27/07/11

Dato che e' cosi'.....
























Dato che in questi giorni e' cosi', allora si puo' anche accendere il forno.....

Chi mi conosce sa che non sono capace di fare dolci. Non so, forse sono proprio come aveva detto Carola, che con la sua definizione ha vinto anche un mio contest, QUI.
Secondo Carola  "l'uomo che cucina di solito e' un creativo senza regole". 
Come ha ragione!!  Specie per me e in particolare per la pasticceria, perche'  la ricetta "va seguita minuziosamente, con dosi precise".
Io non ne sono capace, devo sperimentare e inventare, altrimenti non mi diverto.
Ho voluto provare con un dolce semplice, la torta di riso. Dopo qualche tentativo ho trovato una  combinazione di sapori e profumi che mi e' piaciuta. 

A proposito di contest: con questa ricetta partecipo a quello di l'acqua 'dorosa per "Il delitto e' servito".

L'ispirazione mi e' venuta dal racconto di George Simenon del 1932  "Chez les Flamands" (in italiano "Maigret nella casa dei Fiamminghi"), dove Maigret chiede "ma non ci sarebbe un altro po' di quella torta di riso?".
Ora.  Ho pensato che se piaceva a Maigret doveva essere davvero buona, visto come l'aveva abituato sua moglie, appassionata cuoca.  Non sono riuscito a trovare la ricetta originale e allora, semplicemente, ho inventato.

La mia torta inventata e' molto diversa come risultato da quelle che si trovano in giro, questa e' leggera e profumata. Anzi, proprio speziata.
E' anche praticamente a zero grassi.    Ve la propongo.....





















 Ingredienti
Una tortiera di 28 cm, per me di alluminio, a perdere
Pasta brise' sufficiente a coprire la tortiera
180 gr di riso da risotti
1 litro di latte scremato, a temperatura ambiente
Vaniglia: q.b.  (e con questo arrangiatevi)
120 gr di zucchero 
1 cucchiaio di miele  
2 biscotti "amaretto", o 3 piccoli 
1 cucchiaino di scorza di limone
1/2 cucchiaino di curcuma (sorpresa!!)
8-10 cucchiai di vermouth bianco.
Niente uova (altra sorpresa)


Preparazione
Mettere a fuoco vivo una pentola con acqua salata. Quando bolle versare il riso e dalla ripresa del bollore far andare per 5 minuti. Non di piu'.
Scolare.  Nella pentola versare il latte, il riso scolato, la vaniglia (per me 5-6 cm di bacca) e il limone grattugiato.
Cuocere a fuoco basso (deve fremere appena) per mezzora, mescolando piu' volte perche' non si attacchi.
Intanto sbriciolare molto finemente i biscotti di amaretto e tenerli da parte.  Al termine della mezzora togliere la vaniglia. Aggiungere una presina di sale (esalta il sapore del risultato), la curcuma, gli amaretti tritati, il vermouth bianco (avevo quello che senza lui niente party), il cucchiaio di miele  e, per ultimo, lo zucchero. Mescolare subito, molto bene, per amalgamare il tutto. Far continuare la cottura per altri 15-20 minuti.
Attenzione, bisogna mescolare spesso per evitare che il riso si attacchi (si attacca, si attacca.....).
Intanto accendere il forno e portarlo a 170 gradi. 
In questa seconda cottura l'impasto di riso diventera' lentamente piu' denso, sino ad assomigliare a un risotto un po' fluido.
Foderare la tortiera con la pasta brise', lasciando bordo in eccedenza per almeno un paio di cm. Bucare il fondo con una forchetta.  Io ho usato la brise' perche' il suo sapore fa contrasto col resto degli ingredienti, ma nessuno vieta invece di usare della pasta frolla.   
Versare l'impasto e livellarlo. Lasciare riposare senza infornare per almeno un quarto d'ora. In questo modo, specie se l'impasto e' un po' fluido, il riso, piu' pesante, si assestera' verso il fondo e in superficie restera' la parte piu' fluida, formando una cremina che dopo cotta vi mandera' fuori di testa.
Infornare a 170 gradi per 45 minuti. Il mio forno e' ventilato, per un forno statico non so.
Se in cottura si forma una cupola non spaventarsi, ma forarla con uno stuzzicadenti per fare uscire l'aria.
La temperatura bassa e la lunga cottura fanno si' che il dolce cuocia piu' uniformemente. Farlo raffreddare fuori dal forno.  Prima di affettarlo attendere che diventi tiepido o anche freddo.




















Che dirvi, se non di provare con questi ingredienti e queste dosi? Il risultato e' nuovo e buonissimo, a detta di chi l'ha consumato. Ai primi assaggi c'era anche l' amica Maria Luisa, la nostra assaggiatrice condominiale preferita.
Il guscio di brise' e' bello croccante, a fare da contrasto.   La torta e' leggera, non stucchevole e profumatissima. Chi l'assaggia chiede, invariabilmente: "Che profumo!!  Cosa ci hai messo dentro?".  
La mescolanza di sapori e di profumi speziati, me lo dico da solo, e' eccezionale.
E la cremina che si addensa in superficie e' davvero paradisiaca (oggi non e' giorno di modestie, vero?). 


Provatela, vi piacera' senz'altro.
E' anche praticamente a zero grassi, salvo la brise' (ma e' un velo) e il latte, che comunque e' scremato.


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22/07/11

La torta bio che fa il fumo




















Bella eh?

L'altro giorno sono tornato a Pistoia da Emanuela, volevo farle un'altra foto per inserirla nella sua scheda di Gente del Fud (il laboratorio di Emanuela produce pasticceria con ingredienti rigorosamente bio e il piu' possibile locali. Per la qualita' della sua produzione e' stata inserita in quel sito di Gente del Fud, insieme alle altre eccellenze che vogliamo conservare). 




















Per saperne di piu' su Gente del Fud potete vedere l'inizio di un mio vecchio post, QUI.




Comunque sia ero li' e come al solito ero come un bimbo in un negozio di giocattoli. Odori, colori!!  E, con qualche assaggino, sapori!!!
Qui sotto un assortimento di piccola pasticceria.
















 Dall'alto, in senso orario: Muffin ai frutti di bosco, Tortino di crema di ricotta e pere cosce, Financier alla confettura di arancia bio, Crostatina di marmellata di arancia, Financier ai lamponi, Financier ai mirtilli. Al centro un mini crumble ai frutti di bosco. I frutti di bosco, inutile dirlo, sono freschi. della montagna pistoiese.
Un'aggiunta divertente: quest'inverno avevo assaporato da lei dei dolcetti alla farina di castagne, percio' le ho chiesto se ne avesse anche di quelli: manca poco che mi caccia dal negozio, perche' lei usa solo farine fresche, e quindi fino alla nuova raccolta di castagne niente farina.   Se mi fossi fermato un attimo a pensare avrei evitato la magra figura.... E vabbe'.....
Questa qui sotto e' lei, che sta facendomi un sacchetto di biscotti tagliati a coltello e rimessi in forno a dorare.























In particolare c'era una torta-crumble con dei bellissimi lamponi. Emanuela, Ema per gli amici, mi ha detto che era a base di pesche bianche e lamponi della montagna pistoiese, colti il giorno prima.
A farla breve gliel'ho comprata e alla sera ce la siamo mangiata insieme ad amici.

La torta e' finita in pochi minuti.  Come diciamo noi a Firenze "ha fatto il fumo".
Era tutto un coro di mmmmmh!!!   Profumata e non stucchevole, anzi asprina al punto giusto.  Ho carpita la ricetta (grazie Ema) e voglio condividerla con voi.


La torta pesche bianche e lamponi  (quella che fa il fumo)

Per 6 persone (o per 4 svergognati)

Rivestire una tortiera di diametro 24 imburrata con la pasta frolla; sul fondo spargere dei biscotti sbriciolati e riempire con pesche a fette sbucciate e lamponi.
Preparare il crumble, lavorando insieme 120 g di farina tipo 0, 120 g di farina di mandorle, 120 g di burro freddo, 120 g di zucchero di canna, un pizzico di cannella e di sale (l'impasto deve risultare a briciole, cioè omogeneo ma non compatto).
Ricoprire la frutta con le briciole di crumble in un unico strato. Cuocere in forno a 180 gradi per 45 minuti circa (verificare la cottura dal colore della frolla e del crumble).
Servire tiepido o freddo, magari accompagnato con yogurt bianco o gelato alla vaniglia.





















Lasciate perdere i discorsi sul caldo e sul forno in estate.  E provatela, ne vale assolutamente la pena.

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18/07/11

Mini cannoli estivi - No forno



















Due-tre giorni fa ho visto nel sito di Cristina B dei mini cannoli e subito ho pensato che come finger food o antipasti erano una buona idea.
Quindi ho cominciato a pensare a come sviluppare un'idea mia.
Li faro' piccoli, da prendere con due dita, da consumare come antipasti, dei veri stuzzica-appetito.
Ho pensato che siamo in estate e che percio' il forno e' meglio non accenderlo. Da qui l'idea di fare dei cannelloni freddi.
Vabbe', cannelloni.... Gia' usare un accrescitivo e' un errore, perche' fa venire in mente quei sontuosi -e invernali- cilindroni fumanti, coperti di besciamella bollente. D'altra parte usare un diminutivo e chiamarli cannellini avrebbe significato fare un altro errore, almeno qui a Firenze dove uno dei pilastri della cucina tradizionale sono proprio i fagioli cannellini.
Allora avrei pensato a "mini cannoli", anche se "cannoli" da' subito l'idea degli omonimi siciliani, fritti e riempiti di ricotta, oppure quelli riempiti di crema pasticcera....
BASTA, altrimenti non si finisce piu'. Li chiamo mini cannoli e chiuso.
Il ripieno? Dev'essere qualcosa che anche mangiato freddo non perda di sapore. E che sia leggero (la linea, gente, la linea, pensiamo a quando ci siamo guardati l'ultima volta allo specchio e abbiamo fatto finta di niente).
Ergo: pesce. Ho scelto il merluzzo in quanto ben saporito, se avessi scelto un pesce piu' di moda avrei usato il branzino, ma il risultato sarebbe stato insipido. Il merluzzo viene dall'Atlantico del nord e non e' proprio a Km zero, ma sempre meglio di un altro pesce di allevamento....
Poi qualche guarnizione che accresca il sapore, e aggiunga un po' di colore.
E allora andiamo....

Ingredienti per 2 persone
5-6 fogli di pasta fresca da lasagne
200 gr di filetti di merluzzo, necessariamente surgelato
3-4 spicchi di aglio
6-8 cucchiai di olio evo
Mezzo cucchiaino di polvere di zenzero
Poco peperoncino
1/2 bicchiere di acqua
1/2 bicchiere di vino bianco
5-6 cucchiai di pesto senz'aglio
una decina di gamberetti sgusciati

Preparazione
Per il ripieno: scongelare i filetti di merluzzo e cuocerli a vapore. In alternativa, piu' sbrigativa e con  risultati simili, farli andare nel microonde a tre quarti di potenza per 5 min, piu' o meno. Asciugarli, trasferirli su un tagliere e tritarli molto finemente, io ho usato la mezzaluna.
In una padella mettere l'olio e l'aglio, tagliando ogni spicchio in 3-4 pezzi. Accendere il fuoco e far andare finche' l'aglio non comincia a prendere colore. Togliere l'aglio e aggiungere lo zenzero e il peperoncino. Far andare ancora un minuto, agitando la padella, poi aggiungere il pesce tritato.
Far andare qualche minuto mescolando spesso, quindi aggiungere il mezzo bicchiere di acqua e far ritirare, agitando la padella. A quel punto aggiungere il mezzo bicchiere di vino bianco e far ritirare a  meta'. Assaggiare e regolare di sale. Spengere e lasciar raffreddare nella padella.
Cuocere le lasagne. Io ho un mio sistema per la cottura delle lasagne: non le scolo. E nemmeno uso i diabolici stendini per lasagne, per riempire i quali mi brucio sempre le dita.
Accanto alla pentola dove bollono le lasagne metto una pentola piena di acqua fredda. Via via che le lasagne sono pronte le tiro su una o due per volta mettendoci sotto un cucchiaio di legno, come vengono vengono, e le sposto nella pentola con l'acqua fredda. Li' si raffreddano e si distendono da sole, perdendo eventuali pieghe. Nel frattempo metto delle altre lasagne a cuocere.   Dopo un mezzo minuto prendo con le mani un foglio alla volta dall'acqua fredda e lo appoggio su un canovaccio, distendendolo. Anche prendendo la lasagna con le mani questa non si rompe perche' l'acqua fredda l'ha consolidata. E io non mi brucio le mani!
Vabbe' ognuno ha i suoi trucchi....
Tagliare dei rettangoli di 5 per 12 cm, piu' o meno. In ogni striscia mettere a una estremita' un cucchiaino di trito di pesce, quindi arrotolare un cilindro di non piu' di un paio di cm. Arrotolare fino in fondo. Usando le lasagne ancora umidicce la tenuta e' assicurata, il bordo finale si attacca da solo e i mini cannoli non si riapriranno. Avere magari l'accortezza di appoggiarli col bordo dell'arrotolatura al di sotto, in modo che il peso aiuti il bordo ad attaccarsi.
Non preoccuparsi se i mini cannoli vengono un po' vuoti alle estremita'. Costruire cosi' tutti i mini cannoli. Poi riprenderli uno per uno e riempire i vuoti alle estremita' aggiungendo un po' di trito e premendo con un dito.
Sono sicuro, e lo sono perche' a me e' successo, che i mini cannoli appariranno di diverse lunghezze. Poco male, aspettare che si siano un po' disseccati e con le forbici portarli a misura.
Per la guarnizione verde fare col minipimer un pesto leggero, con olio, basilico e pinoli. Niente aglio.  Prendere i gamberetti sgusciati e cuocerli su una piastra, senza olio o quasi. O, se lo si preferisce, cuocerli a vapore. Salarli comunque.
A questo punto comporre il vassoio e attendere l'ora di cena, senza metterli in frigo. O anche metterceli, ma pochi minuti prima di servirli.
E' vero che si presentano bene?





















 E sono anche buonissimi: all'assaggio il sapore del pesce e' bello vivo, il mare si sente tutto.
E anche lo zenzero e il poco piccante del peperoncino accrescono il sapore complessivo.
Il pesto leggero, poi, profuma di sole e di mediterraneo.
E i gamberetti piastrati avranno un sapore deciso che accompagnera' benissimo gli altri sapori.
Una delizia. Rinfrescante e saporita. Da provare.

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13/07/11

Panino col Lampredotto, per Gente del Fud


Premessa

Le righe che seguono servono per inserire una specialita' alimentare nel nuovo portale "Gente del Fud", qua sotto il logo.






















 Il nome viene dalla fusione di Food (cibo) e Sud, dove Sud e' il sud del mondo, inteso come tesoro di valori, territori, culture, tradizioni, agricolture che vanno assolutamente tutelate e valorizzate. 
Gente del Fud e' stato definito come un Food Social Network, una rete, cioe', aperta a tutti per creare un elenco di tipicita' alimentari, anzi delle eccellenze. E qui sta la grande novita': non e' -e non vuole essere- una guida che da' giudizi, magari composti da grandi specialisti e critici. No, e' un insieme di segnalazioni che viene invece "dal basso", una specie di Wikipedia, anche se il paragone non e' perfetto.
Infatti chi accresce questo sito non e' gente qualunque, ma i foodbloggers, quella gente che si occupa di cucina per passione, che spende il suo tempo per descrivere cio' che le piace e che cucina per davvero. Insomma: dei dilettanti con passione.
Il sito conterra' tantissime indicazioni di eccellenze alimentari, sara' consultabile da PC e da telefonino, con indirizzi dei produttori, mappe, descrizioni, ricette,  eccetera. Diverra' aperto al pubblico in Ottobre, per adesso viene alimentato da noi foodbloggers.
Per adesso siamo noi "Gente del Fud".



Panino "co' i' lampredotto"



















Per l'amore che ho per questo cibo sarei capace di parlarne per pagine e pagine, percio' mi limitero' a dare qualche cenno, cosi' che anche quelli "di foravia" (i non fiorentini) sappiano di cosa si parla.
Il Lampredotto fa parte del cosiddetto "quinto quarto", ossia quello che restava dopo che erano state spartite le quattro parti migliori, i due quarti posteriori e i due quarti anteriori. Quello che restava erano le frattaglie, la testa, la coda, le zampe. Insomma, roba da poveri.
Con questa roba da poveri, pero', si riusciva a fare dei piatti molto saporiti: la coda alla vaccinara, per esempio, o la soprassata (o coppa di testa), o i rigatoni con la pajata. O il fegato: vi dice niente "fegato alla veneziana"?
Ma a Firenze il re incontrastato e' il Lampredotto.
Il Lampredotto altro non e' che uno degli stomaci della mucca, il quarto mi sembra, quello detto abomaso. 
Detto cosi' non suonerebbe neanche bene, specie a chi non piacciono le frattaglie, spesso per pregiudizio,    Per un fiorentino e' una prelibatezza.
Il Lampredotto piace anche a chi lo prova per la prima volta (magari con iniziale diffidenza).
Prendete nota: il numero dei convertiti aumenta ogni giorno.
Il Lampredotto e la trippa in genere si comprano dai "trippai", gente che prima aveva un carrettino di legno e che adesso ha dei chioschi permanenti di lucido acciaio inox.
In questi chioschi bollono, in diversi pentoloni, le diverse specie di trippa insieme agli odori (sedano, prezzemolo, cipolla, patata e poco pomodoro). Il brodo di cottura resta piuttosto grasso e percio' e' saporitissimo, una vera delizia per iniziati. Mi raccontavano che un secolo fa e anche piu' le mamme delle famiglie operaie (con poco denaro, cioe') mandavano un bambino dal trippaio a comprare, per un soldo, un fiasco di questo brodo, in modo da farci cena, una zuppa col pane dentro. E come ne erano ghiotti.
Il trippaio a Firenze non e' un negoziante qualsiasi: e' conosciuto, lo chiamano per nome, gli chiedono consigli. Insomma e' una personalita'. I trippai si prestano a fare due chiacchere veloci mentre servono. E rispondono a tono alle battute, anche pungenti, che ai fiorentini vengono cosi' naturali.
Il panino col Lampredotto e' servito caldo, con condimento a scelta. Si va dalla salsa verde, al sale e pepe, all'aggiunta di peperoncino macinato, o magari con un giro di olio piccante.
I turisti (ormai i trippai sono in tutte le guide turistiche "very typical, you must try it") lo prendono senza condimenti. Ma un fiorentino no. Eh, no, ogni fiorentino lo vuole condito a modo suo. Un fiorentino, poi, lo vuole sempre "bagnato", ossia con la calotta superiore del panino tuffata nel famoso brodo di trippa. In questo modo il panino e' morbido, saporito e gocciolante. Una goduria.
C'e' poi una richiesta che viene a volte solo dagli iniziati: il panino "sulle ruote". E' un panino chiesto da chi ha veramente fretta, che non scende nemmeno dal motorino, allunga un braccio, prende il panino e via, guidando il motorino con una mano sola. Il trippaio quando gli chiedono il panino "sulle ruote" lo fa subito, facendo aspettare chi era gia' in coda. I fiorentini veri sulla trippa sono comprensivi e non protestano....
Si possono comprare trippe, Lampredotto e altro anche chiedendo di metterlo in vaschetta per consumarlo altrove, ma la vera delizia e' mangiarlo camminando, piegati in avanti per non gocciolarselo addosso.

Qua sotto siamo in Via dell'Ariento.  L'amica Giulia, di Rossa di Sera, si attenta alla scoperta del panino col Lampredotto. Pronta all'avventura.....





















Ed ecco il sorriso, che al primo morso inevitabilmente spunta....





















Volendo il Lampredotto lo si puo' anche gustare seduti, all'interno del mercato centrale, aspettando poi un posto a sedere ai tavoli messi a disposizione.
Qua sotto la fila da un famoso trippaio, Nerbone, attivo fino dal 1872....



Ma i trippai di Firenze sono tanti, ecco un parziale elenco...
Nerbone, dentro il Mercato Centrale di San Lorenzo
Mario Albergucci, Piazzale di Porta Romana
Lorenzo Ancilli, Piazza Artom (zona Mercato ortofrutticolo di Novoli)
Marco Bolognesi, Via Gioberti (piazza Beccaria)
Alessio Farolfi, Via Aretina, angolo via della Casaccia
Orazio Nencioni, Loggia del Porcellino
Sergio Pollini, Via de' Macci, angolo Borgo la Croce
Leonardo Torrini, Viale Giannotti, alla piazzetta del Bandino
Lupen e Margo (ex La Trippaia), Via dell'Ariento, angolo via Sant'Antonino)
Il Trippaio di Firenze, Via Maso Finiguerra, angolo via Palazzuolo
Palmino Pinzauti, Piazza de' Cimatori
I'puppa, Via Benedetto Dei
Enzo Borselli, Piazza Tanucci
Marcello Masini, Via Simone Martini
un altro, ci devo andare, Via Pratese
uno nuovo, ci devo andare, Via Sestese

Spero di non averne tralasciato qualcuno, eventuali correzioni sono benvenute.

Qualche curiosita': le trippe in origine hanno un colore rosato carico  o anche piu' scuro, quindi esistono delle aziende specializzate  (sempre meno, purtroppo) che le puliscono, le raschiano bene togliendo gli spessori in eccesso e le sbiancano.  La "sbiancatura" e' quella che consente di mettere in vendita un prodotto il piu' possibile bianco, anche per dare un aspetto di pulizia e un maggiore appeal. Durante la sbiancatura vengono usate sostanze (tutte disciplinate dalla legge) che comunque vengono eliminate da una successiva bollitura. Ecco perche' a volte sulle etichette delle confezioni del supermercato si legge "precotta", o "gia' bollita". Peccato che la sbiancatura tolga anche buona parte del sapore.
Il Lampredotto invece non ha bisogno di essere sbiancato, il colore che vedete e' quello naturale. Ed e' anche per questo che e' cosi' saporito.
Comunque sia, e' meglio se le vostre trippe, quelle bianche,  vengano ancora bollite per una mezzoretta, cambiando l'acqua due volte. Non si sa mai, e in ogni caso il sapore finale non cambia.
Di ricette che usano le trippe bianche ne esistono a bizzeffe: alla fiorentina, alla romana, alla napoletana, alla milanese, alla parmigiana, etc.
Una prelibatezza, da cucinare con le trippe bianche, e' il minestrone di riso cotto insieme ai ritagli di trippa e magari con qualche foglia di cavolo nero.
La versione senza riso dalle parti del porto di Genova era conosciuta come "alla sbira", che i camalli consumavano, bollente, a tutte le ore.
Sull'origine di questo piatto genovese qui di seguito cito la Signorinasilvani, notissima esperta gastronoma e appassionata di cucina: "…nella Genova del Medioevo (e sino alla fine del XVIII sec.) l’ultimo pasto dei condannati a morte consisteva in una scodella di brodo arricchito di midollo con trippe centopelli tagliate fini fini e riempita di pane abbrustolito e formaggio. Questo piatto veniva chiamato popolarmente “la sbira” perchè si trattava del rancio abituale degli sbirri (propriamente le guardie carcerarie) di Palazzo Ducale, che, in quei tempi, oltre ad essere residenza del Doge e del Governo, fungeva pure da gattabuia.Per i prigionieri affamati quell’umile piatto costituiva un vero banchetto consolatorio prima dell’esecuzione. Una sorta di ultimo desiderio".

Torniamo a Firenze e al suo panino col Lampredotto: quanti di voi non hanno ancora provato questa squisitezza?

Non molti al di fuori di Firenze, vero?  Ma spero di potervi annoverare quanto prima tra i "convertiti".

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