17/07/14
QUESTO E' PIU' BELLO
Dopo il tormentone di #questoepiubello oggi finalmente e' uscito il secondo libro dell'MTC: Insalata da Tiffany.
Il primo era L'ora del paté, un successo editoriale (2000 copie esaurite in sei giorni, la seconda ristampa nel giro di un mese) che ha stupito e fatto rosicare molti addetti ai lavori. Noi consideriamo questo secondo libro addirittura piu' bello.
L'argomento e' fresco, leggero, facilmente reperibile sul mercato e altrettanto facilmente proponibile da marzo ad ottobre: le insalate.
Sono tante: 41 "insalate da Tiffany", ossia le insalate pensate non come contorni o piatti veloci, ma come vere e proprie protagoniste delle nostre tavole, secondo la moda inaugurata da Escoffier &Co al tempo della nascita dell'alta ristorazione.
Seguono poi 53 "pezzi facili", vale a dire insalate nel senso più classico del termine.
L'indice (click per ingrandire)
Le prime sono tutte ambientate nella Belle Epoque, con pezzi d'epoca originali e preziosissimi,le seconde hanno una grafica assolutamente contemporanea, con le illustrazioni della Mai, una MTCina!!
In mezzo, ci sono innumerevoli: emusioni stabili e instabili, aceti, olii, sali aromatizzati, citronette, vinaigrette, maionesi e tutto quanto serve per condire l'insalata in modo da renderla originale e sempre diversa.
Anche per questo libro i ricavi vanno in attivita' benefiche. Ma se volete leggere l'intera storia guardate qua
Vi aspettiamo in libreria !
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01/07/14
Chiaccherata con Marco Stabile, quasi un'intervista
Una bella chiaccherata, quasi un'intervista, con Marco Stabile, chef e patron dell'Ora D'Aria, ristorante stellato di Firenze.
Siamo seduti al tavolo dello chef, appena fuori la cucina, che e' visibile dalla sala attraverso una intera parete di vetro.
Marco e' “in borghese”, senza la sua giacca bianca da chef. Anzi, mi ha chiesto se per le foto volevo che la indossasse, ma ho risposto di no, faremo una cosa senza formalismi. Siamo tutti e due toscanacci, gente alla mano.
Proprio per questo trascrivendo la registrazione della chiaccherata ho riadattato all'italiano qualche toscanismo di entrambi.
In sintesi, abbiamo parlato di....
- Passato e presente della sua cucina. La carriera
- Rapporti con i food blogger, tasto spesso dolente da toccare con gli chef
- Il quinto quarto
- Donne nella ristorazione di alto livello
Che tipo e' Marco Stabile? Alla mano, nessuna supponenza. E' pacato, parla ponderando cio' che deve dire. E anche stuzzicandolo non riesci a fargli dir male di nessuno. Insomma, un tipo estremamente corretto, merce rara oggigiorno.
Parlando con lui si percepisce chiaramente che vede la cucina come passione, non puramente come mestiere.
La sua carta e' a base di elementi tradizionali, spesso toscani, ma rivisitata con grande talento. Come dimostrazione riporto la carta, presa dal sito dell'Ora d'Aria.
ANTIPASTI
- Amaro Al cubo: Royale e estratto di asparagina, olio extravergine d’oliva toscano e chips di amaro di carciofo
- Ceviche di Cetrioli, gamberi e capesante alla brace
- L’uovo, le uova e la gallina, i riti della nonna toscana.
- Scaloppa di foie gras croccante, birra, crema di carote, aneto
I PRIMI PIATTI
- Acquacotta di verdure e piccoli funghi con caviale
- Risotto ai carciofi 100%, animelle birrate, polvere di lamponi
- Tagliolini con faraona, timo e formaggio di capra
- Tortelli farciti di stufato alla Sangiovannese, stracchino e zenzero
- Gnocchi di patate e noci Lara, vongole e tartufo nero
I SECONDI PIATTI
- Filetto di Sogliola in brodetto di gamberi, peperoni del piquillo e ricotta affumicata
- Merluzzo nero d’Alaska, pochè al topinambour, ostrica e ice-lime
- Braciola di manzo rifatta al pomodoro, carciofi e aria di prezzemolo
- Piccione “à l’Etouffée” in doppia cottura, cibreo e mela
- Kebab di agnello della Calvana, yoghurt, verdure fresche alla liquirizia
Tempo fa con mia moglie e un'amica siamo stati a cena all'Ora d'Aria e c'era un'altra carta. Ho descritto la serata e fotografato i piatti sul mio blog, QUI (nelle foto Marco Stabile non aveva ancora la barba).
Marco e' amante delle frattaglie, come me, solo che lui te le propone nei modi tipici dell'alta cucina.
Giusto qualche giorno fa durante uno show cooking sulla riva dell'Arno ha presentato una Francesina bianca di palato di mucca, e ha lasciato stupefatti e ammirati, me compreso, quelli che l'hanno assaggiata.
Curioso di natura, ha anche un menu basato sulla cucina con la birra.
A Identita' Golose, a Milano, ho assaggiato le sue Animelle birrate in crosta di mandorle. Birrate significa cotte, se ricordo bene, sottovuoto e a bassa temperatura nella birra, poi saltate con una crosta di mandorle e servite con un'erba aromatica. Pero' forse ricordo male, e' passato un po' di tempo.
Ma all'Ora d'Aria non si trovano solo frattaglie: Marco vi puo' servire dell'ottimo black cod (gia' definito da altri "una sorsata di mare"), o del maialino morbido-croccante con cime di rapa e lavanda, o il suo famoso piccione in tre cotture con mostarda di pomodoro e ginger.
Marco, allora: chi sei?
Sono un quarantenne, anzi di anni ne ho 41. La mia passione per la cucina e' cominciata a casa con la mamma, perche' da piccolo non andavo a giocare a pallone per motivi di salute (a vederlo oggi non si direbbe, nota del sottoscritto) e quindi stavo a casa. La passione e' iniziata li' ed e' proseguita con la scuola alberghiera. Finita la scuola sono entrato subito nel mondo del lavoro, anzi anche prima, perche' ho cominciato mentre ero ancora a scuola.
Quindi vivo questa passione ormai da 27 anni.
Sono passato da diversi ristoranti e ho avuto diversi e buoni maestri. L'ultimo ristorante e' questo, L'Ora d'Aria, dove sono anche il patron, ormai sono 10 anni.
Il nome del ristorante viene dal fatto che la precedente sede del locale era vicinissima alle Murate, le vecchie carceri di Firenze.
Nota del sottoscritto: all'ingresso dell'Ora d'Aria c'e' una grande gabbia di uccelli, vuota e con la porticina aperta, simbolo di liberta' e di evasione. La stessa gabbia e' riportata nell'animazione che viene visualizzata appena si entra nel sito del ristorante.
So che fai parte dei Jeunes Restaurateurs d’Europe (JRE), l’associazione che riunisce i migliori e i più giovani rappresentanti dell’alta gastronomia in Europa
Si, e ne sono fiero. Essere stato accettato in questa élite e' un segnale che la mia cucina esprime davvero “Creatività e innovazione, memoria e territorio” e sto solo citando quanto scritto nel sito JRE, QUI.
E poi e' gente allegra, basta solo vedere con quali foto siamo stati ritratti. Aggiungo un'anticipazione: e' probabile che io sia il loro prossimo presidente per Italia.
Senti Marco, giorni fa ho letto che avete curato l'apertura di un ristorante a Miami, in Florida
Abbiamo fatto una consulenza per l'apertura di un ristorante a Miami, Florida, consulenza lunga dei mesi e terminata a Marzo, anche con periodi di loro chef qui all'Ora d'Aria.
Il ristorante funziona e sta andando bene.
Abbiamo pero' dovuto adattare le proposte del menu, ossia aggiungere cose che qui in italia non proponiamo, tipo alcune insalate a inizio pasto. Queste cose devono essere in carta perche' loro le cercano.
Il resto e' tutto italiano, sia pure proposto in modo piu' semplice che qui all'Ora d'Aria. Devo dire che negli Stati Uniti in generale recepiscono bene la cucina italiana, quindi il ristorante di Miami sta andando bene, siamo soddisfatti.
A questo punto io racconto a Marco Stabile alcune mie esperienze di ricette italiane spiegate ad amiche/colleghe statunitensi e da loro realizzate (leggi stravolte).
Allora, Corrado, ti racconto una curiosita' sulle ricette italiane proposte in USA: e' successo quando ho deciso di fare uno spaghetto col ragu' fatto col collo del pollo. Ho usato polli del Valdarno, che sono belli ricchi di cresta e di quello che in genere e' noto come cibreo, quindi frattaglie buone. Queste sono state tagliate molto piccole, in modo che non si vedessero e non si capisse quali fossero gli ingredienti.
E' venuto fuori un buon spaghetto al pollo, veramente buono.
Un ragu' “di pollo” negli Stati Uniti e' visto come una cosa normale, mentre da noi in Italia chi va al ristorante non lo sceglie proprio, perche' la percezione italiana di un ragu' "di pollo" e' di qualcosa di insipido.
Bene, e' successo che in USA e' piaciuto, e molti clienti americani quando vengono in Italia, da noi, chiedono proprio questi spaghetti. La cosa buffa e' che quando glieli serviamo dicono “ah, allora ci sono anche in Italia”. Ecco quindi che in questo caso abbiamo avuto una mia cucina toscana arrivata dagli Stati Uniti, una cucina di ritorno.
Domenica, quando in riva all'Arno ci hai fatto assaggiare la “Francesina bianca di palato di mucca”, buonissima tra parentesi, hai anche detto che tornavi da una spedizione in Cina. Cosa hai combinato?
Sono andato per una gara tra due professionisti, una sfida per la TV cinese tra un cuoco italiano e uno cinese. E' una gara con due sessioni, una “di andata”, in Cina, dove io cucinavo loro ricette con i loro ingredienti e una sessione “di ritorno”, qui da noi, dove loro cucinavano nostre ricette con i nostri ingredienti.
E' stata una cosa molto interessante. Per esempio, in Cina mi hanno portato al mercato dove per un'intera giornata abbiamo esaminato e discusso dei loro ingredienti, che dopo ho dovuto cucinare in base a quanto avevo imparato. Un'esperienza che apre ancora di piu' la visione su materie e tecniche diverse dalle nostre.
La' in Cina con ingredienti cinesi abbiamo perso per appena 2 punti di scarto, mentre qui da noi hanno perso loro con ben 36 punti di scarto. Quindi e' stato piu' difficile per loro adattarsi ai nostri ingredienti e tecniche che non viceversa.
Almeno per me e' andata cosi', mentre ad altri miei colleghi italiani e' andata diversamente, anche loro hanno perso a volte con larghi scarti.
Quando in Cina ho perso io, la punizione che mi e' toccata, perche' chi perdeva doveva sottostare ad una punizione gastronomica, e' stata mangiare una bacca amarissima. Indescrivibile, il massimo dell'amaro.
Io, per non dargli soddisfazione, ne ho prese due, anche commentando “non sono male”.
Quando qui ha perso il cinese gli ho fatto mangiare per punizione i testicoli di toro, sia pure bolliti. Poi, sempre per non dargli soddisfazione, gli ho detto “per amicizia ne mangio anch'io”.
E qui, all'Ora d'Aria, come va?
L'Ora d'Aria va benissimo, oramai e' cosi' da piu' di 7 anni, siamo molto contenti. Prima, Corrado, mi dicevi che nel corso dell'ultimo anno tra le chiusure di esercizi commerciali i ristoranti erano oltre il 60%. Questa e' la dimostrazione che tenere un livello qualitativo alto e' premiante.
Io penso che oggi il pubblico percepisca meglio, e scelga piu' volentieri, la qualita'. In questo senso la TV, con tanti programmi di cucina, magari con sfide al limite del ridicolo (almeno cosi' le deve definire un professionista), un merito puo' averlo, ed e' quello di far vedere tante diverse ricette e di premiare alla fine la qualita' del risultato.
Anche nel mondo reale sempre piu' persone cercano oggi la qualita'.
Per quanto riguarda i ristoranti che chiudono o vivacchiano posso dire che quelli che aprono dicendo “vediamo come va” sono prima o poi destinati ad avere problemi seri. Di contro chi lavora bene e punta alla qualita' rimane e prospera, mentre gli altri hanno vita corta. Una vera e propria selezione darwiniana.
D'altra parte questa attivita' di ristorazione, intendo attivita' ad alti livelli, ha costi enormi, per materiale e personale. Quindi ci vuole tenacia oltre che passione. E qualita', qualita', qualita', in tutti i settori della cucina.
Ti ho gia illustrato l' AIFB, l'Associazione Italiana Food Blogger. Vogliamo parlare di food blogger in generale? Molti tuoi colleghi vedono i food blogger come fumo negli occhi.
Conosco il mondo dei food blog, nel bene e nel male. Il settore dei food blog e' sicuramente un settore che a volte ci fa arrabbiare, specie quando ci sono persone che giudicano e scrivono senza avere ne' basi ne' esperienza.
Io accetto anche volentieri una critica quando arriva da un professionista come me. Le famose “recensioni” secondo me dovrebbero essere una elencazione di quello che chi ha mangiato da noi ha chiesto e gustato, con eventuali commenti del tipo “mi e' piaciuto” o “non mi e' piaciuto”.
E anche questo sarebbe un discorso opinabile, perche' su, poniamo, 5 portate, 4 vanno benissimo e una no, ma quella stessa portata magari e' piaciuta a tutti gli altri presenti in sala.
Quindi una recensione che gira in internet, letta com'e' da molti, giudica il lavoro di altri in modi che possono a volte danneggiarlo.
La stragrande maggioranza delle persone va in un certo ristorante basandosi sulla “fama” che questo ha, fama che e' costruita su recensioni che circolano come un globale passaparola elettronico. Quindi nel descrivere una cosa in un modo piuttosto che in un altro significa che possono rimetterci tante persone. Per esempio un ristorante come questo da' lavoro a 15 dipendenti.
Per tornare al mondo dei food blogger, sempre visto in generale, secondo me e' un mondo dove c'e' chi ci spende tempo per passione e chi cerca di trovarci del guadagno in modo poco carino.
Niente contro il guadagno, ci mancherebbe, ma tutto dipende dal modo in cui si lavora e si comunica.
E sulla comunicazione: vedo spesso dei veri e propri “sfondoni”, tirati li' per farsi vedere e mettersi in mostra. Quindi, usando l'esempio precedente, se in una cena 5 cose piacciono e una no non e' bello insistere a lungo solo sulla cosa che non e' piaciuta. Ripeto: ognuno di noi ha un gusto personale, ma tra dire “non mi e' piaciuto” e dire “e' cattivo” c'e' una bella differenza.
Non dico che non si debba scrivere male, io dico che si dovrebbe riflettere prima di scrivere.
Perche' allora non scriviamo di molti altri negozi, dei bar, dei taxi, e cosi' via? Quando vai nei negozi di abbigliamento e una ragazzina ti tratta da schiaffi, o quando un autista del bus parla a telefono da un capolinea all'altro: non andrebbero recensiti anche loro?
Un food blogger che ama la cucina dovrebbe raccontare le sue ricette, e anche le sue esperienze al ristorante, senza dare per forza giudizi dal pulpito, giudizi che sono alla fine puramente personali, e non espressione di una maggioranza.
Secondo me un generico blog, e quelli di cucina non fanno eccezione, e' un racconto. Che parte da punti di vista ed esperienze personali. La critica, nello specifico del modo di lavorare di un ristorante, e' altra cosa. Tra i critici ci sono persone che hanno fatto fior di corsi, che hanno esperienze di cucina professionale di anni e anni, e cosi' via. Vedi, come esempio, alcune Guide gastronomiche.
Sui food blogger concludo dicendo che in ogni caso fanno un gran bene al mondo della cucina finche' la descrivono in modo pulito e senza secondi fini. Tutto sommato e' preferibile parlarne piuttosto che tacerne. Certo che tutto dipende dal modo in cui se ne parla.
Parlando tra quintoquartisti, com'e' nata la tua, di passione, per il quinto quarto?
Io sono per natura un curioso. Mia mamma qualcosa di quinto quarto lo faceva, dico qualcosa perche' in famiglia eravamo 6 e il quinto quarto piaceva solo a lei e a me. Il quinto quarto non era frequente a casa nostra, ma mia mamma mi aveva abituato a mangiare di tutto, ad esempio la testa del pollo, il collo ripieno, le trippe, le creste di pollame, il codino del maiale, il rognone e altro. Anche se la trippa mio padre non la poteva proprio vedere.
Poi facendo la scuola alberghiera a Firenze ho ampliato i miei orizzonti, dato che Firenze e' un po' la culla di certo mangiare di frattaglie. Quindi lampredotto, palato, testicoli, diaframma (che per inciso va prima cotto sotto vuoto a 65 gradi per 3-4 ore e poi, ammorbidito com'e', puo' essere fatto alla griglia. E' una misconosciuta squisitezza).
Nota del sottoscritto: abbiamo parlato di varie ricette di quinto quarto e Marco Stabile mi ha suggerito di provare a fare il budino di fegatini di faraona. Frullato con panna etc. A differenza del fegatino di pollo, che e' piu' amaro, quello di faraona e' piu' aromatico ed e' perfetto per un budino.
Vedo che nella tua squadra ci sono delle donne. Molti tuoi colleghi dicono che le donne in cucina non ce la fanno, e' stancante, e' una cosa da uomini. Tu cosa ne pensi?
A differerenza di molti, che pensano che le donne non siano adatte in cucina, anche da un punto di vista fisico, e che sia per questo che ce ne sono cosi' poche, io invece penso che le donne ce la fanno, eccome.
Semplicemente ci sono poche donne nelle cucine professionali perche' sono loro che rinunciano alla carriera per motivi famigliari.
Nelle cucine professionali le donne, o non sono sposate, o lo sono state, insomma ci sono perche' non hanno famiglia. Altrimenti non durano.
Come sai in questo lavoro sei sempre fuori di casa e se sei fuori di casa non puoi certo curare una famiglia come si deve. Perche' chi cucina professionalmente non conosce orari di ufficio e giorni di festa, anzi noi lavoriamo quando gli altri hanno smesso di lavorare. Fino a tardi la sera e nei giorni di festa. Ecco perche' ci sono poche donne, perche' loro a questo scenario preferiscono la famiglia.
Ed e' un peccato, perche' spessissimo sono migliori di noi. Sono mediamente piu' brave e si concentrano piu' di noi su quello che fanno.
In una parola: sono piu' serie. Io, come vedi, nella squadra di cucina ne ho due e le trovo molto determinate. La paura mia e' che tra, poniamo, due o tre anni una mi si sposi, abbia un figlio e che io la perda.
Ci regali una tua ricetta?
Tu sai che per la mia curiosita' ho da tempo allargato la carta con proposte di cucina con la birra.
Ti fornisco volentieri una ricetta che si possa cucinare anche a casa, senza marchingegni professionali, come sottovuoto o abbattitori.
La
super tartara
Per 4 persone
320 g di carne fassona Piemontese pura
(taglio scamone)
200 cl birra Pilsner Urquell
7 g sale di Maldon
20 cl olio extravergine d’oliva del
Chianti
1 pera Williams
Pepe selvaggio del Madagascar macinato
al momento
1 vaschetta di shiso green (leaves)
Tagliare la carne in sottili fette alte
5 millimetri e porre in una terrina. Ricoprire di birra ben fredda e
lasciare marinare per circa 5 minuti.
Asciugare, tagliare in piccoli
cubi e condire nell’ordine con pepe, sale di Maldon, olio.
Lavorare bene fino a che l’olio non sarà completamente assorbito
dalla carne.
Porre nei piatti e mettere sopra la tartara dei bastoncini di pera
cruda. Questa servirà per facilitare la digestione della carne cruda.
Accompagnare con shiso green (sesamo selvatico) che darà un tocco di
aromatico alla tartara.
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