28/09/09
Risotto ai fegatelli, con 5 varianti
Era tanto che volevo fare un bel risotto autunnale a base di fegato. Ma: fegato di vitello? Fegatini di pollo? Fegatelli di maiale? Ho provato gli ultimi due: con i fegatini di pollo e' piu' delicato, con i fegatelli di maiale e' decisamente piu' sapido. Qui troverete quest'ultimo, ma nessuno vieta di fare l'altro.
Poi c'era il problema di come aromatizzare il risotto, completando e contrastando il sapore del fegato. Ho deciso subito di scartare alloro, rosmarino e salvia: gia' visti. Ho sperimentato allora le 5 varianti citate nel titolo e devo dire che erano tutte buone. Una piu' delle altre, ma lascero' a voi indovinare quale.
Ingredienti per 2 persone
200 gr di fegatelli di maiale
1 grossa cipolla rossa, o 2 porri se vi piacciono di piu'
Mezzo bicchiere vino bianco secco
Brodo verdura. Non di carne, caricherebbe troppo
Olio evo
Le famose 5 varianti. Ma le vediamo dopo.
Preparazione
Tagliare i fegatelli a pezzetti di circa 1 cm. Tagliare la cipolla a fette. In una casseruola mettere 4 cucchiai olio evo e farci soffriggere la cipolla, senza farla colorire troppo. Aggiungere il vino bianco e farlo evaporare per meta'. Versare i pezzi di fegatelli e mescolare per mezzo minuto. Versare il riso e farlo tostare. Portare a cottura col brodo di verdura, nel modo solito. Avevo anche provato col brodo di carne, ma alla fine il riso aveva assorbito piu' il sapore del brodo che il sapore dei fegatelli. Ho anche fatto un tentativo con semplice acqua e il risultato era egualmente buono. Verso la fine assaggiare e aggiustare di sale.
E adesso alle varianti. Sono tutte da aggiungere sul vassoio di portata, non in cottura. Per evitare di fare 5 foto diverse ho usato 4 varianti per una sola foto, quella che avete gia' guardato all'inizio del post. Un'altra foto l'ho usata per la quinta variante. Ho fatto cosi' per esigenze fotografiche, voi scegliete la variante che piu' vi ispira e usate solo quella.
Variante 1 - Cacao amaro. Il sapore amarognolo smorzava il dolce dei fegatelli.
Variante 2 - Buccia di limone grattugiata. Dava un tocco agrumato di leggerezza.
Variante 3 - Erbette provenzali. Il tocco mediterraneo, il misto di aromi ci stava proprio bene.
Variante 4 - Basilico fresco. Dava un contrasto aromatico e di freschezza veramente sorprendente.
La variante 5 e' forse un po' balzana, ma ha cambiato moltissimo l'insieme dei sapori, secondo noi in meglio. In ogni caso in maniera diversa. A voi giudicare se l'abbinamento sia azzeccato o meno. Vedere la foto sotto.
Si tratta di un bicchierino di moscato non troppo dolce, quindi non un vino da meditazione, ma proprio un vino. Molto aromatico, questo si, ma niente di zuccheroso. Il mio era un moscato del Sud. Come si usa? Semplice si versa sul risotto caldo e si mescola. Il profumo che si alza dal vassoio e' composito, non ve lo posso descrivere. Tanto meno vi posso descrivere il sapore risultante, vi basti sapere che il piatto diventa tutta un'altra cosa. Meglio? Peggio? Dipende dai gusti, cari miei, dovrete fare la prova voi stessi. Gettatevi nell'avventura, affrontate la novita'!!!
Sondaggio --> come ho gia' detto dovreste provare a indovinare quale delle 5 varianti mi e' piaciuta di piu', tenendo presente che descrizioni piu' lunghe non identificano necessariamente una preferenza.
Avanti, buttatevi: quale delle 5?
Sondaggio a parte vi invito a provare queste varianti, di sicuro vi stupiranno. Piacevolmente.
A presto :-)
23/09/09
Orata al forno, con piccole varianti
Questa preparazione e' piu' di Anna Maria che mia, diciamo che mie sono le piccole varianti.
Come ad esempio il non usare olio, o il letto di limone, o l'alloro, e cosi' via. Vedrete.
Si comincia....
Ingredienti per 2 persone
Una bella orata, sui 25 cm (non l'ho pesata...)
2-3 patate
4-5 pomodorini tipo pizzutello
Un limone
2 spicchi di aglio
Rosmarino
6-7 foglie di alloro
Pizzico di zenzero, pizzico di origano
Pane grattato
Preparazione
Accendere il forno (il nostro e' statico) e impostare la temperatura a 170-180 gradi. (Far) pulire bene il pesce. Sbucciare e tagliare a dadini le patate, smezzare i pomodorini, tagliare 4 fette tonde di limone, con tutta la buccia. Fare un trito finissimo di aglio e rosmarino.
Nella teglia da forno, la nostra e' di metallo, appoggiare sul fondo le fette di limone affiancate per il lungo, su cui andra' il pesce. Variante del limone: se il pesce si secca durante la cottura sara' stopposo e con l'evaporazione dei suoi liquidi perdera' moltissimo di sapore. Tra l'altro l'orata e' anche un po' stopposa di suo, quindi cerchiamo di tenerla umida e morbida. Normalmente si evita l'attaccamento alla teglia ungendola con olio, ma troppo spesso il pesce non esce dal forno ben arrostito, bensi' mezzo fritto.
Pero'... C'e' un pero'. Se appoggiamo il pesce sul limone la parte a contatto con l'interno della fetta verra' tragicamente lessa. Si rimedia interponendo tra il pesce e le fette di limone delle foglie di alloro, che forniranno ulteriore aroma. Con le dita spargere dentro l'orata abbondante zenzero in polvere e aggiungerci 3-4 foglie di alloro intere. Niente sale, altrimenti i buoni succhi del pesce uscirebbero in cottura (il pesce secco, etc...). Adagiare il pesce sulle foglie di allore e il limone. Cospargere il pesce con del pane grattato, un velo e' sufficiente.
Nel resto della teglia spargere un'emulsione di 3-4 cucchiai di olio evo e acqua (sbattere bene), altrimenti le patate si attaccherebbero. Nel resto della teglia mettere quindi i dadini di patate e i pomodorini smezzati, con la parte della buccia di sotto. Su patate e pomodori spargere il trito di aglio e rosmarino e un po' di zenzero in polvere (ma poco).
Vedere sotto come si presenta "prima della cura".
A questo punto il forno e' ormai in temperatura, quindi schiaffarci dentro la teglia. Dopo 15 minuti armarsi di guanti veramente isolanti, estrarre la teglia e con calma girare le patate e anche l'orata. Spolverare con pane grattato anche questo lato del pesce. Non molestate i pomodorini, stanno bene cosi'. Il liquido che uscira' dai pomodorini servira' a fornire ulteriore umidita' al processo di cottura. Quando rimettete la teglia in forno giratela, perche' tutti i forni hanno temperature piu' alte verso il fondo e noi vogliamo invece che la cottura sia uniforme.
Dopo altri 15 minuti l'orata dovrebbe essere cotta, dico dovrebbe perche' dipendera' dal vostro forno, dalle dimensioni del pesce, etc.
Estraete l'orata e apritela in due, togliendo il ripieno e la lisca centrale. Salare con abbondanza le due meta', sulle parte interna. Salare anche le patate e i pomodorini.
All'assaggio si percepisce intatto il sapore del mare, completato dal profumo dell'alloro (non avete mai provato l'alloro col pesce, vero? Sara' allora una sorpresa piacevole!). Servire la mezza orata con i mezzi pomodori e le patatine. Consiglio di non mangiare pane, e al suo posto mangiare le patate (i famosi chiletti...).
Penso che vi piacera' molto, ma sappiatemi dire.
A presto :-)
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21/09/09
Sarde al forno 1 - No grassi
Ho voluto rivisitare la ricetta delle sarde al forno. La mia versione contiene anche patate, cipolle, origano, e la "muddrica atturruta", quest'ultima gia' spiegata in altro post.
La rivisitazione e' praticamente a zero grassi, solo 4 cucchiai di olio evo.
Ingredienti per 2 persone
500 gr di sarde, pesate gia' pulite
4 cucchiai di muddrica atturruta (ricetta nell'altro post)
1 patata grande o 2 medie
2 cipolle rosse, meglio se di Tropea
4 cucchiai olio evo
Una grossa presa di origano
Preparazione
E' quasi imbarazzante da descrivere, tanto e' semplice e veloce. Accendere il forno e portarlo a circa 170 gradi. A parte preparare la muddrica atturruta, ricetta in questo post. Usare 4 cucchiai di olio evo. Tempo: 5 minuti. Tagliare la patata a fette sottili. Tagliare le cipolle a ruote e separare gli anelli.
In una teglia da forno spolverare sul fondo un po' di muddrica. Fare uno strato di patate, non sovrapponendo le fette. Fare uno strato di sarde, con la pelle in alto e mettere abbondanti anelli di cipolla (non come nella foto sotto, dove ne avevo messe poche!).
Spolverarci sopra meta' dell'origano. Quindi aggiungere la muddrica, come nella foto sotto.
Fare poi un altro strato di patate, altro strato di alici, strato di cipolla,cipolle, muddrica.
Infornare per 15 minuti, non di piu'. Se colorisse troppo coprire con la stagnola. La cottura avverra' anche con l'aiuto dell'umidita' di patate e cipolle. L'importante e' non prolungare la cottura, in modo che l'insieme resti morbido.
Su ogni porzione spolverare abbondante origano. Nella foto sotto il risultato.
All'assaggio la cipolla ha perso il suo sapore pungente e ha anzi aggiunto una punta di dolcezza alle sarde. Il profumo dell'origano completa questa preparazione, tipicamente mediterranea.
Noi ci siamo spazzolate queste sarde in un batter d'occhio.
A presto :-)
PS - Niente basilico, avete notato? :-)))
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17/09/09
Bigoi a la Venexiana - Sacrilegio?
Forse ho commesso un sacrilegio, ma avevo dei bigoli avanzati e del fegato che, passando vicino al frigo, sentivo bisbigliare: "e io?".
Detto fatto, approfittando che ero solo e che mi potevo cucinare quel che volevo, ho messo tutto insieme e ne e' venuto un primo spettacoloso: bigoli saltati nel fegato alla veneziana. Si, forse un po' sacrilego rispetto alla tradizione, ma come me li sono goduti!
Nella descrizione troverete una variante adatta a quelle persone che non gradiscono la cipolla: ce ne sono, per intolleranze o problemi di alito (della serie: un bravo cuoco le deve pensare tutte).
Ingredienti per 1 persona (io)
100 gr di bigoli, di quelli buoni
1 fettona di fegato di vitello
1 cipolla rossa, bella grande
olio evo
pezzetto di peperoncino
basilico
Preparazione
Tagliare il fegato a piccoli pezzi, diciamo sui 2 cm. Tagliare a grosse fette la cipolla e metterla in padella assieme a 3 cucchiai di olio evo e a mezzo peperoncino (a quello non rinuncio). Far appassire la cipolla senza farla imbiondire. A questo punto forse avrei dovuto sfumare mezzo bicchiere di vino bianco, ma non l'ho fatto. Magari la prossima volta.
NOTA per chi non ama la cipolla: prendere 3 cucchiai di fagioli cannellini lessati e ridurli in crema al minipimer, con aggiunta di sale e olio (poco). La crema deve risultare ben fuida. Mettere la crema in padella, dove l'olio deve essere gia' ben caldo e far andare un paio di minuti per portare in temperatura la crema. Niente vino. Incredibile, ma il risultato finale e' molto simile a quello ottenuto con la cipolla. Santi cannellini!! Questi segreti non sono tali in Toscana, e' giusto che anche altri li conoscano :-) FINE NOTA.
Aggiungere i pezzetti di fegato e farli cuocere per 1 minuto al massimo, mescolando bene. Salare.
Cuocere i bigoli, scolarli un po' umidi e saltarli in padella. Impiattare e aggiungere molto basilico spezzettato (si, basilico, tanto ormai sacrilegio per sacrilegio...).
Che bonta'... Li sto digerendo adesso, se mi guardo allo specchio vedo aleggiare un sorrisetto di soddisfazione, la stessa espressione soddisfatta del gatto che ha mangiato un passerotto.
Cosa volete, essendo ormai gia' destinato al terzo girone, tanto vale che ne approfitti adesso.
A presto :-)
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16/09/09
Cavolfiore gratinato, con la muddrica atturrata
ANTE SCRIPTUM - Lo so che avete pensato che la foto non e' un granche', ma a causa dell'orario, e del cielo che dire plumbeo e' dir poco, ho dovuto usare la luce artificiale. E' un peccato, dal vivo si presenta molto meglio di cosi'.
Che fare con del cavolfiore gia' scottato che avanza? Ci si aggiunge della muddrica sapientemente atturrata, qualche filetto di acciuga e lo si schiaffa in forno a gratinare.
Per chi non sa cos'e' la muddrica atturrata, e per chi crede di saperlo: la muddrica e' la mollica di pane e atturrata significa abbrustolita. Ma attenzione, non mollica fresca e nemmeno sola mollica. Quindi: mollica e crosta ben secche e grattugiate finemente, il tutto saltato in padella e con un filo d'olio aggiunto. Ma fare della buona muddrica atturrata non significa buttare tutto in padella e accendere il fuoco, proprio no. Nel corso della preparazione di questo piatto troverete tutti i dettagli.
Questo piatto richiede 10 min di preparazione e 15 min di forno. Diciamo che mentre il forno va in temperatura si preparano gli ingredienti, quindi il reale impegno cuciniero e' sui 10 minuti.
Ingredienti per 2 persone
2-3 cucchiai di pane secco grattato
8 cucchiai di olio evo
400 gr di cavolfiore gia' scottato
6 filetti di acciughe (di Cetara, se possibile) sott'olio
Prezzemolo tritato
Preparazione
In padella mettere 4 cucchiai di olio evo e far sciogliere 4 filetti di acciughe a fuoco non troppo vivace, il risultato servira' per farlo assorbire dal cavolfiore e insaporirlo internamente.
Adesso la muddrica atturrata, il segreto consiste nel tostare il pane grattato e solo dopo aggiungere l'olio. Se non fate cosi' avrete del pane fritto, e anche un po' untuoso. A chi piace....
Mettere in una padella 2-3 cucchiai di pan grattato -e nient'altro- e far andare a fuoco medio per 3 minuti. Poi mescolare e controllare se la parte di sotto che si e' scoperta mescolando e' piu' scura di quella di sopra. Se non lo e' aspettare un paio di minuti e riprovare a mescolare. Quendo il colore dopo la mescolata e' diventato decisamente piu' scuro togliete la padella dal fuoco. A quel punto aggiungere a filo l'olio e mescolare con energia, con lo scopo di far assorbire l'olio a tutta la massa e non solo a una parte.
Rimettere sul fuoco mescolando per un solo minuto. Se lo lasciate di piu' la muddrica verra' piu' scura e probabilmente sapra' un po' di bruciato. Dipende come la volete utilizzare, nei casi in cui deve andare in forno e' meglio tenere la muddrica non troppo atturrata e non troppo scura. Quando fatto, spostare il tutto in un piatto, nella padella calda continuerebbe ad atturrarsi e si potrebbe rovinare.
Adesso al cavolfiore... Prendere una teglietta da forno, ricoprire fondo e pareti con l'alluminio (o con la carta forno, come preferite), altrimenti si attacchera' e brucera' ogni cosa, quindi accomodare il cavolfiore con le cimette verso l'alto, ben pressato in modo che non ci siano vuoti. Eventualmente tagliare un po' di gambi per avere una superficie piu' o meno piana. Poi far colare a filo su tutta la superficie l'olio caldo insaporito dalle acciughe. Infine coprite tutta la superficie con la muddrica atturrata, mettendone piu' o meno a seconda che vi piaccia piu' o meno il sapore del pane.
Scaldare il forno a 150-170 gradi, schiaffarci dentro la teglietta e far andare per 15 minuti o poco piu'. Deve gratinare, non bruciare. Qualche puntina nera va bene, di piu' no.
Sfornare e far cadere sulla teglia una abbondante pioggia di prezzemolo tritato. Non come in fotografia (l'avevamo finito. grrrr...). Guarnire con filetti interi di acciuga.
Il pallido e sciapo cavolfiore e' diventato colorato, buonissimo, molto saporito.
POST SCRIPTUM DOMESTICO - Questo cavolfiore era stato preparato come contorno. Anna Maria aveva gia' tirato fuori dal frigo della rosticciana (N.d.a. per i non toscani: costine di maiale) da fare sulla griglia. Pero' abbiamo assaggiato questo cavolfiore e deciso di farne una cena: ce lo siamo gustato fino all'ultima briciola della famosa muddrica atturrata.
A presto :-)
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14/09/09
Risotto, un po' calabrese
Continua la serie dei risotti dedicati a una regione, che usano come ingredienti principali alcuni di quelli tipici ogni regione.
Questa volta siamo in Calabria (ciao, Mariu'!) e gli ingredienti principali non potevano che essere la cipolla di Tropea e la spianata calabrese, tipico salume dalla forma schiacciata (spianata, appunto) in cui gran parte del colore rosso dell'interno e' dovuto al peperoncino del luogo. Oltre che avere un buon sapore la spianata ha su bocca e stomaco un effetto, diciamo cosi', cauterizzante.
Un piatto che scalda la bocca e lo stomaco, adatto a tempi di cieli grigi e piovosi.
Ma niente paura: in cottura l'ardore della spianata viene smorzato dalla dolce cipolla di Tropea e il risultato e', si, un po' piccante, ma molto gradevole e aromatico. E anche rinvigorente (fatevi pure venire pensieri maliziosi...).
Ingredienti per 2 persone
200 gr riso
200 gr di cipolla di Tropea
2 fette da 1 cm di spianata calabrese, o 1 se spianata grande
Olio evo
Mezzo bicchiere di vino bianco
Brodo
Una presa di origano
Preparazione
Tagliare le fette a strisce di 1 cm, quindi tagliare le strisce trasversalmente e ottenere dei cubetti 1 cm circa. Tagliare a fette non troppo sottili la cipolla di Tropea e metterle in una casseruola con 6 cucchiai di olio evo. Far cuocere la cipolla finche' diventa trasparente (non deve imbiondire), poi aggiungere la spianata. Abbassare il fuoco al minimo e continuare per 4-5 minuti, mescolando un paio di volte. La spianata si deve ammorbidire e cedere i suoi aromi al soffritto, non deve arrostire. Passati i 4-5 minuti alzare il fuoco, versareil riso e tostarlo. Far poi evaporare il mezzo bicchiere di vino e portare a cottura il riso aggiungendo via via del brodo, nel modo solito. Verso la fine assaggiare e regolare di sale.
Impiattare e cospargere con origano.
All'assaggio il piccante della spianata e' molto diminuito e quello che rimane e' contrastato dal dolce della cipolla. Anzi, il risotto risulta quasi dolce. Sorprendente!
L'aggiunta di origano, poi, aggiunge aroma mediterraneo all'insieme.
Passato il primo momento di diffidenza vi accorgerete che e' buonissimo.
E ve ne chiederanno "ancora un poco...".
A presto :-)
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13/09/09
Dessert con Riso, Susine, Cacao e Menta
Chi mi conosce sa che non gradisco i dolci troppo zuccherosi e che devo limitare i grassi nella mia alimentazione.
Ecco, sono questi i motivi per i quali nel mio blog i dolci praticamente non esistono.
Allora mi sono inventato un dessert a base di riso, susine, cacao e menta. Risultato strepitoso!
Ingredienti per 2 persone
50 gr riso
2 susine chiare a pasta dura, non ricordo il tipo
1 cucchiaio di zucchero
1 pizzico di sale
1,5 bicchieri di acqua
Cacao amaro
Foglie di menta
Preparazione
Sbucciare le susine e tagliarle a pezzetti di un paio di cm. In una casseruola mettere l'acqua, il pizzico di sale, il cucchiaio di zucchero. Quando l'acqua bolle aggiungere il riso e far cuocere circa 5-7 minuti. A quel punto aggiungere le susine tritate e continuare la cottura finche' il riso e' cotto. Se in cottura sembra troppo secco aggiungere un po' d'acqua, ma attenzione, a cottura ultimata l'acqua deve essere tutta assorbita dal riso.
Lasciar freddare, poi aggiungere poca buccia di limone grattata, proprio poca. Porzionare e spolverare con cacao amaro. Aggiungere le foglie di menta. Mettere in frigo fino a mezz'ora prima di servire. In tavola deve arrivare fresco, non freddo.
All'assaggio il sapore di frutta delle susine si fonde con quello del riso dolce e del cacao amaro. E la menta non e' li' solo per guarnire, il suo deciso aroma completa il risultato.
E' fresco e ripulisce la bocca a fine pasto.
A presto :-)
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11/09/09
La pasta e patate di mio padre
La patata e' originaria delle Ande, in Sudamerica, venne in Europa al seguito delle esplorazioni che i regnanti europei promuovevano alla ricerca di ricchezze. L'umile tubero non ebbe successo da noi fino all'inizio dell'800, quando se ne riconobbero le qualita' nutritive. Una certa diffidenza verso cio' che "nasce sotterra", unita alle notizie di intossicazioni dovute al consumo di patate conservate troppo a lungo e alla luce, ne frenarono l'utilizzo alimentare.
E' anche curioso vedere come la patata viene chiamata nelle varie regioni d'Italia e in Europa. Il nome originale, in lingua Quechua era "papa", mentre sull'isola di Hispaniola era "batatas", da cui l'italiano "patata". In Inghilterra si dice "potato", in Francia "pomme de terre" a ricordare che e' un frutto della terra. In alcune regioni italiane del nord e' chiamata "tartifola" o "tartufola", in somiglianza al tartufo, anch'esso sviluppantesi sotto terra. Ma non solo in italia, una celebre ricetta della Francia del Nord a base di patate al forno e formaggio si chiama "tartiflette".
Per finire, notare la somiglianza tra "tartufola" e il tedesco "Kartoffel": quale termine avra' suggerito l'altro?
Tutti sanno che patate e pomodori consumati acerbi possono provocare intossicazioni, dovute alla presenza di un alcaloide velenoso. L'alcaloide scompare a maturazione completata, ma nelle patate si puo' riformare, quando le patate "rinverdiscono" e ributtano, a seguito di una prolungata esposizione alla luce: ecco da dove viene la buona abitudine di conservare le patate al buio.
Adesso basta con le curiosita' etimologiche e agronomiche, passiamo alle ricette di pasta e patate. Ci sono numerosissime ricette di questo tipo, quasi tutte originarie del Sud d'Italia. Nella nostra famiglia fu mio padre, originario della Sicilia e trapiantato al Nord a seguito della crisi del 1929, a introdurne l'uso.
E' uno dei cibi della mia infanzia, uno di quelli che mangio golosamente anche oggi (ma cos'e' che il sottoscritto non mangerebbe golosamente? Transeat...).
La versione di mio padre era semplicissima, direttamente originata da quella dei contadini siciliani piu' poveri. Gustosissima pero'. Non fa uso di nessuna delle aggiunte che i piu' abbienti hanno operato in seguito, come pancetta, formaggi, pomodoro, etc. E', questa, una ricetta assolutamente vegetariana, anzi vegana. Si, e' un po' ricca di carboidrati, ma insieme a una bella insalata costituisce un vero pilastro della sana dieta mediterranea.
Nella foto il rametto di rosmarino e' li' solo per bellezza: il sapore e' gia' dentro!
Ingredienti per 2 persone
200 gr pasta lunga
250-300 gr patate gialle
un grosso ciuffo di rosmarino
Un quarto di cipolla rossa
Olio evo
Preparazione
Scegliere della patate mature (vi ricordate perche'?), sbucciarle e tagliarle a cubetti molto piccoli, circa un cm. Tritare finemente in punta di forbice una ventina di aghi di rosmarino. Tritare o affettare finemente la cipolla e metterla a soffriggere in poco olio evo, assieme al rosmarino tritato. Appena la cipolla diventa trasparente (non deve imbiondire!) aggiungere i cubetti di patate e far andare un 5 min, mescolando spesso in modo che le patate non si attacchino. Quindi ricoprire a filo con acqua e far cuocere un 10 min, aggiungendo altra acqua quando sta per esaurire. Continuare fino a quando le patate inizino a disfarsi. A quel punto, salare, aggiungere ancora acqua e con la forchetta spappolare grossolanamente le patate. Quindi aggiungere un grosso rametto intero di rosmarino.
Far cuocere ancora per un 5-10 minuti, alla fine deve avere la consistenza di una pappa molto fluida. Se in questì 10 minuti tende a seccarsi aggiungere ancora un poco di acqua. Mescolare con attenzione, in modo che gli aghi di rosmarino non si stacchino. Assaggiare e aggiustare di sale. Aggiungere un abbondante giro di olio evo a crudo.
Cuocere la pasta, scolarla e farla saltare un minuto insieme alle patate, togliendo prima il rametto di rosmarino.
Dalla lettura non potete nemmeno immaginare il buon sapore dell'insieme. E' un classico esempio di olismo: il risultato va molto oltre la somma di tutti i componenti. La cipolla cuocendo in cosi' tanto liquido perde del tutto il sapore pungente e invece indolcisce il risultato, contrapponendosi al forte aroma mediterraneo del rosmarino.
Chiunque assaggi questa pasta e patate vi guardera' a occhi spalancati e vi dira': buono!
Vi consiglio di provare :-)
P.S. - Se anziche' acqua usate molto brodo potete poi farci cuocere della pasta piccola e ottenere un'ottima minestra invernale. Vedere foto sotto, dove i rametti di rosmarino sono li' solo per bellezza: il sapore e' gia' dentro!
A presto :-)
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09/09/09
Risotto con i fichi, un po' tirolese
Sembra che la prima ricetta di risotto con i fichi sia del 1400. Non si inventa nulla....
Pero' si puo' sperimentare qualche variante o qualche abbinamento, perche' solo riso e fichi non e' che sia proprio il massimo, ci vuole qualcosa che contrasti il dolce e dia vigore. Tanti anni fa veniva usato il lardo, condimento povero e nella disponibilita' dei contadini, lardo che pero' oggi ci fa orrore solo a sentirlo nominare. Oggi si potrebbe utilizzare, e si utilizza, la pancetta. Oppure il prosciutto (prosciutto e fichi e' un classico anche senza risotto).
Ma potevo io fare come fanno gli altri? Me, voi mi conoscete, no? Ho cominciato a pensare a un diverso modo di contrastare il dolce dei fichi e a come aromatizzare l'insieme. Ho pensato a come potrebbero farlo (e forse, chissa', l'hanno gia' fatto) usando i prodotti dell'Alto Adige, o, come lo chiamano loro, del Basso Tirolo.
Ho provato due distinte versioni: entrambe oltre ai fichi aggiungono lo Speck e le bacche di ginepro, in una versione c'e' anche lo zafferano. Risultati? Oltre le aspettative.
Ingredienti per 2 persone
200 gr riso per risotti
8 fichi non eccessivamente maturi
150 gr Speck ben stagionato e un po' pepato
10 bacche di ginepro
Mezza bustina di zafferano
Brodo
Preparazione
Tritare meta' dei fichi a piccoli pezzi. Io ho lasciato la buccia, perche' anche quella porta il suo contributo di sapore, ma la si puo' togliere. Tritare lo speck. In poco olio evo e burro far sudare lo speck, poi far tostare il riso, quindi far evaporare un dito appena di vino bianco secco. Aggiungere brodo (di verdura o di carne, scegliete voi) e far andare un 5 minuti. Dopo i 5 minuti aggiungere i fichi tritati e le bacche di ginepro. Salare, con moderazione. Continuare la cottura aggiungendo brodo.
Verso fine cottura nella seconda versione aggiungere anche lo zafferano.
Impiattare e guarnire con i fichi rimasti tagliati a quarti. Mettere in tavola anche il macinino del pepe, c'e' a chi piace questa ulteriore aggiunta.
All'assaggio si sente il dolce dei fichi, ma anche il deciso sapore dello speck e l'aroma del ginepro.
Delicato, buonissimo.
A me e' piaciuta di piu' la seconda versione, quella con l'aroma di zafferano, ma e' questione di gusti.
Vi consiglio senz'altro di provare questo risotto, il risultato e' davvero molto buono.
A presto :-)
Queste ricette partecipano alla raccolta "Non solo prosciutto e fichi" del blog "Spizzichi & Bocconi"
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06/09/09
Spaghetti allo scoglio, con piccole varianti
Il pesciaolo di fiducia ha riaperto e quindi: vai di scoglio. Credo che in altre regioni lo si chiami pescivendolo, in Toscana si chiama proprio pesciaolo.
Chissa' perche', ma "pescivendolo", almeno qui, evoca una vendita di pesce fatta in un negozio tutto bianco e lindo, con personale in grembiule immacolato, guanti e cuffia igienica. Invece il termine "pesciaiolo" evoca un tizio che al mercato vocia per attirare l'attenzione sul suo pesce, che poi anche aggiunge un pescetto a quello che ti ha gia' pesato e prezzato, che ti dice, vociando piano, "guardi oggi questo l'e' meglio". Insomma un tipo di cui ci si puo' anche fidare.
Comunque e' un tipo che cerca di gridare piu' dei suoi colleghi dei banchi vicini. Sara' per questo vocìo che a Firenze di una donna che alza molto la voce si dice che e' "fine come una pesciaola!".
Certo che in Toscana, pur avendo un dialetto vicino all'italiano (ma l'italiano puro ormai chi lo parla? E stendiamo un velo pietoso sull'italiano scritto...), a volte i termini popolari sono leggermente diversi da quelli usati in altre regioni. Qui diciamo "gommaio" e non gommista, "giornalaio" e non edicolante, "trippaio" e non... ma esiste un termine equivalente?
Torniamo al piatto di oggi: e' un normale piatto di spaghetti allo scoglio, a cui pero' il sottoscritto applica alcune varianti. Per carita', nessuna delle varianti che si usano nei ristoranti, come il cucchiaino di farina per rendere cremoso l'insieme e il bicchierino di cognac per dargli profumo. No, io sono piu' terra terra.
Diciamo allora: cottura a meta' degli spaghetti e continuazione della cottura nella padella del pesce, tipo risottatura. Avendo l'accortezza di non far ritirare tutto il liquido prodotto dai molluschi si ottiene che, risottando risottando, si arriva alla cremosita' voluta.
Un minuto prima di togliere dal fuoco aggiungo una spruzzatina (ina...) di vino bianco corposo, tipo vermentino, e un bel pizzico di pinoli (per la punta di dolcezza). Poi nel vassoio di servizio aggiungo delle foglie di basilico e un po' di concasse' di pomodoro crudo. Basilico e pomodoro sono per la freschezza.
In ultimo aggiungo delle mazzancolle, sulle quali ho precedentemente versato qualche cucchiaio di acqua bollente della pasta. In questo modo le mazzancolle vengono scottate, non cotte, e conservano tutto il sapore di mare fresco. Chi mangera' le mazzancolle non si accorgera' che sono quasi crude, anzi dira' che sono buonissime: "queste mazzancolle gli danno un tocco in piu'...".
Se anche vi sembrasse che questi ingredienti siano troppi e che possano imbrogliare il gusto, considerate che di questo piatto ne faccio sempre quasi il doppio delle normali dosi per persona, perche' tutti poi: "ne prenderei ancora un po'....".
A presto :-)
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03/09/09
Fegato con due uve - Zero grassi
Proseguo con questo post la linea di piatti autunnali inaugurata ieri. Anche oggi fegato, ma cotto in modo inusuale e, credo, del tutto nuovo. Curiosita': se volete sapere l'origine della parola "fegato" leggete il post di ieri.
Ingredienti, per 2 persone
2 fette di fegato di vitello
3 grappoli di uva bianca non troppo dolce
3-4 grappoli di uva nera "da schiacciata"
15 cl di Prosecco, varieta' secca
Preparazione
Uva "da schiacciata"? E' il nome con cui in Toscana viene chiamata l'uva nera con cui si fa il vino: chicchi piccoli, massimo massimo di un cm, sapore asprigno. Se avete mai provato ad assaggiare qualche chicco d'uva rubato dalla vigna, sapete cosa voglio dire.
Questa varieta' di uva viene utilizzata per fare la famosa (in Toscana) "Schiacciata con l'uva". E' talmente famosa che in questo periodo la vendono persino nei supermercati. Il sapore asprigno di quest'uva andra' a contrastare/completare gli altri sapori di questa preparazione.
Schiccare le due uve e lavare ben bene i chicchi. Sebbene sia vietato, i vignaioli spruzzano dei fungicidi pochi giorni prima della raccolta, in modo che i grappoli si conservino piu' del normale, ritardando lo sviluppo delle muffe. Questi fungicidi danno spesso dei disturbi intestinali. Fate voi...
Dall'uva bianca bisogna estrarre la polpa. Dopo alcuni miseri tentativi (immaginate il sottoscritto mentre schiaccia i chicchi in un colino da te'), ho trovato l'unica vera soluzione: l'uso della centrifuga della moglie. Il risultato e' perfetto, bello pastoso, non solo limitato al succo ma anche ricco, appunto, di polpa. Il problemino nasce dopo, quando si deve pulire la centrifuga. Ho lasciato l'aggeggio ancora da pulire e Anna Maria l'ha scoperto piu' tardi....
Se voi siete a conoscenza di un altro sistema per estrarre non solo il succo, ma anche la polpa, magari fatemelo sapere.
In una teglia grande abbastanza da accomodare tutte le fette di fegato versare la polpa di uva bianca e tutto il Prosecco. Accendere un fuoco medio e far ridurre l'insieme di circa la meta'. Come dicevo nel post di ieri, per i tempi delle riduzioni non esistono regole scolpite nella pietra: dovrete assaggiare. Quando il sapore vi sembrera' a meta' tra il dolce dell'uva e l'acidulo del Prosecco mettete in padella le fette di fegato.
Fatele cuocere un paio di minuti per parte, non di piu', dentro devono restare tenere.
Togliete le fette dalla padella e salatele sui due lati. In ogni piatto mettere a specchio, o su un lato, come preferite, la riduzione di uva e Prosecco, adagiate la fetta di fegato e abbondate con la guarnizione di chicchini di uva da schiacciata. Guarnizione per modo di dire: il loro sapore asprigno e' essenziale per la buona riuscita, quindi abbondate. Nella foto vedrete che ne ho usati pochi, voi mettetene di piu'.
Nei primi tentativi avevo usato solo uva nera da schiacciata anche per la riduzione al Prosecco, ma nonostante il risultato fosse ottimo l'aspetto estetico era pessimo. La prima volta che fate questa ricetta usate l'uva bianca, le volte dopo (tanto ve la richiedono...) provate con tutta uva nera.
Che dirvi della sinfonia di sapori? L'inesorabile assaggiatrice ufficiale, Anna Maria, ha dichiarato che questa preparazione era piu' buona persino di quella di ieri. E se lo dice lei....
Last but not least, il piatto e' anche a zero grassi
Per quanto riguarda me, ho ripulito il piatto col pane...
Non voglio menarvela piu' di tanto, ma e' un piatto saporito e molto delicato. Penso anche che sia una novita' assoluta, con cui piacevolmente stupire i commensali.
A presto :-)
P.S. - Se credete, potete cuocere con questo metodo "zero-grassi" anche il fegato di ieri, quello con i fichi.
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01/09/09
Fegato con fichi e riduzione di Prosecco
Anche se e' ancora un po' caldo la voglia di autunno e' su.
E allora, vai di fichi, vai di uva! La preparazione con l'uva sara' il prossimo post, oggi ho preparato una cosa che credo sia del tutto nuova. Almeno credo, ho razzolato in Internet e non ho trovato niente di simile.
Si tratta di fegato di vitello con fichi freschi e polpa di fichi in riduzione di prosecco. La foto non vi puo' trasmettere sapori e profumi, ed e' un vero peccato. Vi bast sapre che l'assaggiatrice ufficiale, Anna Maria, di solito inesorabile, si e' dichiarata soddisfatta.
Prima di iniziare vi voglio riportare quello che ho trovato sulla parola fegato. In Grecia lo chiamavano "epa", da cui i termini medici "epatologia", "epatite", etc.
I romani invece lo chiamavano "iecur". I nostri avi romani avevano l'abitudine di ingrassare oche e maiali, di cui utilizzavano poi il fegato grasso, con una dieta forzata di fichi secchi. I fichi erano chiamati "ficus" e il fegato cosi' ben ingrassato lo chiamavano "iecur ficatum".
Col tempo e' rimasta la sola parola "ficatum", da cui la nostra parola "fegato". Quindi fegato viene da fico: potenza della cucina!!!
C'e' una ricetta che descrive Apicio, in cui pezzi di fegato di animali ingrassati con i fichi ("iecur ficatum", appunto) erano tenuti a macerare per giorni in aceto, bacche di alloro, pepe macinato e sedano, poi il fegato veniva infilato in piccoli budelli di maiale, che, ben legati, venivano arrostiti sulla griglia. Altri riportano una ricetta piu' semplice, in cui su uno spiedino venivano infilzati pezzi di fegato alternati a fichi e lo spiedino veniva poi fatto friggere nel burro. L'olio nell'antica Roma veniva usato solo per essere bruciato nelle lanterne.
OK, basta con le curiosita', veniamo alla ricetta.....
Ingredienti, per 2 persone
2 fette di fegato di vitello
4 fichi, bianchi o rossi, fate voi
15 cl di Prosecco, varieta' secca
Rametto di rosmarino
Una puntina di peperoncino rosso secco, no semi
Olio evo
Preparazione
Tagliare via il picciolo e il fondo dei fichi. Sbucciarli e tritarli a coltello. Passare il tutto al minipimer insieme al Prosecco. Mettere poi in un pentolino la crema ottenuta e fare ridurre a fuoco medio almeno di un terzo. Quando si fanno le riduzioni non ci sono regole fisse, vale l'occhio del cuoco, ma soprattutto l'assaggio. In questo caso all'assaggio la riduzione deve avere un sapore a meta' tra il dolce dei fichi e l'aspro del Prosecco ridotto. Volevate una regola certa? No, dipendera' dal vostro gusto (si legga "sono cavoli vostri"). Tenere il risultato da parte per l'assemblaggio successivo.
In una teglia grande abbastanza da accomodare tutte le fette di fegato mettere un 10 cucchiai di olio evo, un rametto piccolo di rosmarino e una puntina di peperoncino rosso secco, senza semi. Far andare a fuoco medio per un minuto, in modo che l'olio si insaporisca, poi togliere il rametto e mettere le fette di fegato. Cuocere un minuto (al massimo) per lato. Non eccedere con la cottura altrimenti il fegato diventa una soletta, a Firenze diciamo "Baccala', fegato e ova, piu' che coce e piu' che assoda". Quando cotto salarlo sui due lati. Quando mettete il fegato a cuocere scaldate anche la riduzione di fichi e Prosecco.
In ogni piatto mettere a specchio la riduzione calda di fichi e Prosecco, adagiare al centro la fetta di fegato e guarnire con spicchi di fichi freschi. Potrebbe piacervi di aggiungere nel piatto delle foglioline di maggiorana, ma secondo me troppi aromi ingannano il palato. Fate voi le vostre prove.
Bando alle modestie: all'assaggio il fegato inzuppato nella riduzione di polpa di fichi e Prosecco si rivela veramente divino. Il contrasto dolce-salato-asprigno degli ingredienti e' un vero assaggio di paradiso. Modesto eh? Ma provate, e sappiatemi dire....
A presto, la prossima ricetta autunnale sara' fegato con l'uva. E quella dopo, forse, e se ne ho voglia, risotto con i fichi.
Buon appetito :-)
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