmio di tempo in cucina, tanto per dirne una, sappiate che il roux e' spesso disponibile nel banco surgelati dei supermercati, in diverse gradazioni di cottura.  Come se mescolare burro e farina per 10 minuti fosse troppo scomodo o time consuming.
Un po' come si vede da noi in TV l'abitudine e' piuttosto quella di assemblare componenti gia' pronti, o semi pronti, aggiungere qualche salsa, anch'essa gia' pronta, scaldare et voila, a tavola.  Almeno qui da noi un fornello lo vediamo accendere, mentre in USA l'elettrodomestico piu' importante e' il microonde.   Dimenticavo il freezer, pardon.
Non e' che ce l'ho con la cucina USA, e so che anche da noi ci stiamo avviando su quella strada, ma almeno io oppongo resistenza.
Cito, da un mio precedente post: < Ricordo che spiegavo come ottenere un buon risotto a un'amica/collega americana, una di quelle donne managers tutte carriera e pochissima famiglia (se ce l'hanno), una di quelle che con la scusa del poco tempo ingurgitano e fanno ingurgitare le cose piu' orrende e insalubri.    E poi si stupiscono se ingrassano e se dopo i 40 sono candidate all'infarto. 
Se e' per questo anche le normali casalinghe americane, quelle cioe' che non hanno la scusa del lavoro che assorbe tempo e pensieri, che siano o meno "disperate", non vogliono perdere tempo a cucinare.
Sapete cosa mi disse l'amica quando le spiegai che doveva spendere del tempo, non solo a preparare i pochi ingredienti, ma soprattutto a star ferma una ventina di minuti a curare il suo risotto?  Mi disse: "ma io ho altro da fare nella vita che stare a mescolare un risotto".
Quando le dissi che pero' alla fine avrebbe mangiato qualcosa di molto buono rispose, facendo del tragico umorismo: "Oh, dear, io non mangio, mi nutro".    A distanza di tempo non ricordo come commentai, di sicuro avro' pensato "E allora schianta!!
" >.

Ora che vi siete sorbiti questo pippotto, passiamo alla ricetta.
 
L'étouffée di oggi e' una ricetta indissolubilmente legata a New Orleans, cosi' come il panino col lampredotto lo e' a Firenze, tanto per capirsi.
Il termine étoufée viene dal francese e significa "sommerso", "affogato".   Ovviamente la ricetta e' stata da me rivisitata, sia per adattarla agli ingredienti di qui, ma anche perche' altrimenti io non sarei io.
L'esecuzione richiede qualche preparativo (e se non vi piacciono i preparativi mangiate roba precotta), ma poi e' di facile realizzazione, e il risultato e' davvero ottimo.






















Ingredienti per 4 persone

1 cucchiaio da cucina di "Creole Seasoning" - Preparato in anticipo
3 decilitri di "Crema di pomodoro" - Preparata in anticipo
24 gamberoni imperiali
4 cucchiai burro
4 cucchiai farina
1 cucchiaino di sale
150 gr cipolla (pesata tritata)
150 gr sedano (pesato tritato)
150 gr peperone rosso (pesato tritato)
5 cucchiai di olio e.v.o.
1 bicchiere vino bianco
4 spicchi aglio
1 litro di brodo di verdura
Un pizzico di scorza di limone o di lime grattugiata.
Prezzemolo fresco tritato (per impiattamento)
Cucchiai di riso bollito (per impiattamento)


Creole Seasoning  (condimento creolo)
Premesso che quasi ogni famiglia ha il suo particolare "Seasoning", e anche che alcuni ingredienti da noi sono difficili da trovare, ho fatto diverse prove ed ecco quello che secondo me rispecchia al meglio l'anima creola:
1 cucchiaino da te' di pepe nero in grani
2 cucchiai da cucina di semi di finocchio
4 cucchiai da cucina di paprika dolce
1 cucchiaio da cucina di paprika forte
2 cucchiai da cucina di origano secco
1/2 cucchiaino da te' di peperoncino in polvere
1 cucchiaio da cucina di alloro secco
1 cucchiaino da te' di timo secco
1/2 cucchiaino da te' di timolimone secco
Mettere tutto in un frullatore a far andare finche' si ottiene una polvere finissima.
Conservare in barattolo, piccolo abbastanza da lasciare poca aria.


Crema di pomodoro (i 3 dl. necessari)
Nella cucina creola si dibatte se il pomodoro debba farne o meno parte. Secondo me in questa ricetta di étouffée il pomodoro ci vuole:
   400 gr di pomodorini "Pizzutello" ben maturi e succosi
   4 cucchiai da cucina di olio e.v.o.
   1 cucchiaio da cucina di zucchero
   1 cucchiaino da te' di sale
   2 cucchiai da cucina di vino bianco
Fare i pomodori a concasse'.  Mettere concasse', olio evo e zucchero in una casseruolina.
Far andare 4 minuti a fuoco vivo con coperchio e 3 minuti senza coperchio, mescolando spesso.
Al termine salare, aggiungere il vino bianco e far andare ancora per 1 minuto, mescolando.
Frullare a oltranza.    Assaggiare e regolare, se del caso, di sale.
Usare entro 2 gg (frigo).


Preparazione dell'étouffée
Preparare almeno un litro di brodo di verdura, meglio se di piu',  e tenerlo in caldo.   Cuocere del riso al dente in acqua salata e farlo asciugare e raffreddare allargandolo su un panno steso.
Cuocere a vapore i gamberoni, gettare via la testa e sgusciarli (quando sono freddi. Mai provato a sgusciare dei gamberi bollenti?).    Lasciare la pinna caudale, servira' per afferrarli.
Mentre i gamberoni cuociono tritare finemente cipolla, peperone e sedano e tenere da parte.  Questa e' la famosa Holy Trinity, comune alle cucine cajun e creola: e' la Santa Trinita'.    Tritare l'aglio e tenerlo da parte. 
Fare un roux biondo: in una padellina mettere il burro e farlo bollire un po' a fuoco basso.  La bollitura servira' per far evaporare un po' di acqua e ottenere un roux piu' "rotondo".  Aggiungere la farina setacciata poco per volta, mescolando continuamente.  Continuare la cottura finche'  il roux e' di colore marrone molto chiaro e la farina e' cotta.  Togliere il roux dalla padella e tenerlo da parte.
In un'altra padella, questa almeno da 30 cm, mettere l'olio e la Holy Trinity.   Far soffriggere a fuoco medio, senza bruciare la cipolla (indovinate perche' faccio questa precisazione?  Gia'....).
A meta' del soffritto aggiungere l'aglio tritato.  Quando il tutto e' soffritto aggiungere il vino bianco e il cucchiaino di sale.
Far evaporare il vino, aggiungere il roux, amalgamare bene e dopo un minuto aggiungere  la crema di pomodoro.
Far andare un paio di  minuti mescolando.  Occhio, non si deve attaccare.
Dopo di che aggiungere il Creole Seasoning e quasi tutto il brodo di verdura.  Nella ricetta originale si usa il brodo di pollo, piu' delicato di quello di manzo. Io preferisco il brodo di verdura, per stare sul leggero.
Far andare per una ventina di minuti, mentre nella cucina e nelle altre stanze si spandera' un odore di spezie incredibilmente buono.   Anna Maria e' arrivata dicendo "Che profumo. Cosa stai facendo?"
Durante la cottura mescolare molto spesso, in modo che non attacchi (il roux non perdona).
Al termine la Santa Trinita' si sara' completamente ammorbidita, quasi sciolta, e la salsa risultera' appena cremosa, assolutamente non densa.  Ossia deve scendere spedita dal cucchiaio senza essere incoraggiata.   Se del caso aggiungere altro brodo e continuare.
Assaggiare. Se vi sembrasse poco piccante aggiungere un po' di peperoncino in polvere, secondo il gusto personale. Da tenere presente, pero', che il risultato dovrebbe risultare molto speziato e poco piccante.
Aggiungere tutti i gamberoni e far insaporire per 3-4 minuti (i gamberoni erano gia' cotti).  Aggiungere anche 1/2 cucchiaino da te', non di piu', di scorza di limone o di lime grattugiata.     Mescolare o si attacca.
Al termine assaggiare e regolare di sale.

Impiattamento
In ogni piatto fare una corona sottile di riso, che sara' stato cotto in precedenza al dente in acqua salata.  Secondo il mio gusto il riso ruba molto sapore all'étouffée, ma ognuno si regoli come crede.  Magari servite il riso in una ciotolina a parte.  Versare delicatamente l'étouffée, contando 6 gamberoni per piatto, cospargere con un cucchiaino  di prezzemolo tritato. 
Servire caldissimo.
Si mangia con le mani, prendendo i gamberoni per la coda e, secondo me, accompagnando con bocconi di pane bianco (al latte, se possibile) inzuppato nel condimento del piatto.
(com'e' che mangiando con le mani il cibo sembra piu' gustoso?)

















All'assaggio si e' sommersi da aromi e saporiil sugo denso contiene tutti i profumi del "seasoning".  Chi assaggia per la prima volta un'étouffée si blocca istantaneamente nel tentativo di riconoscere i diversi aromi.  Come si illudono!
I gamberoni imperiali danno sapore di mare e contrastano come consistenza con la cremosita' del condimento.
Una delizia, l'étouffée.  Non si smetterebbe mai di mangiarlo.  Alla fine l'occhio spazia, nostalgico, sul piatto ormai vuoto.
Provate l'étouffée, e' davvero squisito, vi fa fare bella figura ed e' anche facile da cucinare.










Come detto questa ricetta partecipa al Contest della Patty per Siena & Stars.












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07/07/13

Ensalada a la Habana - Insalata di riso come a Cuba




















Pensando a Cuba, all'Orchestra Buena Vista Social Club e al contest dell'estate, sui piatti delle Stars, QUI, stamani ho improvvisato un'insalata di riso che e' risultata buonissima, saporita e fresca.
Ho iniziato a pensare agli ingredienti tipici dell'isola e ai preferiti dai cubani e mi sono venuti in mente: il riso (frequentissimo, specie se accoppiato ai fagioli neri), poi il guanciale di maiale (la carne preferita dai cubani), l'avocado (aromatico e fresco) e il lime, che e' il loro limone.
Il piatto ha preso forma nella mente e si e' realizzato in cucina.  Ero solo, Anna Maria era fuori per la mattinata, e nel silenzio ho potuto fare le mie prove in santa pace.
E' venuta fuori una cosa cosi' buona, saporita e leggera che quando Anna Maria e l'amica Graziella sono rientrate l'hanno "assaggiata con piacere".
Leggere: sterminata.
Meno male che avevo gia' fatto le mie foto.


























Ingredienti per 2 persone
200 gr riso Basmati
100 gr di guanciale di maiale
1/4 di polpa di un Avocado
Buccia e succo di un Lime

Preparazione
Lessare il riso Basmati ben al dente.   Il riso che si trova a Cuba e' a chicchi sottili e lunghi, molto simile al Basmati.  Non essendo io a Cuba ho usato il Basmati normalmente reperibile qui.
Mentre il riso cuoce tagliare a striscioline il guanciale di maiale.  Va bene anche il guanciale gia' a strisce che si trova al supermercato, le strisce sono a volte un po' spesse, per cui e' consigliabile ridurle un po' a coltello.
Far andare il guanciale in un padellino antiaderente a fuoco basso, senza pero' arrivare a tostarlo.
Scolare bene il riso, metterlo in una boule e mescolarci il guanciale.  Far raffreddare il tutto, magari anche mettendo un po' in frigo.
Non dovrebbe essere necessario salare, dato che il guanciale e' saporito di suo, ma e' meglio assaggiare e regolare se necessario.
Quando il riso e' freddo spremere un lime piccolo e spruzzarne il succo sul riso.   Sbucciare un avocado e tagliarne circa un quarto a cubetti di un cm.   Questi in foto li avevo fatti troppo grandi, la misura di 1 cm e' perfetta.
Aggiungere i cubetti al riso e mescolare.
Impiattare e cospargere il piatto con la buccia grattata di un lime.    Servire subito, prima che l'avocado annerisca.



















All'assaggio si schiudono in bocca i diversi sapori: il riso, il saporito guanciale, l'asprigno del lime, l'aromatico avocado, con la freschezza della scorza del lime.
E' incredibile che pochi ingredienti, ben armonizzati, producano un risultato cosi' buono.
Un insieme di sapori e profumi tanto fresco e buono che questa insalata cubana e' gia' schedata come uno dei miei cavalli di battaglia.

Provatela, ne vale la pena.





 




Questa ricetta partecipa al contest accoppiato con gli eventi di Siena and Stars, del Luglio Senese.  Il programma e' visibile QUI











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01/07/13

Sorpresa sul confine - Caciosteria























Chi mi conosce sa che io cucino per passione e che non collaboro con fornitori di cibarie e utensilerie, ne' che faccio pubblicita' a locali o altro.  Nessuna polemica, per carita': ogni blogger si comporta come crede, io semplicemente sono fatto cosi'.
Pero' se mi capita di mangiare molto bene, e mi va di parlarne sul blog, allora lo faccio.  Se mi va di regalare una partecipazione di mie ricette a libri di altri (che poi si incassano le percentuali sulle vendite, e' ovvio) io lo faccio.  Come ho gia' detto sono fatto cosi'.

Domenica scorsa per esempio sono stato a mangiare sul confine tra Toscana ed Emilia-Romagna.
Ho mangiato bene e ho apprezzato la passione con cui gli ingredienti sono selezionati e quindi cucinati.  Perche' non parlarne?
C'ero gia' stato tempo fa in comitiva, guidati fin li' dall'amica Emanuela, da noi ribattezzata "Dolce Ema" perche' aveva un laboratorio di pasticceria.  Avevo anche pubblicato due post su di lei e sul laboratorio, QUI e anche QUI

Ricordandomi della cucina ci sono tornato Domenica scorsa insieme alla mia dolce (il piu' delle volte) meta'.
La localita' e' Pavana, nota per essere la residenza di Francesco Guccini, tra l'altro frequentatore pure lui del locale.
Il nome e' Caciosteria, una crasi tra Cacio e Osteria.   Il "cacio" infatti, e' uno dei protagonisti. 
Mimmo, il deus ex-machina della Caciosteria, e' un appassionato, e molto noto, affinatore di formaggi, scelti da tutto il mondo. 
Eccolo qua, accanto al banco di vendita al dettaglio di alcuni formaggi.


















I formaggi non sono la sua sola passione.  Un'altra, per esempio, e' la scelta di ingredienti di ottima qualita' e di sicura provenienza.  O la cura maniacale nell'esecuzione delle sue ricette.  Tanto per dirne una: in cucina l'acqua per la pasta viene salata solo con sale di Cervia.   O anche che i normali coltelli sulla tavola sono della Zwillig....
O le carni, che vengono da un'egualmente nota macelleria del posto, la macelleria Savigni.  Questi allevano cinta senese allo stato brado in appennino e, manco a dirlo, la Caciosteria come cane suina offre quella cinta senese.  E come carne bovina una scelta tra Mora Romagnola e altre razze.  Qua sotto, dovevo farvela vedere, l'entrata della macelleria.

























Alla Caciosteria in cucina lo staff e' femminile, preciso e agguerrito. Eccole qua, le belle, intente a lavorare del formaggio Shropshire per una ricetta di tortelli.  Lo Shropshire, per chi non lo sapesse, e' un formaggio erborinato a pasta arancione di produzione inglese.
La cucina e' tutta espressa, si aspetta un po' ma ne vale pena.



















Qua sotto invece la carta.   Come si vede non e' affatto di quelle chilometriche (che mi riempiono di dubbi quando le vedo).  E' compatta e ben formata.
































E' una carta costruita con passione, con presenze bio e slow-food.  La cinta, poi, e' davvero a km 0, e' allevata poco piu' su, nei monti dietro.


Vabbe', basta dilungarsi.  L'importante e' il risultato nei piatti.    Io come antipasto ho scelto dei crostoncini con formaggio pecorino semifuso e peperoncini canditi.

















Da deliquio: caldi, tra il dolce e il piccante.  Questi li avevo assaporati anche tempo fa, e anzi mi avevano dato l'idea di fare una cosa un po' diversa, una marmellata di peperoncini. 
Ci avevo provato, con risultati tragicomici, vedere QUI.

Come primi abbiamo preso degli Gnudi di Ricotta (di Bufala, ça va sans dire) su specchio di pesto di casa.   Eccoli.

















Grandi (degli "gnudoni"), ben lavorati e freschissimi, si scioglievano in bocca.  Secondo me erano da Stella.  Ho guardato intorno gli altri tavoli: chi li stava assaggiando, e la reazione era sempre la stessa: al primo assaggio si bloccavano e l'occhio guardava lontano, perso.


Altro primo e' stato il Cacio e Pepe, ma il "cacio" era Pecorino di Fossa, e le mezze maniche erano del famoso Senatore.    Una goduria (si puo' dire?).


















Tempo fa avevamo anche degustato un "Coccino di stracciatella al balsamico" che era la fine del mondo, ma questa volta volevamo sentire qualcosa di diverso.

A seguire un Filetto ai ferri, chiesto con cottura media ed arrivato cotto alla perfezione.  Credetemi, io sono esigente sulle cotture ma questo era perfetto.
















Quelle cosine scure altro non sono che sale nero, bello dolce. L'olio che vedete non era stato messo in cottura (orrore),  era invece solo un fine specchio sul fondo, profumato al rosmarino.


Altro secondo e' stata l'Arista di cinta senese, che si scioglieva in bocca.  E la crosticina era da peccato mortale.



















Non abbiamo preso altro, ed e' stato un peccato, ma non c'era piu' spazio.

Alla Caciosteria, infine, si spende circa la meta' di quello che si spenderebbe a Firenze a parita' di qualita' (ecco la sorpresa citata nel titolo).   Il locale ovviamente e' molto frequentato e conviene prenotare.

Dopo avervi fatto vedere qualche esempio segnatevi il posto, e tenetelo caro: Caciosteria QUI.

E non vi ho parlato di Reblochon, di Salumi d'Oca, o del tagliere di formaggi, dove vi mettono davanti un vassoio individuale con in cerchio una decina di diversi formaggi.  Come se fossero le ore di un orologio: si inizia a degustare dalle ore una, con il formaggio piu' delicato, e si prosegue sino alle dodici, con quello piu' forte.

Dopo aver detto che non faccio recensioni vi e' sembrato che quanto sopra fosse esagerato?  Non lo era. 
Non lo era, e se ve lo dico io...