27/11/17

Michael, Micol, Eleonora

Per ricordare Michael molti suoi amici pubblicano oggi sui loro blog la ricetta del "Pane del Sabato".
Potete vedere i link a questi Pani del Sabato nei commenti di questo post   Sono tante ricette, ognuna diversa dall'altra, ma tutte per ricordare Michael.
Senza entrare in dettagli: io non ho realizzato alcuna ricetta, ma non per questo lascio che Michael se ne sia andato senza ricordarlo.
Lo ricordo intelligente e disponibile.  Lo ricordo in perenne spostamento tra varie citta' nel mondo.  Lo ricordo legato a Micol e a Eleonora.   Si dice che nessuno muore finche' resta nel ricordo di altri.  Ecco, per noi Michael non e' morto.  Vive nei nostri ricordi. 
Personalmente sono agnostico, non mi pongo il problema di definire un Dio.   Lui, se c'e', fa il suo mestiere, quale che sia.   Noi siamo qui che ci arrabattiamo, percorrendo una via che prima o poi finira'.   Credo che alla fine di questa via saremo una luce che si spegne e che di noi restera' solo il ricordo.
Ma se non fosse cosi', allora Michael da qualche parte (dicono in alto a sinistra) ci guarda. 
E magari gira sulla sua Enfield,  libero.



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24/10/17

Cannolo per MTC, sottosezione "Premio Rocco"





















Questa e' una partecipazione fuori concorso a MTC #68.   Non nella sezione "Cannoli & Cannoncini", ma nella sottosezione "Premio Rocco".

Per avere uno stampo per questo cannolone ho innanzitutto segato un pezzo di manico di una scopa della Santa Donna.
























Che ho poi avvolto con carta forno e fermato con due punti metallici alle estremita'.

Ho eseguito l'impasto della sfoglia, con tutti i suoi riposi in frigo e le sue pieghe a norma.
Tutto seguendo le indicazioni di Francesca del blog 121 gradi

Ho spianato la sfoglia sino a uno spessore di circa 2 mm e l'ho tagliata a strisce di 2 cm.   Sono un po' grandi, ma per fare un cannolo fuori misura....
Ho steso le strisce sul manico di scopa, pardon sullo stampo.
Ho dovuto usare cinque strisce, sovrapponendo la fine di una striscia all'inizio di quella successiva.
Il tutto spennellato a dovere di uovo sbattuto.

















Notare che non ho appoggiato il cannolone su un piano, ma l'ho sospeso, in modo che cuocesse ovunque nella stessa misura.

Messo in forno ventilato a 180 gradi per circa 20 minuti, occhiutamente controllando che non annerisse troppo.

Ecco il risultato














Per far apprezzare correttamente le dimensioni del ruvido cannolone l'ho dovuto fotografare in altro modo.


















Notare che due mani non sono bastate.
 
Questo cannolone vincera' o no il "Premio Rocco" ?

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17/10/17

MTC #68 - Cannoli di sfoglia -- Miti e realtà





Questo mese la sfida MTC, la 68  era sui cannoli di sfoglia.




La Sfida e' stata lanciata da Francesca Geloso, del blog 121 gradi 

Francesca Geloso, la nostra "Dea Kannoli" 
























 (credit: La bravissima Francesca Carloni)





 Una dedica?

Dedico questi cannoli a chiunque sia appassionato di cucina.   Lo so che come dedica e' troppo generica, ma quando si mette passione in qualcosa, della vera passione, prima o poi si otterra' un buon risultato.
Io sono ancora nella fase "prima".  
I miei risultati non sono mai quelli che avevo immaginato: nella mia mente la ricetta nasce, si sviluppa (come un fiore che si apre, oggi sono poetico), viene impiattata mirabilmente e in tavola ottiene approvazione universale.
Nella realta', almeno nella mia, le cose non vanno proprio cosi'.
Dagli inevitabili inciampi, alle dimenticanze (come il sale, e' successo), alle mia manacce che sono incapaci di modellare un impiattamento decente, alle fotografie banali e/o infantili.  
Gia', le foto.   Io per le foto cosiddette da studio, ossia di oggetti inanimati, sono negato.   Ho fatto piu' di un corso di fotografia, ma niente.   I docenti quando sentono che ho imparato sulle macchine completamente meccaniche pensano che io sia molto bravo.  E in teoria potrebbe essere anche vero, ma nella pratica sono un fallimento.    Sono invece molto, ma molto, bravo nel fotografare persone nella vita di tutti i giorni, ho quello che si dice l'occhio del reporter.  Sono capace di cogliere stati d'animo e atteggiamenti che altrimenti andrebbero perduti.
Nella cucina e' lo stesso: ho buone idee, spargo a piene mani degli ottimi consigli, conosco mille tecniche, ai fornelli sono bravissimo nell'improvvisare, ma...
Come se non ci mettessi l'anima.  E' la solita vecchia storia che mi perseguita dai tempi della scuola: "e' abbastanza bravo, ma se si impegnasse di piu' potrebbe fare molto meglio".
Ma non compiangiamoci, c'e' tanto di cui essere contenti....
Anzi, voglio fare altre dediche.


Tante...

Dedico le partecipazioni alle sfide MTC a....

  •  a quella ricetta che mi viene bene
  •  agli occhi degli ospiti quando gli metti davanti un bel piatto  
  •  ai loro sorrisi
  •  a quelli che vogliono la ricetta, ma dopo 15 secondi non stanno piu' a sentire
  •  e anche a quelli che trovano comunque da ridire
  •  ai gatti che si rilassano al sole
  •  ai gatti che ti saltano in braccio facendo le fusa
  •  alle citta' la mattina prestissimo, quando sei solo e c'e' un silenzio profondo
  •  a quelle albe fredde, quando esci dopo una nottata di lavoro di programmazione urgente
  •  alla gioia di aver finito un programma difficile, gioia che solo un vero programmatore puo' provare, anche dopo anni, e anni, e anni
  •  a quelli che oggi si definiscono programmatori, ma che solamente assemblano pezzi di codice scritti da altri
  •  alla soddisfazione di aver convinto un riottoso consiglio di amministrazione
  •  a quei direttori di banca nuovi che ti vengono a trovare per presentarsi 
  •  a quei clienti che ti hanno firmato un contratto corposo
  •  alle auto veloci
  •  a quando facevo la Firenze-Siena a 150 fissi. Chi conosce quella strada capira'...
  •   alla guida veloce e ai brividi che ti vai a cercare 
  •  al fiato che ti resta in gola quando senti l'auto che in curva ti sta scappando di sotto e pensi "puttanaeva adessoesco, adessoesco..."
  •  alla gioia di aver superato la curva e pensare "lo rifaccio, sì, lo rifaccio"
  •  a quella pattuglia della stradale di Verona composta da tre donne, che dopo avermi seguito e scrutato bene mentre mi sorpassavano, mi fermo' a un casello e mi tenne 20 minuti "per un normale controllo".  "Di dove viene?  Che lavoro fa?  Bella Firenze... Ma ci si diverte la sera?  Mi consiglia qualche locale?".   Non avevo fatto niente, ma ero su una lucida BMW serie 7 aziendale, giovane, bello come il sole, in giacca e cravatta
  •  all'aperitivo che sorseggi seduto fuori da un caffe', guardando la vita che passa
  •  a quella rossa con occhi verdi che e' appena passata e che ti sei alzato per seguirla
  •  a quelle notti nebbiose della Val Padana
  •  a quei localini caldi, dove parlare guardandosi negli occhi
  •  al blues che ti avvolge
  •  agli occhi delle donne, quegli occhi che ti stanno dicendo "mi piaci"
  •  alle donne conosciute da poco e delle quali (oh cavolo!), non ti ricordi il nome  (il nome e' solo un'etichetta, l'importante e' la persona. Ma per le donne non ricordarselo e' peccato mortale)
  •  a come te la cavi chiamandole con  "senti..."
  •  a quelle donne che ti dicono "sei caro, ma sei solo un amico" 
  •  alle altre donne, quelle che ti mandano proprio a quel paese
  •  alle donne brasiliane, che sembra sempre che ballino
  •  a certe brasiliane, deliziosamente callipigie 
  •  a Barak Obama, che la pensa come me 




























Basta dediche, ora.  Abbiamo una sfida da fare...

Non avevo mai fatto cannoli di sfoglia, ma MTC e' una scuola che ti forma. Ti stressa anche un po', ma siccome te la sei andata a cercare adesso non lamentarti.
Che poi si chiamano cannoli, ma non sono quelli siciliani, fritti, ripieni di ricotta e mostruosamente grandi.
No, qui si intendono quelli di sfoglia cotta in forno.   Piccoli, da afferrare con due dita e mangiare in un morso.   Pasticceria mignon.
La raccomandazione ai partecipanti alla sfida e' stata proprio "fateli piccoli".
Io ho fatto diverse prove e siccome "va bene lo stress ma siamo qui anche per divertirci" ne ho fatto uno piccolissimo.





Mi ha fatto un po' dannare perche' con le mie manacce fare una cosa cosi' piccola non e' stato facile, ma dopo mi son detto "hai visto che ci sei riuscito?".
Per partecipare alla sfida ne ho fatti altri, piu' normali.
Ho seguito le indicazioni di Francesca  e mi sono cimentato.
Ho prodotto e ho visto dove potevo migliorare.  Lo faro' con i prossimi.  Con MTC si imparano cose che nemmeno immaginavamo fossero da imparare.   In un negozio di pasticceria si allungano le dita e si apre la bocca qui si capisce cosa c'e' dietro, si prova a replicarlo e si impara a farlo meglio.


La sfoglia, con le sue pieghe

Panetto
175 g di burro
75 g di farina 00
Anziche' usare il burro puro, come per i francesi croissants, qui si impasta il burro con circa meta' farina in peso, lo si amalgama bene e gli si da' una forma rettangolare, spessore 1,5 cm.  Lo si avvolge nella pellicola e si mette in frigo.

Pestello
175 g di farina 00
75 g di burro
5 g di sale
25 g di acqua fredda
30 g di vino bianco secco
Nella ricetta suggerita da Francesca si usava anche del malto, ma io non lo avevo e ne ho fatto a meno (staremo a vedere).
La novita' per me e' stata l'aggiunta di vino. Ho dovuto constatare che rende la sfoglia piu' friabile e piacevole da sgranocchiare.  Altra cosa che ho imparato.
Dopo l'impasto e il raffreddamento in frigo (cosa non faremmo senza il frigo) ho steso il pestello a uno spessore di 1,5 cm circa.

Le pieghe.
Ho appoggiato il panetto al centro del pestello e ci ho ripiegato sopra i due lembi esterni, nella classica piega a 3.
Ho girato l'insieme di 90 gradi, in modo cioe' da vedere i tre strati di profilo e ho steso di nuovo allo spessore di 1,5 cm.   Pellicola di plastica e frigo per mezz'ora.
E' seguita una piega a 4, stesura, pellicole e meditazione in frigo.
Poi una piega a 3, stesura, pellicola e meditazione in frigo.
Quindi un'altra piega a 3, pellicola e meditazione in frigo.
Poi, lo ammetto, siccome mi stavo divertendo ho fatto dei giri in piu'.
I fabbricanti di pellicola e i fornitori di energia elettrica per il frigo ringraziano sentitamente.
Qua sotto la foto, come da regolamento, del risultato finale





















Le farciture
Nel mentre (in cucina c'e' sempre un "nel mentre") erano in corso le meditazioni ho preparato le farciture.
Ne ho fatte di tre tipi, la prima una crema pasticciera al limone densa, la seconda una ganache (due versioni, una fluida per decorare, l'altra bella densa per farcire), e la terza una crema pasticciera ai lamponi.
Le farciture devono fare il loro dovere di farcire, mantenendo la forma e non colare e andare in giro a esplorare i dintorni.
Percio' devono essere belle dense.  Qui ho applicato i consigli che in passato mio cognato pasticciere di successo mi aveva elargito.
Delle diverse versioni possibili di realizzazione di crema pasticciera ho scelto quella densa e veloce, max 5 minuti.
Parentesi: mai parentela fu tanto inutile, il cognato si e' speso molto a cercare di insegnarmi l'arte della pasticceria, ma con me non e' riuscito.
E poi, si sa, i parenti acquisiti...

Crema pasticciera densa e veloce
Altrimenti detta "occavolo la crema non mi e' bastata" perche' in 5 minuti 5 si ottiene.  Qui ho riportato la versione densa, adatta a farciture ferme.
35 g di tuorli
60 g di zucchero
35 g di farina 00
200 ml latte intero
La buccia di un limone
Un minipizzico di sale
NOTA - Sia perche' in pasticceria non c'e' tempo di stare a sgusciare "n" uova e separare albume e tuorlo, sia perche' in 2 minuti l'uovo non si pastorizza qui conviene usare tuorli di uova in brick, gia' pastorizzati.   Ormai si trovano anche nei supermercati, almeno in quelli piu' grandi.  Sono confezionati sotto vuoto e tenuti in frigo, quindi sono sicurissimi.  L'unico inconveniente e' che una volta aperti vanno finiti in giornata, per evitare contaminazioni batteriche.

Scaldare il latte fino a poco prima dell'ebollizione.  Mentre si scalda aggiungere la buccia di un limone (no parte bianca), il pizzichino di sale e meta' zucchero, mescolando.
Sempre mentre il latte si scalda in un altro contenitore mettere i tuorli d'uovo e l'altra meta' dello zucchero.  Sbattere energicamente con una frusta, poi aggiungere la farina e continuare a lavorare a frusta energicamente.
Quando il latte e' prossimo a bollire togliere la buccia di limone e versarne un terzo circa nel contenitore dei tuorli.  Sbattere il tutto a frusta finche' l'insieme non sia amalgamato bene, circa 30 secondi.  Versare tutto nel contenitore del latte, che nel frattempo era stato rimesso sul fuoco, e continuare a lavorare energicamente a frusta fino al grado di densita' desiderato.  Siccome qualche grumo si forma sempre, (anche se avevate elevato sentite preghiere a  S. Grumo)  date un colpo di minipimer.   In totale saranno passati non piu' di 5 minuti.  Molto comodo.
Questa crema si addensa rapidamente, percio' va utilizzata subito.

Ganache densa
50 g di cioccolato fondente 70% cacao
30 ml panna fresca, di frigo
Triturare il cioccolato, rigorosamente a coltello. Ripulire un po' in giro.
Versare meta' panna in un pentolino e tutto il cioccolato.  Far andare a fuoco basso, mescolando finché la panna (che era di frigo) non si scalda e il cioccolato e' quasi tutto sciolto.  Versare il resto della panna e mescolare bene.  
NOTA - Il cioccolato si dovrebbe sciogliere a bagnomaria, ma usando la panna di frigo, che al fuoco si scalda lentamente, il risultato e' il medesimo.
Data l'alta percentuale di cioccolato anche questa ganache e' densa e adatta a farciture ferme.  Naturalmente va usata subito.


Crema pasticciera ai lamponi
Servono un po' della crema pasticciera densa gia' descritta e un pugno, o due, di lamponi freschi.
Ho frullato i lamponi e li ho passati a fuoco basso con un cucchiaino di zucchero per 4-5 minuti.
Avrei dovuto setacciare il tutto, ma non l'ho fatto, per pigrizia.  Mi sono vergognato per un paio di minuti, poi ho proseguito.
Ho incorporato i lamponi nella crema pasticciera e sono stato a guardare se la parte acquosa dei lamponi avrebbe smontato la crema, ma non e' successo.
Si va avanti.


Formatura dei cannoli
Delle due possibilita', il cannolo cilindrico o quello a forma conica ho scelto il secondo.   Seguendo alcuni suggerimenti ricevuti ho tagliato due quadrati di carta forno, li ho sovrapposti per ottenere piu' resistenza e li ho piegati a formare un triangolo.
A questo punto era facile, bastava arrotolare la carta intorno a uno spigolo, cosi' da ottenere un cono.  Solo che di spigoli io ne vedo tre, quale sara' quello giusto?  Ho fatto qualche tentativo (seee... qualche...) fino a ottenere il cono giusto.   Poi dovevo fermare il bordo superiore con un punto di cucitrice.
Peccato che la carta forno, appena ti distrai, e scivolosa com'e', tenti subdolamente di srotolarsi.  Ricominciare da capo, altra carta, altri punti di cucitrice.   I produttori di carta forno e di punti per cucitrice sentitamente ringraziano.
Alla fine qualche cono l'ho ottenuto.  Ne fossero venuti due uguali.
Li ho rivestiti di carta stagnola, anch'essa subdolamente srotolantesi.  I produttori di carta stagnola... etc. etc.
Da questi armeggii ho ricavato una morale?  Certo che sì.  Se vedi che gli altri usano stampi appositamente comprati, belli lucidi e perfetti, fai come loro, non cercare di fare il fenomeno.
Alfine ho preso l'impasto e col mattarello l'ho spianato in un rettangolo molto lungo.   I suggerimenti dicevano di fermarsi a uno spessore di spianatura di 2-3 mm.
Io, che sono di formazione scientifica, ho controllato lo spessore con lo strumento adatto.




Povero calibro, dei tempi dell'istituto tecnico: e' stato sballottato per anni insieme ad altri attrezzi metallici (cosa sconsigliatissima, roba da anatema), ma funziona ancora benissimo, con tutti i suoi 50 e piu' anni.
E anche questa e' fatta.
Ora si tagliano delle strisce di sfoglia, si spennellano di uovo sbattuto e si avvolgono sui coni.
Oltre a quelli da presentare in sfida ne ho fatti altri, per puro divertimento.
Sembrava un trattato di teratologia.
Ecco alcuni esempi...














Ho infornato a 190 gradi, forno statico, per 20 minuti.   Poi devo essermi distratto e li ho lasciati ancora un po' dentro il forno caldo.
Sono venuti belli croccanti, questo e' certo, ma erano ancora passabili.
Segue una delle foto obbligatorie, quella con i cannoli appena sfornati.

























Ne ho scelti due e li ho farciti, uno con la crema pasticciera e l'altro con la ganache.
Con quest'ultimo ho voluto fare il figo, usando un pennellino per seguire con della ganache i solchi del cannolo.   Al solito: idea buona, realizzazione modesta.
Mi si e' anche rotto mentre lo maneggiavo e, stizzito, ho coperto il danno con una pennellata di ganache.
Comunque eccoli qua, i miei due scarrafoni




I sapori legavano benissimo, il tanto limone usato nella crema pasticciera si sentiva benissimo e il cannolo era goloso.
La sfoglia al vino (ormai la ricordo con questo nome) era croccante, friabile al punto giusto.
La ganache dell'altro era molto intensa, data la piccola quantita' di panna usata.
La spirale di ganache ha contribuito a sporcare generosamente le dita degli assaggiatori (la Santa Donna, chi altri?).



Segue parte fuori concorso




Dalla realta' ai miti

Nell'inconscio collettivo, o almeno in quello italiano, il cannolo ha una chiara connotazione fallica.  
Ecco allora un assortimento di connotazioni e di miti...





Esaminiamo questi cannoli singolarmente...


Modello "mediomen"
Senza esagerazioni, in un senso o nell'altro.  Un onesto compagno.


























Modello francese
Lungo a dovere, ma sottile.  Il classico "zizi".


























Modello italiano
Dal design corposo e un po' tozzo.  Consumabile tranquillamente.


























Modello "Africa nera"
Sopravvalutato, ma comunque sostanzioso.  I migliori sono quelli della serie "Mandingo".
Graditi dalle consumatrici che desiderano "essayer le marron".



























Modello "Piccoli ma sinceri"
Perche' e' corretto offrire pari opportunita' anche ai disagiati. Vale pero' il detto "C'è un livello di sicurezza, al di sotto è solo disturbo" (cit. Serena Grandi). La fonte e' attendibile.






















Modello "La Peyronie"
Quando lo fai strano.    E dai e dai si puo' anche rompere... 


























E con questo termina il post.      Alla prossima....

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18/09/17

MTC #67 -- PASTA CON I GUSCI





Questo mese la sfida MTC, la 67 , era sulla Pasta col Pesce.













La Sfida e' stata lanciata da Cristina Galliti, del blog Poveri Ma Belli e Buoni


(credits: La bravissima Francesca Carloni)





Riflessioni

Fare una pasta col pesce puo' essere facile, roba da 15 minuti.  Basta comprare gli ingredienti surgelati e buttare tutto in padella mentre cuoce la pasta.
Oppure puo' essere difficile, contando anche i tempi di ricerca del pesce giusto, della sua preparazione e infine della cottura, che dev'essere ben pensata.
Ma ancor piu' difficile e' produrre un piatto che si differenzi dagli altri che saranno presentati nella sfida ("Io ne ho viste di cose che voi umani...").
Mi aspetto paste fatta in casa con nell'impasto di tutto e di piu' di quel che si puo' immaginare di edibile. 
Mi aspetto uso di pesci piu' o meno esotici, o comunque di uso poco frequente.  Chesso', per esempio il pesce Topo (6 specie nel Mediterraneo).
Oppure il pesce Chiodo (questo non so se esiste, ma se esiste il pesce Martello...).
Mi aspetto metodi di cottura molto semplici oppure molto sofisticati.
In barattolo, sottovuoto, in oliocottura, sul fuoco di un caminetto antico, o con "I raggi B che balenano nel buio vicino alle porte di Tannhäuser".
E' dura distinguersi in una sfida MTC da 180 concorrenti.
Tutti bravissimi, maledizione!!


E allora?

Allora ho deciso di stare sul classico, una pasta con i gusci.   Ma fatta con cura.
Per esempio cuocendo separatamente gli ingredienti che hanno diversi tempi, o diversi tipi di cottura.  Puntando ad esaltare profumi e sapori di mare tenendo separati i sapori dei diversi ingredienti, cosi' che si possano sentire e riconoscere una volta in bocca.  Cotture brevissime, per conservare i sapori originali del mare.
Tra preparazione degli ingredienti e cotture varie se ne sono andate 3 ore buone.
Addio "piattini semplici e veloci", benvenuta qualita'.
Risultato buonissimo.   Spiace solo che oltre alla descrizione il piatto lo si possa valutare solo guardando la foto, e non gustandoselo.   Cari giudici non vi invidio.



Avvertenza -- Nel corso della descrizione di ingredienti ed esecuzione si troveranno delle note che spiegheranno il perche' di certe scelte 



Ingredienti, per 4 persone
280 g di pasta "Reginette"
500 g di cozze
500 g di vongole "Lupini"
2 moscardini
3 cappasante
4 gamberi
4 scampi
50 ml vino bianco secco, dealcolizzato
100 ml di rum bianco "Bacardi Carta Blanca"
Olio, Peperoncino, Aglio, Rosmarino, Zeste di limone

NOTA -- La pasta scelta, le Reginette, e' di formato piu' grande rispetto a spaghetti o linguine, di solito usati nelle paste col pesce.  Questo perche' secondo me pasta e condimenti devono essere di dimensioni comparabili, altrimenti non legano;  e inforchettandoli non si prendono con le giuste proporzioni.
Le vongole "Lupini" sono state scelte perche' anche se sono meno saporite delle Veraci hanno un maggiore profumo di mare, che si sentira' nel piatto finito.
Il rosmarino e' usato nella cottura delle cozze secondo il gusto siciliano, in modo da aggiungere il profumo dell'estate.
Mentre per i gamberi si e' usato il vino bianco (dealcolizzato), negli scampi si e' sfumato con del rum, che aggiunge un lontano profumo di alcoli.
Niente prezzemolo, solo zeste di limone aggiunte fuori dal fuoco, a fine mantecatura.  Per la freschezza
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Babbo,  posso?



























Esecuzione

NOTA -- Poiche' la pasta acquistera' sapore durante la mantecatura nel condimento lo scopo delle numerose e differenti cotture descritte nel seguito sara' quello di rendere il condimento piu' saporito e profumato di mare possibile.


Sgusciare e pulire i gamberi, separando le teste.





Scaldare le teste dei gamberi in poco o olio e uno spicchio di aglio.  Schiacciarle per fare uscire i succhi, facendo attenzione a non frantumarle.  Il liquido ottenuto sara' il primo componente del condimento.  Altri componenti verranno aggiunti nel seguito.  Le teste si estrarranno intere e non si procedera' facendo una  bisque, perche', per quanto se ne dica, la lunga cottura conseguente appiattirebbe i profumi marini.  Per lo stesso motivo (evitare le lunghe cotture) non si fara e non si potra' neanche chiamarlo fumetto.
D'ora in avanti lo si chiamera' semplicemente condimento.





Pulire le cappasante.  Separare le due parti e aggiungere quella rossa, il corallo, al condimento.  Far andare 4-5 minuti a fuoco medio.





A parte piastrare la parte bianca, detta noce, finche' i lati sono appena dorati. Se si cuoce troppo diventa dura e perde sapore.

NOTA anatomica -- Le cappasante sono ermafroditi.   Il corallo e' la gonade, contenente sia organi femminili che maschili.    La noce e' il forte muscolo che consente il movimento della cappasanta Una vera propulsione a reazione.

Saltare i gamberi gia' sgusciati in poco olio e con uno spicchio di aglio.  Aggiugere meta' del vino dealcolizzato.  Dopo un paio di minuti estrarre i gamberi, tritarli grossolanamente a coltello e aggiungerli al condimento (quello cioe' iniziato con le teste dei gamberi).

Pulire e saltare brevemente i moscardini in poco olio.  Separare i tentacoli e tritare grossolanamente la testa a coltello. Aggiungere il tritato al condimento.  Tenere i tentacoli al caldo, da parte per la guarnizione.





Cuocere le cozze in poco olio e aglio insieme a un rametto di rosmarino, all'uso siciliano.  Fitrare il liquido prodotto e tenerlo da parte.  Sara' aggiunto al condimento in quantita' da stabilire al momento, tramite assaggi.  Questo perche' il liquido prodotto dalle cozze e' abbondante e di sapore molto deciso.

Cuocere le vongole Lupini in poco olio, aglio e l'altra meta' del vino dealcolizzato.  Filtrare il liquido prodotto e aggiungerlo tutto al condimento.





Sciacquare bene lo scampo, impalarlo con uno spiedino di legno e cuocerlo in poco oilo per un minuto. Aggiungere il rum e far ritirare quasi tutto. Tenere in caldo.
Se non lo si impala lo scampo al calore si arriccia.

























Prendere il condimento, che a questo punto contiene:  il liquido delle teste dei gamberi, il corallo delle cappasante, i gamberi tritati, la testa dei moscardini, il liquido delle vongole Lupini, meta' del liquido delle cozze.   E frullare tutto.
Assaggiare e regolare di sale.   Se all'assaggio il sapore delle cozze fosse prevalente non aggiungere altro.  Se invece non lo fosse aggiungere altro liquido delle cozze e mescolare frullando.  
Da notare che l'olio usato nelle varie cotture si ritrova tutto nel condimento e che frullandolo si ottiene una perfetta emulsione, adatta alla mantecatura della pasta.
Tenere il condimento in caldo.

Togliere una delle due valve sia alle cozze che alle vongole.

Cuocere le reginette al dente, scolarle non troppo e passarle ancora umide nella padella del condimento.  Aggiungere un minimo di peperoncino fresco.
Mantecare fino a che le reginette siano avvolte da una cremina non troppo densa.









Impiattare velocemente in vassoietti ovali, disponendo la pasta sui lati e lo scampo al centro.
Spolverare con zeste di limone.
Mettere le noci di cappasanta nella loro conchiglia e disporre il tutto dal lato della coda dello scampo. 
Cozze e vongole Lupini vanno alternate sulla pasta, insieme ai tentacoli dei moscardini.

Servire subito.























All'assaggio le reginette si sentono corpose e, grazie alla cremina formatosi in mantecatura, sature di sapori e profumi di mare. 
Un concentrato.
In piu'  le cozze, le noci di cappasante e le vongole Lupini aggiungono ognuna il proprio diverso sapore di mare.   Lo scampo, una volta sgusciato, rilascia gli aromi di mare rimasti integri grazie alla cottura dentro il proprio guscio chiuso.
Un piatto che e' un viaggio nei gusti del mare.

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19/03/17

MTC #64 - Terrine, e le cene svedesi






Questo mese la sfida MTC, la 64, era sulle Terrine.
La Sfida e' stata lanciata da Giuliana Fabris, del blog La Gallina Vintage











Scoperto il tema della sfida di questo mese ho capito subito che non avrei avuto vita facile.
Le terrine... queste sconosciute. 
Meno male che anche la Dani  ci e' venuta in soccorso con una delle sue infografiche...





































Giuliana Fabris, che aveva vinto la scorsa sfida mensile e che percio' ci ha dato il tema di sfida di questo mese, e' stata bravissima a spiegarci cosa sono e a darci suggerimenti e ricette esemplificative.   Sono semplici, dice.   Ma resta il fatto che, a giudicare dalle reazioni successive al primo momento di entusiasmo, Giuliana ha in realta' seminato in rete sconcerto e timori.
Per fare "la" terrina serve uno stampo speciale, ossia una terracotta con un buco strategico.   Stampo che nessuno ha, e che quindi deve essere approvvigionato, buco e tutto.   
Amazon ha registrato inaspettati picchi di vendite; e ancora si chiedono il perche'.   
Un'alternativa fornita dal regolamento consisteva nel non usare lo speciale stampo, ma produrre una terrina in crosta.   Ho scelto l'alternativa.
Stabilito questo e' quindi arrivata, inesorabile, la domanda: cosa metterci dentro?
Con ancora in mente un bel film visto in TV ho deciso di utilizzare verza e salmone.   Ma il salmone nell'immaginario collettivo, e anche nel mio, e' associato al mondo scandinavo.  Ecco che ho immaginato una terrina di salmone affumicato quale piatto principale di una cena svedese, circondato da molti stuzzicanti contorni.


















Svezia, percio'

E' un paese di appena 10 milioni di abitanti in un territorio piu' grande dell'Italia.   Con un welfare all'avanguardia e un altissimo tasso di suicidi.  Le due cose non paiono correlate, comunque.   E' anche un Paese, e la cosa mi ha sempre stupito, dove il consumo procapite di caffe' e' il secondo al mondo.   Dove, anche, la propensione degli svedesi a bere smodatamente ha portato lo Stato a imporre tasse altissime sugli alcolici e, addirittura, a vietarne la vendita, ammessa solo in negozi di Stato, i Systembolaget.
Il bere e' una specie di piaga sociale che lo Stato cerca di arginare come puo'.  Per esempio chi e' sorpreso a guidare ubriaco rischia, ma seriamente, la prigione.
Situazione che porta, specie nei fine settimana, a migrazioni di massa dalla Svezia del Sud, la Scania, alla Danimarca.   Da Malmö a Kobenhavn (Copenaghen).   O con il traghetto, o con il bel ponte,  l'Öresundsbron sullo stretto di Öresund
Il piu' frequentato e' ovviamente il traghetto, perche' al ritorno, alla fine del ponte, ci sono spesso dei controlli a campione sul tasso alcolico dei guidatori.  E se ti beccano...   
Invece nessuno controlla il tasso alcolico sui traghetti e, al ritorno, c'e' una bella folla.   Il personale e' ormai abituato a tirar su da panche e pavimenti quelli ormai "partiti" e a trascinarli in banchina.
Parlando di alimentazione, non piu' liquida, ma solida, la cucina svedese ha radici antiche e condizionate dal clima.   Molte delle abitudini alimentari derivano dalla necessita' di conservare per il resto dell’anno tutti quei prodotti che altrimenti avrebbero avuto una durata limitata, come le carni, il pesce, molti  prodotti dell'agricoltura.   Esempio tipico e' lo knäckebröd, il pane secco tipo wasa, perche' secoli fa la macinazione dei cereali non era possibile in inverno, quando l'acqua che azionava i mulini era ghiacciata.  
Il clima ha anche da sempre influenzato la cucina tradizionale, la ”husmanskost”, che necessariamente doveva essere semplice, ma sostanziosa.   Il clima, in conclusione, ha generato le tradizioni di conservazione del cibo, che veniva seccato, salato o affumicato.

Quello che ho appena descritto deriva dalla letteratura o, anche, da contatti con gente del posto.   Quest'ultimo punto mi porta a scavare nei ricordi....




Le svedesi, le svedesi

Tanti, tanti anni fa (sembra il "c'era una volta" delle favole) ero un giovincello in sovraccarico ormonale.   I pensieri erano fissi li', sulla ricerca e il buon utilizzo di un pavimento pelvico purchessia.    Molti pensieri e poca azione, ma tant'e'.
Abitando a Firenze io e gli altri avevamo un grande vantaggio: le straniere.   

Perche' Firenze e' sempre stata citta' di turismo e proprio su quel turismo noi contavamo. 
Firenze, dato l'enorme patrimonio storico ed artistico, e' sempre stata una scelta primaria per l'insediamento di filiali di universita' straniere.  Non vorrei sbagliarmi ma Firenze e' la piu' importante meta in Italia di quel turismo residenziale studentesco, che consiste in semestri di studio nelle cosiddette "liberal arts".  Tutti studenti che usufruiscono di specialistiche borse di studio.  Architettura medievale, arte del restauro, e cosi' via.  Questo turismo residenziale giovanile, tra l'altro, fa tuttora la fortuna di affittacamere e gestori di locali dedicati al tempo libero.
Perche' lo studio e' diurno, ma la baldoria, alias "voglia di socializzare", e' notturna.  Ora come allora certi vecchi quartieri di Firenze sono fitti di localini dove studenti e studentesse (ci interessavano le seconde, ovviamente) tirano tardi cercando di divertirsi.  Quasi tutti localizzati sull'altra sponda dell'Arno, o "diladdarno", come si dice.
Potevamo noi osservare dall'esterno questo fluire di straniere?  

Certo che no. 
Tanti, tanti anni fa la liberta' e la disinvoltura delle "straniere", specie se in confronto con l'atteggiamento chiuso (in molti sensi) delle italiane, ci colpiva e ci attirava.   Al tempo c'era un club organizzato, completo di statuto e di spille di riconoscimento, il cui fine sociale era facilitare la socializzazione con le straniere (cfr. il famoso pavimento pelvico).  Si doveva obbligatoriamente masticare una lingua straniera e comportarsi correttamente con le straniere.  Anche perche' ci conveniva, tra le straniere il passaparola funzionava, eccome.  Le incontravamo di giorno e fissavamo per la sera.  Si andavano a prendere ai loro alloggi e le si introducevano alla vita notturna fiorentina, con passeggiate sui lungarni, ammirazione dei tramonti da Ponte Vecchio, e cosi' via.  Tutta preparazione a cio' che sarebbe seguito e fortemente desiderato da entrambe le parti.   

In un paio di queste universita' veniva chiesto e fotocopiato il documento di identita', e le generalita' del ragazzo erano registrate in un librone, cosi' da poter riacchiappare un reo in caso di necessita'.
In uno di questi casi di necessita' un amico del club fu riacchiappato e poi fatto sposare a una franco-canadese.  Credo che sia ancora la', con una buona posizione nell'azienda del suocero.  Benestante, ma tanto nostalgico di quelle serate fiorentine di primavera.
Il club si chiamava "Le Perroquet" e nella spilla era raffigurato un pappagallo.  Appuntarsi la spilla era importante perche' gli associati al club godevano di buona fama e non erano considerati volgari importuni.  Le ragazze si sentivano rassicurate se eri un "Perroquet".   Lo scopo sociale era quello solito, ma veniva raggiunto con stile. 

Il motto del club era "Curare...".
Uno dei miti dell'epoca erano le svedesi.   Alte, bionde, si vociferava che fossero piuttosto aperte (in molti sensi) ed erano percio' ricercate.   Le poche che capitavano erano preda di quelli del club che erano "fluent in english", perche' in Svezia l'inglese e' la seconda lingua e percio' la "socializzazione" era molto facilitata. 
Ma io avevo studiato francese....
Che io ricordi non ho mai socializzato con una svedese.  Percio' non ho mai usato alcune delle frasi del lessico dei Perroquet, come "min kärlek" (amore mio), o "Jag älskar dig så" (ti amo tanto).  Tutto per arrivare alla "slidan" (il pavimento pelvico).
Ho dovuto invece ascoltare le mirabolanti avventure di quelli che ci dicevano di averlo fatto, e fatto bene.
Nel mio piccolo posso osservare che le francesi erano, e sono, molto piu' smaliziate nel gestire queste socializzazioni.   Guidano il rapporto sempre con stile e perizia.  Sono difficili, ma di soddisfazione.
Poi c'erano le tedesche e le americane.   In genere erano sbevazzone, le une per passione, le altre per darsi un alibi.  Ho sempre detestato l'ipocrisia angloamericana "Oh dear, I'm so dizzy.  You, naughty boy...".
Mentre le irlandesi erano piu' normali.  Sbevazzone anche loro, ma almeno le situazioni erano chiare.  E poi a me le rosse con gli occhi verdi e con le lentiggini che spiccano sulla pelle chiara hanno sempre fatto sangue.

Poi ho cominciato a lavorare e il tempo ha sbiadito i ricordi. 
Pero' anni fa abbiamo fatto una cena, sul tipo di quelle tragiche tra ex-compagni di scuola, ma il nostro clima era del tutto differente. 

Ricordi, vanterie e grandi sorrisi, come si puo' immaginare.
A un amico,  tale M.T.,  impenitente Perroquet, chiedemmo "Ma non ti sei ancora sposato?"
E lui:  "No, ma ho una ragazzetta in prova...".

Io?   Verso i quarant'anni, ho iniziato ad appassionarmi di cucina, e adesso eccoci qua.




Le terrine

Come farcia ho deciso di utilizzare salmone affumicato e cavolo verza, usando come addensante un pure' di fagioli.   Non avevo i fagioli svedesi, i bruna bönor, coltivati nell'isola di Öland.  Sono anche presidio Slow Food, ma non li ho trovati.  Ho rimediato con fagioli nostrali.
Avevo in mente una ambientazione svedese e ho immaginato una cena svedese, con tanti contorni e con la terrina come piatto principale.










E burro, burro, burro.    In Svezia lo mettono dappertutto.

Ma andiamo con ordine: non avendo lo stampo col buco ho deciso di usare una terrina qualunque e di avvolgere la farcia con della pâte à foncer.  La ricetta che ho usato e' tal quale quella riportata nel libro MTC delle Torte salate.
Pero' la riporto qua sotto.  Le dosi sono relative al mio stampo, da 18 x 12 cm.
250 g farina 00
125 g burro freddo a tocchetti
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di zucchero
1 uovo
40 g di acqua ghiacciata


Per la mia farcia ho pensato di avvolgerla in foglie di cavolo verza.   Anzi, piu' che avvolgerla, ho fatto una spirale.
Prima di tutto scegliere delle grandi foglie di verza e sbianchirle, sbollentandole per due volte e per due volte immergendole in acqua ghiacciata.





Asciugarle e' stato piu' difficile, l'acqua si annidava in tutte quelle nervature del retro e non voleva andarsene.
Allora ho usato uno strumento ad alta tecnologia....



Fortunatamente nessuno mi osservava, dovevo essere piuttosto ridicolo a passare il phon su delle foglie di verza...

Quindi allineare le foglie, sovrapponendole in modo da raggiungere la larghezza dello stampo.




Stendere sulle foglie le fettine di salmone affumicato e cospargerle di ciuffi di aneto.




Poi, non volendo usare gelatine, ho usato come addensante un pure' di fagioli (meta' cannellini, meta' borlotti), fatto prima ritirare in casseruola.
Spalmare il pure' di fagioli sul salmone.





A questo punto arrotolare con cura il tutto, a formare una spirale.
Premere il rotolo all'interno dello stampo, gia' foderato di pâte à foncer.





Siccome infilare un oggetto rotondo in un contenitore quadrato significa avere quattro angoli vuoti, ho pensato di aggiungere delle strisce di salmone affumicato a riempire quei quattro vuoti.
Ricoprire lo stampo con altra pâte à foncer e decorare la copertura con qualche ritaglio.
Poiche' non ho molta fantasia, ne' manualita', questo e' il modesto risultato.







Spennellare con tuorlo d'uovo allungato con poco latte e infornare.  Ma prima forare la copertura per permettere l'uscita del vapore che la cottura in forno provochera'.   Come camino ho usato della carta forno arrotolate e fermata con un paio di punti di cucitrice.
Infornare a 180 gradi per mezz'ora, poi abbassare la temperatura a 160 gradi, coprire con carta stagnola e continuare la cottura per altri 45 minuti.
Col senno di poi avrei dovuto continuare la cottura piu' a lungo, ma comunque il risultato non e' stato male.


Dopo tolto dal forno appoggiare dei pesi sullo stampo in modo da compattare il contenuto.
Quando ben freddo bastera' trattenere il fiato, dare qualche colpetto e la terrina si sformera' facilmente.  Riprendere a respirare.
Tagliare una fetta e vedere com'e' andata.
Nella foto sottostante si vede la farcia a spirale, anche se e' un po' schiacciata dai pesi.   La purea di fagioli usata come addensante ha fatto il suo dovere e la fetta appare bella compatta.









E adesso prepariamo i contorni, a formare la famosa cena svedese.


Bakad potatis

Sbucciare una patata di buona grandezza, smezzarla e metterla a lessare.
Con un cucchiaino svuotare parzialmente una mezza patata (serve una mezza patata per persona) e farcirla con panna acida, appoggiarci dei gamberetti lessati e sgusciati, cospargere con erba cipollina tritata e salare il tutto.
Servire con a lato cetrioli in salamoia affettati e un trito di cipolla cruda.
Molto, molto appetitoso.



Per fare la panna acida mescolare con una frusta a mano pari quantita' di panna fresca, non pastorizzata, yogurt tipo greco e uno-due cucchiai di succo di limone.  Lasciare a temperatura ambiente per una mezz'ora, agitando con la frusta di tanto in tanto.
I cetrioli, insieme al burro, sono una delle cose di cui gli svedesi sono golosi.
Devono essere in salamoia (non sottaceto), anche arricchita di erbe e aromi vari.
Qui sotto un barattolo fornitomi da una cara amica, biondissima anche se non e' svedese.  Ma va bene cosi'.


























Una variante nell'uso dei cetrioli e' affettarli a pezzi grandi e servirli con fette di carote cotte a vapore, senape e fette di cipolline bianche.






Funghi padellati

Altra cosa sempre presente nelle cene svedesi sono i funghi, di solito del tipo champignons.
Affettare i funghi, farli andare a mezzo fuoco per qualche minuto in una padella con burro, aglio e alloro.   Quindi aggiungere acqua a coprire e far ritirare a fuoco basso.   Servire su un letto di panna acida e cospargere di aneto, o di finocchietto.






Gamberetti

In Svezia sono ubiquitari, si ritrovano dappertutto, anche dentro le frittate.
Qui sono serviti lessati, con un paio di cucchiai di panna acida e dell'erba cipollina tritata.   Il contrasto tra il dolcino dei gamberetti e l'acidulo della panna e' particolarmente goloso.







E la fetta di terrina?  

Eccola, servita con formine di burro.



Burro, burro...




L'assaggio della terrina

Finalmente.      All'assaggio la fetta di terrina svela i suoi componenti: l'amarognolo della verza lega bene con l'affumicato del salmone e il profumo dell'aneto.  Il tutto e' mitigato dal burro, contenuto anche nella copertura, rosolata, della pâte à foncer.

In una cena svedese che si rispetti non puo' mancare il pane nero, sempre accompagnato ba burro e magari da gamberetti.











Da bere quasi esclusivamente birra chiara, i superalcolici a cena sono riservati in genere alle festivita'.
E, per chiudere, i soliti mirtilli





Mi e' costata piu' fatica apparecchiare la cena che preparare la terrina.  
Se poi qualcuno si chiede chi ha mangiato la cena, ebbene, eccomi qua.   Visto che la Santa Donna si era dichiarata scettica su tutto "quel miscuglio di sapori", sono entrato in azione io.  Qualcosina ho scartato, ma non molto.






Non dimentichiamo la terrina, e' pur sempre l'oggetto della sfida. 
E' venuta buonissima