20/12/13

Risotto anacardi, Roquefort e radicchio rosso


















Questo l'ho improvvisato giorni fa, dopo una chat con un'amica foodblogger.  Ho voluto innovare un po' la ricetta solita con radicchio e gorgonzola, e penso proprio di esserci riuscito.
Intanto con l'uso di anacardi tritati a coltello e aggiunti a tre quarti cottura per dare sapore insolito e croccantezza.  Poi con l'aggiunta di poco Roquefort in mantecatura e di qualche altro pezzetto sopra il piatto, per dare spunto e sapidita'.  
Il radicchio rosso?   Beh, dovete sapere che detesto quell'insieme molliccio e insapore che si trova di solito affogato nel risotto.  Quindi il radicchio l'ho lasciato crudo a fare da fondo, in modo che ognuno, chacun à son goût, se lo dosi come e quando vuole, col suo intatto sapore e la croccantezza. 
Voila, ça suffit.

Risultato largamente premiante.  Ecco la ricetta, se ancora servisse dopo quanto avete letto.


Ingredienti per 2 persone
180 gr di riso, per me qualita' Roma
2 manciatone di anacardi tritati
4-5 sottili ruote di cipolla bianca
2-3 dita di vino bianco secco
150 gr di Roquefort originale
Brodo di verdura fatto da voi
6-7 cucchiai di olio e.v.o. (ma non di quello nuovo)

Preparazione
Tritare a coltello gli anacardi, fino a ottenerne due manciatone.  Scegliere delle belle foglie di radicchio rosso, per me di quello a foglia lunga.
In olio far dorare le fette di cipolla bianca, quindi far evaporare il vino bianco.
Aggiungere il riso e farlo tostare.  Portarlo a quasi cottura con mestolatine (notare il diminuitivo, noi vogliamo un risotto, non un minestrone) di brodo bollente. Dare una girata col cucchiaio di legno ogni minuto.  Non di piu', non vogliamo mica far della polenta.....
Nel frattempo tagliare a pezzetti il Roquefort (non assaggiatelo, tritate e basta). 
A tre quarti cottura aggiungere gli anacardi e mescolare bene.   Tenere il risotto un po' fluido.
A questo punto assaggiare e se del caso aggiungere un po' di sale, ma poco, perche' il Roquefort sara' molto sapido.  Aspettare un-minuto-uno e spegnere il fuoco.
Incorporare meta' del Roquefort e mescolare bene per mezzo minuto di seguito.   Impiattare subito subito sopra alle foglie di radicchio, poste in modo da soddisfare il vostro senso estetico.  Sopra a ogni piatto far cadere l'altra meta' del Roquefort a pezzetti.
Gustare in raccoglimento, non dico altro.


E il lampone cosa ci fa?  E' li' solo per ingannare, con una nota asprigna. 





Oh, e a proposito: buon Natale























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01/12/13

Appelflap - Turnover
















Incuriosito dal nome, notato in Google mentre cercavo altro, ho approfondito l'argomento e l'ho cucinato.  A modo mio.
In sostanza l'Appelflap e' un involucro di pasta farcito di frutta, uvetta, etc. e infornato.
Intanto stabiliamo che involucri di pasta farciti di dolcezze e infornati sono sempre esistiti.  Pare che il capostipite della genealogia sia la Baklava turca.
E adesso vi beccate un pippotto di storia applicata alla cucina.
I musulmani turchi erano un popolo che amava guerreggiare per conquistare nuovi territori e a partire dal 1300 iniziarono l'espansione: dai Balcani, alla Bulgaria, alla Polonia, all'Ungheria, fino ad arrivare ad assediare Vienna intorno al 1530.   Assedio che poi non riusci' altrimenti mezza Europa ora pregherebbe 5 volte al giorno in direzione della Mecca.
L'attitudine espansionistica continuo' nei secoli a venire, ma per quanto riguarda questo post fermiamoci al fatto che i turchi pian piano influenzarono i territori occupati con la loro cucina.  Per esempio, e appunto, con la Baklava. Per saperne di piu' sulla Baklava si puo' guardare Wikipedia, QUI
I popoli dei territori occupati adottarono alcune cose della cucina turca, adattandola alle usanze e agli ingredienti locali.  In particolare nell'area ungherese si sviluppo' un modo particolare di fare la Baklava usando una pasta piu' spessa, anziche' tanti strati di pasta sottilissima, farcendola anche con frutta fresca oltre alla tradizionale frutta secca, infine formando il "fagotto" in modo diverso.
Negli anni seguenti, e cioe' dal 1530 fino ai primi del 1900, l'area ungherese e i suoi dintorni finirono sotto il controllo degli austriaci, con il noto Impero Austro-Ungarico (K. u. K. Doppelmonarchie).   Allora il concetto di pasta infornata ripiena di dolcezze fu fatto proprio dagli austriaci che chiamarono il dolce "Vortice" dalla forma a spirale.    In tedesco: Strudel.  
Molti pensano che lo Strudel sia una particolarita' tedesca, ma e' sbagliato, il regno dello Strudel e' Vienna.   Una curiosita': a Vienna, dentro il castello di Schönbrunn e precisamente nel seminterrato del Cafè Residenz, ogni ora viene tenuto un cooking show  (ingresso 9 Euro) che insegna come fare la pasta strudel (che, attenzione, e' diversa sia dalla brisée, che dalla frolla, che dalla sfoglia), come farcirla e come cuocerla.  Al termine lo Strudel appena sfornato viene diviso e consumato dai golosi presenti. 
Dall'Austria lo Strudel passo' nel resto d'Europa, e ogni passaggio era caratterizzato da modifiche e aggiustamenti di gusto.
In Olanda, in particolare, la forma a spirale e' stata convertita in triangolare, semplicemente tagliando la pasta in forma quadrata e ripiegando uno spigolo su quello opposto.  Il nome Appelflap significa proprio "ripiegato (sigillato) di mele".
Dall'Olanda, al seguito delle emigrazioni verso i nuovi territori americani, l'Appelflap e' diventato un dolce di uso comune negli USA.   Naturalmente, dato che ormai in America non cucina quasi piu' nessuno, l'Appelflap e' reperibile gia' cotto e surgelato nei supermercati.  In America l'Appelflap e' ribattezzato "Turnover" che letteralmente significa "girato sopra", a significare, come per l'Appelflap, il ripiegamento della pasta su se stessa.

Concludo il pippotto riepilogando la genealogia: dalla Baklava in Turchia, allo Strudel in Austria, all'Appelflap in Olanda, al Turnover in USA.


E veniamo al mio personalissimo modo, di interpretare l'Appelflap.....

Anzitutto la pasta: io ho valutato l'uso delle tre paste canoniche, sfoglia, brisée e frolla e per i miei gusti la migliore resa e' quella della brisée.
Anche perche' il sapore meno marcato della brisée consente di assaporare meglio sapori e profumi della farcia.
Poi, appunto, la farcia: io ho usato mele dal gusto acidulo, per evitare che l'aggiuta successiva di componenti molto dolci (miele, uvetta, etc.) renda il tutto stucchevole.
Non ho precotto le mele, in modo da avere un gusto fresco di frutta.
Siccome il risultato dev'essere dolce, ma non dolcissimo, ho evitato il miele e ho usato poco zucchero di canna.
Altri componenti sono stati uvetta, pinoli e noci.  Nel nord Europa c'e' l'usanza di rinvenire l'uvetta in un liquore forte, come l'acquavite, se non proprio condirci la farcia.  Con lo scopo di arricchire il risultato di profumi, ma non di alcol, ho utilizzato un po' di vermouth dry, ma puo' andar bene anche del vino liquoroso, purche' non dolce.   E naturalmente ho usato un po' di cannella, ma poca, per non fare il risultato troppo cannelloso.

Andiamo....

Ingredienti, per ogni Appelflap
Una pasta brisée quadrata, sui 20 cm di lato
2 mele non farinose, basta che siano asprigne
2 cucchiai di uvetta
1 cucchiaio di pinoli abbrustoliti
1 noce tritata
1/2 bicchere di vermouth dry
1 cucchiaio di zucchero di canna
1 puntina di coltello di cannella in polvere
Buccia di arancia grattata

Preparazione
Mettere l'uvetta in un mini pentolino e versarci sopra il vermouth dry, o altro vino liquoroso, purche' non dolce.  Portare a bollore, spengere e lasciare a bagno un'oretta.
Accendere il forno e portarlo a 220 gradi.
Far saltare i pinoli in padella in modo da abbrustolirli.
Tritare la noce a coltello, quindi non troppo finemente.
Tagliare le mele a fettine sottili, sui 2-3 mm.  Non a cubetti, altrimenti l'Appelflap verrebbe bitorzoluto.
Mettere tutto in una ciotola, con l'uvetta non troppo sgocciolata, spolverare con il cucchiaio di zucchero di canna e con la cannella in polvere (poca!!).
Unire una mini grattata di buccia di arancia, o di limone.  Mescolare delicatamente il tutto e trasferirlo su meta' della brisée, a partire dalla diagonale e andando verso i bordi e lo spigolo, a formare insomma un triangolo di farcia.
Prendere il triangolo di brisée non farcito e ripiegarlo sopra a quello farcito.
Sigillare bene i bordi, schiacciando decisamente.  Se i bordi vengono irregolari non c'e' problema, dato che li rifileremo a coltello dopo la cottura.
Infornare su carta forno per 20 minuti.  L'alta temperatura del forno serve per rendere solida e croccante la parte superiore.  Passati i 20 minuti girare con cautela l'Appelflap in modo da far cuocere anche l'altro lato.  Detesto i fondi di pasta molliccia.   Per questo lato basteranno 15 minuti, o poco piu'.
Dopo tolto l'Appelflap dal forno lasciarlo intiepidire, perche' l'interno brucia come l'inferno, e poi con un coltello accontentare il lato estetico rifilando i bordi per renderli regolari.   L'Appelflap va consumato subito, perche' non e' adatto alla conservazione.   Ma vi assicuro che non avanza.


















Al taglio i profumi della farcia si spandono nell'ambiente.  Anzi, proprio per questo vi consiglio di tagliarlo in tavola.   All'assaggio la pasta e' croccante, mentre l'interno e' morbido e molto saporito.
I vari sapori e profumi si sentono ben distinti, dalla mela, all'uvetta, ai pinoli, al fresco profumo di agrumi.   Una vera delizia.

Provatelo, ve lo consiglio.

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26/11/13

Variazione (olistica) su burro e acciughe





















Tempo fa avevo fatto degli antipasti caldi con panini al latte riempiti di pancetta e altro.  Visti li', tutti uguali e uno accanto all'altro, mi erano sembrati i "minions" dei films "Cattivissimo me".   Per chi non li conoscesse vedere un'esempio con l'addestramento di nuovi assunti in una fabbrica di bombe, QUI.
OK, non c'entra niente con la cucina, ma Cristina vedendo questi minipanini (minions)  mi aveva detto "perche' non ci fai un post?".   Quei minipanini minions che avevo gia' fatto mi sembravano banali e ho pensato a qualcosa di piu' stuzzicante e chic. 
Ecco allora delle vere delikatessen da servire calde. 
Leggendo la lista degli ingredienti potreste pensare "che roba strana", ma il risultato e', come dire, olistico.  In altre parole, assaggiandoli troverete che il risultato e' maggiore della somma delle parti: una vera piacevole sorpresa.

Ingredienti
Panini morbidi al latte, sui 6 cm di diametro
Burro salato
Capperini sotto sale
Cipolla dolce
Aceto di mele
Acciughe marinate (spiegate nel seguito)
Buccia di limone


Qui li vedete in preparazione, dopo saranno coperchiati e messi in forno.


















Avvertenza: se io fossi un cuoco professionista descriverei la ricetta come fanno loro, in modo crudelmente sintetico: "Usare gli ingredienti per preparare i panini, infornare alla giusta temperatura e  servire".  Ma siccome io sono un dilettante, e per di piu' pignolo, descrivero' invece la preparazione della ricetta nei minimissimi particolari.  Sono fatto cosi'.


Preparazione
Qualche tempo prima, minimo un giorno, preparare le acciughe marinate.  Servono delle acciughe sotto sale di buona qualita'.  Non c'e' bisogno di essere snob e dire "se non sono di Cetara non le considero nemmeno", basta che siano buone e non salatissime.  Se dopo dissalate all'assaggio non solo non sanno di mare ma addirittura sembrano amare, allora non erano di buona qualita'.
Quindi: dissalare pervicacemente le acciughe, diliscarle, dividerle in due filetti e lasciarle asciugare ben stese.
Nel frattempo fare un trito finissimo di aglio (uno spicchio ogni 4 filetti) e poco prezzemolo. Versare un velo d'olio e.v.o. sul fondo di un contenitore in vetro, stendere i filetti asciutti senza sovrapporli e cospargere con un po' di trito.  Procedere cosi', a strati, finche' ci sono filetti.  Sopra l'ultimo strato ci deve essere il trito.  Coprire con olio e.v.o. non troppo forte (l'olio nuovo, per esempio, e' troppo forte) in modo che ci sia piu' o meno mezzo cm di olio sopra all'ultimo strato.
Chiudere il contenitore e aspettare un giorno.  Se si mette il contenitore in frigo, allora meglio aspettare due giorni.
Qualche ora prima di servire queste variazioni "minions" accendere il forno a 180 gradi, prendere i panini al latte e prepararli, come segue.  Una volta preparati in anticipo devono stare fuori dal frigo, in attesa del momento di servire.  Attesa che puo' benissimo durare qualche ora.
Con un coltello tagliare via la parte superiore per ottenere un cappello alto al massimo un cm.  Scavare delicatamente la parte inferiore stando attenti a lasciare circa un cm di spessore, specie sul fondo.  Mettere i panini in forno per 3-4 minuti, in modo che diventino croccanti.  Non infornare i coperchi perche', sottili come sono, brucerebbero subito (ve lo dice uno che c'e' cascato).
Quando i panini sono ben croccanti toglierli e lasciarli raffreddare.
Dissalare i capperini, che dovranno essere piu' piccoli possibile, altrimenti smezzarli, e tenerli da parte.
Ridurre a fette sottili una cipolla dolce e tagliare ogni fetta in due.  Mettere le mezze fette in un piattino e bagnarle con generosita' di aceto di mele, ma senza affogarle.  Questo sistema permette di togliere il forte alle cipolle, lasciandone il sapore dolce.  In una parola abbiamo "decipollizzato" le cipolle.  Decipollizziamo le cipolle per la tranquillita' di chi legge e sta gia' pensando "oddio, le cipolle!!".
Dopo una decina di minuti di decipollizzazione togliere le cipolle dall'aceto e lasciarle asciugare.
Togliere le acciughe dalla marinata, sgocciolarle e raschiare via eventuali pezzi di trito rimasti attaccati.  Tagliare ogni filetto in due pezzi, o tre se i filetti sono grandi.
Allineare i panini in fila (organizziamoci!), prendere la cipolla decipollizzata e metterne un paio di pezzetti sul fondo. 
Poi ritornare all'inizio della fila, prendere un pezzetto di acciuga e depositarlo sopra alla cipolla.
Tornare all'inizio della fila, prendere un cucchiaino abbondante di burro salato, e metterlo sopra all'acciuga.  Tenere presente il detto latino "melium abundare quam deficere".
Ancora un ritorno all'inizio della fila: mettere sopra al burro un capperino, premendo un poco e dare una grattatina minima di buccia di limone.
Rimettere il cappello sopra a gnni minipanino preparato e aspettare il momento di servire.
10 minuti prima di servire accendere il forno e portarlo a 180 gradi.  Quando in temperatura infornare i minipanini per 3-4 minuti, non di piu'.
Servirli caldi invitando i commensali a non tagliare i panini, ma a portarli alla bocca con le dita e addentarli. 
Quindi soffermarsi ad ascoltare i mugolii di piacere.  Guardate che non scherzo.





















Quando assaggiate, cioe' al primo morso del panino, che e' caldo e croccante, i diversi sapori vi aggrediscono, mentre il burro caldo vi invade la bocca.  Sentirete il mare dell'acciuga, il sole del capperino, la punta di cipolla decipollizzata, il dolcino dell'impasto del panino al latte.  Il profumo di limone aggiunge freschezza.
Un insieme di sapori, ben distinti l'uno dall'altro, che vi conquistera'. 
E conquistera' i vostri commensali, che vi faranno dei grandi complimenti.

Provate!






Anche questa ricetta, se a Cristina piacera', potra' essere inserita nella sua Raccolta 2














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03/11/13

Pasta cavolfiori e acciughe




















Che fare quando l'ispirazione manca e il blog ti batte sulla spalla e ti dice: "Scusa, sai, ma non ti pare di trascurarmi?".
Semplice: si prende una ricetta vecchia e la si arricchisce con qualche dettaglio.   Allora il blog vede arrivare qualcosa e per il momento si accontenta.
Ho scelto la pasta con cavolfiore e acciughe, che di suo e' facile e gustosa.
I dettagli che arricchiscono questa pasta sono la maggiorana fresca e la buccia di limone.   Un risultato davvero intrigante.

Ingredienti per 2 persone
Mezzo cavolfiore
3 spicchi di aglio
Poco peperoncino
3-4 rametti di maggiorana fresca
7-8 filetti di acciughe sott'olio
Mezzo bicchiere di vino bianco
Una padellona
Buccia di limone
Un sacchetto  (curiose, eh?)

Preparazione
Far lessare le cimette senza salare l'acqua, cosi' la cavolitudine resta intatta.  Mettere in un sacchetto di stoffa rada i rametti di maggiorana, o le sole foglie se avete la pazienza di toglierle dai rametti.   E' il classico sacchetto della nonna, che impedisce alle foglie di andare in giro per trovarsele poi tra i denti, ma consente di far passare tutto l'aroma.
Nella padellona far soffriggere l'aglio tritato in copioso olio evo insieme al peperoncino.  Sfumare con vino bianco e quando l'alcol e' evaporato aggiungere le cimette e il sacchetto della nonna.
Far andare a fuoco medio mescolando per una decina di minuti o finche' le cimette cominciano a disfarsi.   Eventualmente aggiungere un po' d'acqua per omogeneizzare.
Nel frattempo scolare i filetti di acciuga e tagliarli in 3-4 pezzi.  Lasciare un filetto intero per guarnire la porzione e fare i fighi.
Verso la fine della cottura togliere il sacchetto della nonna e schiacciare meta' delle cimette con la forchetta.
La meta' ridotta in poltiglia avvolgera' la pasta e la penetrera' (ossignùr, sembra una cosa sessuale).
L'altra meta' fara' da contrasto di consistenza.
Assaggiare e regolare di sale, ma fare attenzione, perche' poi le acciughe aggiungeranno la loro forte sapidita'.
Gia', e le acciughe?    Vanno aggiunte appena spento il fuoco, dando una (una!) mescolata.   Un altro piccolo trucco e' non far cuocere le acciughe.  Molti le fanno soffriggere nell'olio fin dall'inizio, ma e' un errore, perche' il risultato da' sull'amaro.  Ed e' piacevole trovare dei piccoli pezzi saporiti mentre si mangia.
Quando la pasta e' cotta al dente farla saltare nel padellone, eventualmente, ma non obbligatoriamente, aggiungendo un po' d'acqua di cottura.
Impiattare, magari con un coppapasta e premendo un filetto d'acciuga intero su una parete (siamo fighi, o no?).





















All'assaggio si sentono distinti i sapori dell'orto dato dal cavolfiore piu' il sapore del mare dato dai pezzetti di acciuga che fanno la loro comparsa a sorpresa in mezzo alla pasta; e infine l'aroma penetrante e fresco della maggiorana.   Una piccola grattatina di buccia di limone aggiunge profumo di agrumi.
Risultato intrigante, da provare.



Aggiornamento: la ricetta e' stata inserita nella Raccolta 2 di Cristina (WOW!)



















QUI il sito di Cristina, grande estimatrice del pesce povero, ma buono.    Sull'argomento aveva anche tenuto uno Show Cooking da noi in Toscana, l'avevo citata in un mio precedente post, e ritratta con la padella alzata :-)



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24/10/13

Antipasto - Vichyssoise allo zafferano e acciughe




















Oggi un antipasto che a vederlo non sembra un granche' (io verrei bocciato in "Presentazione", sono fatto cosi'), ma che nella sostanza e' non soltanto goloso, ma anche stuzzicante.   Come deve essere un buon antipasto.
L'ispirazione mi e' venuta assistendo allo show cooking di Cristina, QUI  in occasione dell'evento dedicato allo zafferano.
Cristina e' appassionata di cucina col pesce azzurro, per il quale ha anche curato una raccolta con "Un'Acciuga al Giorno"  (come, i portoghesi col baccala' si, e noi col pesce azzurro no?).
A quella raccolta, nel mio piccolo, ho partecipato anch'io con quattro contributi.  
L'obiettivo era raccogliere 365 ricette, Cristina ne ha ottenute 435. 
E la raccolta continua....
Sabato 19 Ottobre Cristina ha fatto uno show cooking attinente al tema dell'evento: lo zafferano.  E naturalmente cosa ha cucinato?  Pesce azzurro!

Ecco Cristina, qua sotto, in tutto il suo splendore.


















Insomma, facciamola corta: e per il pesce azzurro, e per lo zafferano, mi e' venuta qualche idea, cosi' ne ho materializzata una contenente sia il pesce azzurro che lo zafferano.
Per questi due ingredienti la ricetta e' dedicata, appunto, a Cristina.

Come si vede dal titolo questa e' una Vichyssoise arricchita da zafferano.   In questa vichyssoise si devono intingere (pucciare?) dei cubetti di pane arrostito con avvolta sopra un'acciuga sott'olio.  Risultato finale: divino.
La vichyssoise viene dagli Stati Uniti, dove e' stata creata nel 1917 da uno chef francese, Louis Diat,che  era al comando delle cucine del Ritz-Carlton di New York.
Dal luogo di nascita la famosa Julia Child aveva assunto essere la vichyssoise una gloria americana, mentre i francesi ne reclamano il diritto di primogenitura a motivo della nazionalita' dello chef.
La vichyssoise creata al Ritz-Carlton era servita fredda: "Crème Vichyssoise Glacée", mentre io l'ho preparata calda, anzi tiepida, con lo scopo di esaltarne sapori e profumi.
E comunque la vichyssoise pare che in origine fosse una preparazione della seconda meta' del 1800, servita pero' calda dallo chef Jules Gouffé.    Alcuni storici francesi di cucina sostengono che l'origine di questa ricetta risalga indietro nei secoli, essendo una preparazione contadina economica, semplice, calda e saporita, per dare l'illusione di aver fatto una bella cena.
Gli ingredienti sono davvero pochi e alla portata di contadini che cucinavano quello che avevano: patate, burro, porri, brodo di verdura.
Dal nome sembra chissa' cosa, ma e' sana cucina contadina.
Il nome attuale fu dato dal Luis Diat, in omaggio alla citta' francese vicino alla quale era nato, Vichy.
Un'aneddoto che mi riguarda: anni fa, quando non ero ancora appassionato di cucina, ma un normale e superficiale maschio italiano, ero convinto che fosse una strana ricetta francese, con dentro dell'acqua di Vichy (questi francesi!!).


Passiamo alla ricetta, tanto buona quanto semplice.



















Ingredienti per 2 persone
3 bei porri
2 patate medie
30 gr di burro
2 dita di vino bianco
2 litri di brodo di verdura
7-8 stimmi di zafferano
2 fette di pane quasi raffermo
Una scatola di filetti di acciughe sott'olio, meno salate possibile

Preparazione
Mettere a bagno in mezzo bicchiere di acqua fredda gli stimmi di zafferano e lasciarceli qualche ora.
Preparare un buon brodo di verdura.  Sbucciare le patate, tagliarle a pezzi e metterle a cuocere nel brodo di verdura.  
Prendere il pane, che consiglio del tipo toscano perche' non salato e quindi non invadente, togliere i bordi di corteccia e tagliarlo a fette, a strisce e quindi a cubetti di circa 1 cm e mezzo.   Il pane, non foss'altro che per tagliarlo meglio, dev'essere un po' raffermo.  Ma non solo per questo: un pane un po' raffermo ha evaporata buona parte dell'umidita' e percio' ha il sapore piu' concentrato.  Il pane toscano di almeno un giorno e' considerato dagli autoctoni decisamente migliore, tanto che c'e' il vecchio detto: "Pan d'un giorno e vin d'un anno".
Mettere i cubetti ad abbronzarsi in forno.
Fare a fette sottilissime i porri, la sola parte bianca che e' piu' dolce.  La parte verde la conserveremo per una futura minestra di verdura.
In una padellina mettere il burro e le fettine di porri.  Far soffriggere a fuoco medio-basso facendo attenzione che non si abbronzi (basta voltare l'occhio e.....).
Quando e' ben cotta, ma ancora di colore chiaro, versare il vino bianco e fare evaporare.
Quando questo e' evaporato versare un bicchiere scarso di brodo di verdura e far ritirare quasi tutto.
Prendere i filetti di acciuga, asciugarli bene e avvolgerli strettamente sui cubetti di pane, fermandoli poi con uno spiedino.  Lasciare la pelle del filetto all'esterno, in modo da arricchire lo spiedino anche con un po' dei colori cangianti dell'acciuga.
Quando sia i pezzi di patate che i porri sono cotti metterli nel bicchiere del minipimer e frullare a oltranza, aggiungendo il brodo di verdura in modo che il risultato sia un liquido pochissimo denso.  Al solito: deve velare appena appena il cucchiaio.
Quando e' pronto aggiungere l'infuso di zafferano, passato al colino, e dare un'altra frullata per omogeneizzare.  Due avvertenze: il risultato dev'essere molto fluido, perche' lo metteremo a riscaldare per portarlo alla temperatura di servizio e c'e' il rischio che la vichyssoise diventi una polentina.
L'altra avvertenza riguarda il sale: secondo me la vichyssoise e' gia' buona cosi', aggiungere del sale l'appesantirebbe.  Ma voi assaggiate e decidete come vi pare meglio, considerando che la vichyssoise sara' consumata insieme alle acciughe sott'olio che notoriamente sono molto saporite.
Scaldare la vichyssoise allo zafferano fino alla temperatura desiderata di servizio, senza tenerla troppo a fuoco e produrre una polentina.  Il microonde va anche bene, se usato con moderazione.
Servire in piccole fondine con su un paio di stimmi di zafferano per bellezza e con a fianco gli involtini di acciuga da intingere.
Un antipasto da spilluzzicare conversando, adatto a una serata con amici





















All'assaggio si apprezzano i sapori del dolce porro cotto nel burro, dello zafferano, unico nel suo genere di spezia, il tutto completato dal sapido dell'acciuga.
In piu' ci sono diversi contrasti: tra il caldo della vichissoise e il freddo dello spiedino. Poi c'e' contrasto anche tra la vellutata vichyssoise e il croccante del pane.
Insomma: buono e di bella figura.

Provate.

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17/10/13

Week end a Torino per Foodblogger e gastrofanatici toscani: Gastronomia, Mercato e CioccolaTO'


Si sta preparando una gita di due giorni a Torino, con un programma particolarmente adatto a foodbloggers e gastrofanatici in genere.
Grazie all'amica foodblogger Patty  e alla sua Agenzia di viaggi  la cosa sta assumendo un aspetto piuttosto invitante.
Personalmente voglio sfruttare i due giorni per vedere, fotografare e gustare.  

Tante idee....

Il mercato - Per esempio una visita al Mercato di Porta Palazzo: con circa un migliaio di banchi e' il piu' grande mercato in Europa di verdure e frutta.
Io ci sono stato un paio di anni fa e ne ho un piacevole ricordo: mercato vasto e multietnico, con tanti prodotti "nostrali" e altrettanti stranieri e, perche' no, esotici.  Come per esempio un banchetto che vendeva solo menta, tutta tagliata e ammazzettata, di sei o sette qualita' diverse.
Anche i frequentatori di questo mercato sono multietnici, come ad esempio le donne in chador che con la loro borsa scelgono attentamente verdure e spezie.
Nella parte coperta del mercato ci sono due sezioni, una per i prodotti ittici e l'altra per carne, pane, salumi, formaggi, etc.
Anche qui si trovano prodotti non italiani, come salumi, vini, pane fatto secondo le regole e con i sapori di diverse nazionalita'.  Un vero bazar.
E naturalmente qui si possono comprare -e consumare sul posto- street food e le cose piu' varie e golose.

Il Balôn - Nelle strade a ridosso del mercato coperto si trovano, specialmente il Sabato, botteghe piene di oggetti di modernariato e piccolo antiquariato.  E di molto altro, tipo mercato delle pulci.
Magari cose futili, ma preziose per chi e' appassionato o collezionista.
Dicono che basta cercare, che al Balôn si trova di tutto.

Il centro di Torino - Oltre ai famosi e bellissimi bar in centro ci sono negozi adatti alle nostre passioni,  poi c'e' il gelato di Grom,  c'e' la possibilita' di godersi il famoso Bicerin (bevanda a base di caffe', cioccolato fondente e crema di latte, un vero peccato di gola).
Si puo' passeggiare tranquillamente, per esempio sotto i portici del lato sinistro di Via Po andando verso il fiume in quella che e' chiamata "La passeggiata del Re".   Si puo ' visitare il Museo Egizio aperto anche Sabato e Domenica 8.30-18.30, o la Mole Antonelliana, col suo celebre Museo del Cinema e l'ascensore a vetri che porta a oltre 80 metri di altezza (10-19 anche Sabato e Domenica).
E, anche, c'e' la possibilita' di sedersi in un ristorante tipico e gustare le specialita' piemontesi che gia' conoscete: raviolini del plin, tajarin, finanziera, tartufi, battute di fassona, bagna caoda, etc. etc. etc.

CioccolaTO' - Sabato e Domenica si apre CioccolaTO'.    Cito: “Il periodo dell’anno più affine al cioccolato accoglierà visitatori, turisti e consumatori del “Cibo degli Dei” in uno dei più eleganti salotti della Città di Torino. Sara' infatti Piazza San Carlo ad ospitare la dolce kermesse, grazie ad iniziative per grandi e piccini, con incontri con esperti del settore, degustazioni guidate gratuite, attività culturali e di animazione e tanto altro ancora”.
E' un appuntamento con le tipicità piemontesi e quelle del panorama internazionale del cioccolato.  Si passeggia nella piazza, si guarda, si assaggia.
Soprattutto si assaggia, per quanto mi riguarda.


























Le date sono Sabato 23 e Domenica 24 Novembre, viaggio in pullman GT, pernottamento in Hotel 4 stelle, cena in un ristorante tradizionale con menu tipico.
Il prezzo e' decisamente buono.  I dettagli li trovate QUI  e QUI.
Partenze da Siena e da Firenze, con eventuali fermate a Prato, Pistoia, Montecatini, Lucca.
Per le informazioni e le prenotazioni  (che saranno evase in ordine di arrivo, occhio a non restare fuori) telefonare in Agenzia: 0577-271653.

Corymbus Viaggi
Via massetana Romana, 56
53100 Siena
Tel. 0577 271653
viaggi@corymbus.it
www.viaggicorymbus.it

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14/10/13

Torta Gabriela "9 Ottobre"
















Qualche giorno fa era il mio compleanno e una conoscente romena, Gabriela, si e' presentata con una torta che ci ha lasciato, tutti, a bocca aperta.

Bella pannosa, lavorata stupendamente.     Dimensioni 40x30, alta 8-10 cm, guarnizioni escluse.


















Non ho avuto tempo per fotografarla come si deve, ma immaginatela piu' bella di quello che appare in foto.
Gabriela in Romania faceva la pasticcera, qui fa altro.   Ma ogni tanto si rimette all'opera.
Lavora anche su ordinazione, un po' per hobby, un po' per arrotondare.

Dentro era formata da tre strati di pan di spagna, quello sotto imbevuto di un liquore leggerissimo e aromatico, che ha scatenato la fantasia di chi voleva indovinare cosa fosse.   E' rimasto un segreto della chef.
Poi strato di panna, poi strato di pan di spagna al cioccolato, poi panna, poi pan di spagna asciutto, per evitare, ha detto, che la panna montata della decorazione soprastante si decomponesse a contatto col liquido di una bagna.
Decorazione con panna (3 formati di beccuccio), buccette di arancia, pezzetti di fragola, kiwi.
E cioccolato lavorato (su piano freddo unto con olio, dice) e decorato con scritte e venature in glassa.


















Ho provato a descriverlo, ma le parole non rendono.   Era buona, era tanta.    Cosi' che corposi assaggi sono poi finiti alle condomini, ormai affezionate assaggiatrici.

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11/10/13

Savory Purple Pie






















Il nome dovrebbe attirare l'attenzione, spero.   Savory, cioe' saporita, lo era di sicuro.  E purple, violacea, pure.
Ma non pensate che ci sia dentro chissa' cosa.    Intanto non c'era della marmellata.  Non era un dolce, ma una torta  messa insieme per cena.  Consumata per tre quarti, mi piangeva il cuore doverla gettare, perche' messa in frigo o lasciata fuori a temperatura ambiente avrebbe perso quella gioiosa croccantezza che era una delle sue qualita'.
E cosi' l'ho fotografata.  Almeno posso mostrarla un po' in giro.....
L'ho preparata con quello che c'era in casa, tutta vegetariana e quasi a zero grassi.   Ed e' venuta molto, ma molto "savory".

Ingredienti, per una tortiera di 28 cm
2 rotoli di pasta brisée pronta (era in frigo)
4 grosse patate
4 rape rosse cotte e sottovuoto
Tanto basilico
Brodo di verdura
Olio e.v.o. leggermente piccante
2-3 ruote di cipolla
Sale

Preparazione
Di rape rosse cotte e sottovuoto ne abbiamo quasi sempre in casa.  E' una delle poche cose che compriamo gia' cotte, perche' sono state lessate (quindi cotte ad alta temperatura e percio' sterilizzate) e conservate sottovuoto.  L'unica avvertenza e' di sbucciarle, in modo da utilizzare la parte interna.
A proposito delle rape rosse mi e' capitata una cosa buffa: quando ero un bimbetto per invogliarmi a mangiarle la mamma mi diceva: "ci sono le rapine rosse, guarda belline". Martella oggi, martella domani anche oggi le ricordo cosi'.  Anni fa ero a cena in un ristorante di Bologna con dei colleghi e di contorno c'erano anche quelle, al che mi scappo' detto: "Bene, ci sono le rapine rosse" e da quel momento in poi sono stato preso in giro a sangue, perche' le rapine, e' noto, si fanno a mano armata.  
Qui le chiamero' RAPE rosse,  OK?
Sbucciare le patatone, smezzarle e farle lessare in brodo di verdura, se disponibile, altrimenti va bene anche in acqua.
Mentre le patatone cuociono fare una prima cottura in bianco del fondo di brisée.
Poi prendere tanto basilico e farlo a chiffonade, ossia a striscette fini fini, che e' il modo migliore di tagliare le erbe aromatiche a foglia grande se si devono cospargere su qualcosa.
Tagliare 2 belle ruote di cipolle e tritarle molto fini.  Vi faccio grazia del termine francese per questo taglio.
Quando le patate sono cotte i casi sono due: o le fate raffreddare prima di tagliarle, o avete fretta e le tagliate scottandovi i polpastrelli e borbottando.  Basta che le affettiate non piu' grandi di un centimetro.
Infine sbucciare bene le RAPE rosse e affettarle sul mezzo centimetro, cioe' piu' fini delle patate.  Perche'?  Fidatevi e basta, curiose!
E' il momento di montare la torta. Il primo strato e' con le fette di patate. Se ne avete voglia riempite i vuoti con i pezzetti di patate che inevitabilmente si formano quando le affettate.  A me succede.
Adesso bisogna dare sapore alle patate con un po' d'olio.  Io ho usato un pennello  altrimenti l'olio si spande, va a ammorbidire pericolosamente il fondo della torta e saranno dolori a sformarla senza romperla. Per dare un po' di sprint io ho usato un olio leggerissimamente piccante, ma fate voi.  Salare senza timidezza, spargere la chiffonade di basilico e la brunoise di cipolla.  Coprire con uno strato di rape rosse, salare, fare un altro strato di patate, olio, basilico e cipolla, e infine l'ultimo strato di rape rosse, salando ancora un po'.  Ogni strato va salato, anche se poco, perche' la brisée di suo smorza molto i sapori degli altri ingredienti.  Coprire con l'altro disco di brisée, fare un piccolo foro per lo sfiato del vapore che si forma in cottura e infornare per 40-50 minuti a 190 gradi. O finche' colore e croccantezza della brisée non vi soddisfano.























Fare questa torta e' davvero semplice.  Siccome per descrivere la ricetta potevano bastare quattro righe, l'ho fatta un po' lunga, vestendo di parole quella semplicita'.
All'assaggio, dopo il morso della croccante brisée, si sentono distintamente sia il dolcino delle rape rosse, che il leggerissimo piccante delle patate, che la puntina di sapore delle cipolle, che, infine e su tutto, il profumo del basilico.
Una saporosa delizia, da gustare bella calda nelle sere fredde e piovose. 
E poi diciamolo: e' tutta vegetariana, e' praticamente a zero grassi e si fa semplicemente e con pochi ingredienti.
Vi consiglio di provarla.

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07/10/13

L'isola bionda






















AVVISO 1 - Questo e' un post turistico, con solo qualche descrizione di cucina.

AVVISO 2 - Quando viaggio cerco di immergermi nell'ambiente che mi circonda, quindi non mi limito a guardare intorno e a fare foto, ma parlo con la gente e cerco di capire, almeno un poco, la loro differente cultura.  Quindi troverete qui molti fatti che non si leggono nelle guide turistiche; e qualche mia personalissima opinione.
Se poi volete saperne ancora di piu' potete consultare Wikipedia, QUI.


Ho chiamato Malta l'isola bionda perche' tutte le costruzioni: case, chiese e mura fortificate sono fatte con blocchi di pietra arenaria locale, che ha appunto un bel colore biondo.

Nel seguito qualche esempio....






































Qui sotto un altro vicolo in pietra bionda.  Si noti il cartello sulla sinistra, eredita' della dominazione inglese, che dice che non devono entrare veicoli piu' larghi di 5 piedi e 6 pollici.





















Nell'isola -proprio perche' si trova al centro del Mediterraneo- sono passati un po' tutti. Anche San Paolo, che era imbarcato su una nave che lo doveva portare a Roma per essere giudicato.  La nave naufrago' e nell'attesa di un altro trasporto San Paolo si mise a predicare per cercare di convertire  al cristianesimo chi lo ascoltava.  Ma lo ascoltavano in pochi, finche' San Paolo non venne casualmente morso da una vipera.  Gli astanti pensarono che per lui fosse finita, ma San Paolo continuo' a predicare come se niente fosse.  La voce del fatto miracoloso si sparse e molta gente comincio' ad ascoltarlo perche' chi sopravvive ai morsi delle vipere deve essere qualcuno di speciale.  Cosi' grazie a una vipera inizio' la prima cristianizzazione di Malta.
Nella foto sottostante si vede San Paolo scolpito nella pietra bionda mentre viene morso dalla vipera e continua a predicare.


















Altro utilizzo della pietra bionda e' nella costruzione di muri a secco.  Questi coprono l'isola di un fitto reticolo, a delimitare i non molti appezzamenti coltivabili e per riparare dal vento le scarse colture. Scarse perche' Malta e' un'isola arida, rocciosa e brulla, nella quale solo agave e fichi d'india crescono spontanei e rigogliosi.
I muri a secco sono molto comuni anche per delimitare le normali strade fuori citta', vedi sotto.



















La capitale e' La Valletta, che noi pensiamo essere una sola citta'.  In realta' i maltesi identificano come La Valletta solo una della tante citta' che attaccate l'una all'altra costituiscono un unico grande insieme cittadino.  Loro le chiamano citta', ma secondo il nostro punto di vista sono solo dei quartieri, e nemmeno tanto grandi.
La Valletta, come la intendono loro, conta poco piu' di 6.000 abitanti   E' costruita su una penisola collinosa e le strade formano una scacchiera, cosi' che praticamente da ogni strada si vede, in fondo, il mare.



















Un'altra particolarita' di La Valletta sono i suoi balconi coperti che sporgono sulla strada.   Molti pensano che siano un'eredita' della dominazione inglese, come i bow window, ma sono invece di origine araba.
I balconi, in maltese gallariji (gallerie), consentivano alle donne di guardare in strada o di parlare con le vicine senza essere viste dal basso, perche' secondo l'usanza araba le donne non si devono mostrare ad altri uomini che non siano il marito.


















I balconi di solito sono in legno, ma a volte sono anche di pietra e ferro battuto.





































Qui si vedono i due stili, affiancati.



















Malta e la pietra sono cosi' intimamente legate che persino nelle chiese le decorazioni sono scolpite nella pietra.  Non in stucco, ne' in legno, ma proprio ricavate scavando con scalpello e martello dentro le pareti.   Incredibile.





















































Questa era la cattedrale di La Valletta.   Se fuori c'era caldo, dentro sembrava di asfissiare.   Anche qui, come in altre chiese di Malta, ogni 5 metri circa c'erano dei grossi ventilatori accesi al massimo e piazzati all'altezza della vita dei presenti.  Succedeva allora che mentre uno camminava col naso all'aria veniva investito all'improvviso da un forte getto d'aria fresca che gelava il sudore addosso.


E il mare?   Beh, il mare e' bellissimo.   Qui veramente ho rimpianto di non saper nuotare.  Veniva voglia di immergersi e diventare tutt'uno con quella limpida e fresca azzurrita'.
Per darvi un'idea di quanto fosse limpida l'acqua guardate le due foto che seguono, riprese all'interno dei porti!!
La prima in quello de La Valletta.


















La seconda, dentro il porto dell'isola di Gozo, e' stata presa dal traghetto che stava per riportarci a Malta.



















I pesci si aggiravano intorno al traghetto perche' sapevano che i turisti avrebbero gettato loro qualche briciola di patatine fritte.  E avevano ragione.

Nella foto sotto un altro scorcio di mare.  Il mare e' anche qui bellissimo, ma osservate quanto puo' essere povera di vegetazione Malta.



















Nelle foto sotto una delle meraviglie di Malta.  Queste rocce sono emerse nel corso di millenni dall'acqua, ma per la tenerezza della roccia maltese e per le condizioni atmosferiche questa meraviglia tra qualche decennio non ci sara' piu'.



















Osservate anche i soliti turisti italiani che si arrampicano (in ciabatte!!) dove non dovrebbero, perche' la roccia e' tagliente e scivolosa.  E oltretutto mi hanno "sporcato" la foto....

Per una foto senza turisti mi sono allora spostato....




















La roccia, tenera com'e' e stressata dalle condizioni atmosferiche, e' soggetta a fessurarsi e, in futuro, a franare.
Qua sotto una bella crepa e altri turisti italiani, in esplorazione.



















Pero' c'era qualche maltese che era riuscito a isolarsi e si godeva una giornata di pesca solitaria in quello splendido ambiente.  (che ne dici, Giorgio?)





















Ecco anche qualche foto della mia turista preferita....





















































Un'altra cosa che mi e' piaciuta di Malta sono i suoi gatti














































Ma insomma, che impressione si ritiene guardando Malta da vicino?
Ci sono delle sottili differenze con gli ambienti ai quali siamo abituati, a volte le rileviamo solo a livello inconscio.  Altre volte le differenze sono palesi e spesso lasciano spiazzati.
A Malta si vede un gran pot-pourri di stili: si va dal classico british, all'arabesco, al barocco, al basso medievale.  Anche in Italia ci sono diversi stili, ma di solito sono ben distinguibili.  Qui sono intimamente connessi e la prima sensazione e' di estraneita'.
Ma tutto sommato lo scopo del turista e' vedere cose nuove.
A Malta ti capita di camminare nella luce quasi accecante, sotto un cielo che piu' blu non si puo', sotto un sole che ti sta trapanando la fronte e cosi' ti senti in un ambiente vacanziero da profondo Sud.
Poi giri l'angolo e ti trovi davanti le rosse cabine del telefono e le buche per le lettere tipicamente inglesi.

























Oppure cammini per strada col naso per aria, da perfetto turista, e ti capita di stare per urtare qualcuno?
Questo si scostera' mormorando, LUI, un compito "sorry".

Ero stato gia' a Malta negli anni '70, quando ancora non si erano resi indipendenti dall'Inghilterra e dalle loro abitudini; i poliziotti erano identici a quelli di Londra: dei bobbies fatti e finiti, col fischietto, vestiti di nero, e con il grande elmo.  Tanto che mi chiedevo come facessero a resistere a quel caldo.
Qua sotto invece ho fotografato due finti militari inglesi che distribuivano volantini per far visitare il museo della guerra.  La divisa e' quella estiva, e loro si sono strategicamente posizionati all'ombra, ma di sicuro soffrono un bel caldo.








































Perche' a Malta c'e' sempre caldo: in Agosto siamo sui 39-40 gradi e in inverno la temperatura non scende mai sotto i 10 gradi.  Mi hanno raccontato che nelle case maltesi il riscaldamento proprio non e' installato, al massimo se sentono freddo possono accendere una stufetta, non altro.
In compenso i condizionatori sono comunissimi.

Con la temperatura che non scende mai ai livelli invernali ai quali siamo abituati noi capita che molti pensionati inglesi passino 3-4 mesi a Malta.  Gli alberghi per periodi cosi' lunghi e fuori stagione fanno dei prezzi bassissimi per la pensione completa, cosi' che i pensionati inglesi spendono meno nel passare l'inverno a Malta che vivere e accendere il riscaldamento a casa loro.


Come dicevo  una cosa che colpisce subito e' l'uso universale della pietra calcarea bionda nelle costruzioni.  Ad eccezione delle nuove costruzioni sulle coste, dove i palazzoni e gli hotel di cemento ingombrano l'orizzonte.  

















Parentesi: in quella barca ci sono dei turisti che tornano dalle loro immersioni, bombole gialle e tutto.  Malta e' infatti uno dei paradisi per sub, sicuramente ai primi posti nel Mediterraneo.

Tornando all'edilizia: qui sono passati  direttamente dalla pietra al cemento, saltando a pie' pari i mattoni.  Il perche' e' semplice: non esistono a Malta giacimenti di argilla, e quindi i mattoni dovrebbero importarli da fuori, mentre tutta l'isola e' fatta di pietra calcarea bionda.  Che mi ricordi non ho visto una sola costruzione di mattoni.
Qua sotto un ulteriore esempio di case fatte con grandi blocchi in pietra bionda.



Stanno  pero' molto attenti a conservare le costruzioni in pietra bionda, tanto che una qualsiasi costruzione in pietra anteriore al 1934 non puo' essere toccata.
Almeno nella facciata, perche' ho potuto constatare di persona che in certi cantieri  c'era la sola facciata di pietra, mentre il dentro era stato demolito e ci stavano costruendo ex-novo.


Malta si e' resa indipendente dall'inghilterra ed e' diventata repubblica negli anni '70.  Allora internet non c'era e i maltesi guardavano la televisione italiana (siamo ad appena 80 Km dalla Sicilia).
Poi, pero', con internet e la TV satellitare, la lingua italiana e' stata sempre meno seguita, specie dai giovani.  Ad oggi solo le persone di mezza eta' -e naturalmente quelle nell'indotto del turismo- parlano l'italiano.  Pero' lo capiscono un po' tutti.

A Malta si parla il maltese, una lingua davvero strana, di sicuro a noi incomprensibile.  Il linguaggio parlato ha cadenze arabe, con intercalato qualche termine siciliano, inglese o francese.  Il linguaggio scritto e' altrettanto incomprensibile.  Qua sotto un cartello con il nome di una piazza e di un quartiere (credo): vedete un po' voi cosa ci capite.


















L'altra lingua ufficiale e' l'inglese, che e' parlato veramente da tutti.  Solo gli anziani non lo parlano speditamente.  O volentieri.

Ma la vicinanza con l'Italia ha lasciato nel maltese molte tracce: in maltese buongiorno si dice bongio e grazie si dice grazi.    Le similitudini con le lingue latine e arabe sono molte.  

Una curiosita': le verdure hanno l'originale nome arabo, del tutto generico, di hashìsh.  Quando ancora qualche anno fa c'erano dei contadini che giravano col carretto per vendere la loro mercanzia gridavano forte hashìsh, hashìsh!  ed e' capitato che qualche turista si avvicinasse, timido ma speranzoso, per vedersi offrire ad esempio dei bei cavolfiori.


A Malta le tasse sono piu' basse che in Italia: il massimo massimo che un privato puo' pagare e' sul 30%, mentre le aziende estere dal punto di vista fiscale sono ultra favorite, proprio per invogliare gli investimenti e far crescere i posti di lavoro.

Se non ho capito male la sanita' e' invece a pagamento, ma non totalmente perche' una parte e' rimborsata dallo Stato.  Insomma: i maltesi avrebbero un ticket piuttosto alto.

Sono attentissimi all'istruzione, secondo il sano concetto (e il buon senso) che un maltese istruito contribuira' a un migliore futuro della Nazione.   L'istruzione e' infatti totalmente gratuita, dall'asilo all'universita'.  Mi hanno detto che per le tre facolta' universitarie che a Malta non ci sono, e cioe' ingeneria biomedica, astrofisica, e un'altra che non ricordo, lo Stato assegna borse di studio a copertura totale di costi per studiare a Londra.

Anche nell'alimentazione scolastica c'e' molta attenzione: siccome da uno studio statistico avevano rilevato una tendenza degli studenti a ingrassare sono state proibite nelle scuole bibite e merendine.
Alle 10 viene offerto un bicchiere di latte e a pranzo c'e' abbondanza di frutta e verdura.



Adesso parliamo di profughi.  E' noto che Malta non soccorre le imbarcazioni di profughi e che quando ne avvistano una chiamano direttamente la guardia costiera italiana perche' se ne occupi per portarli in Italia
Loro motivano questo atteggiamento col fatto che Malta e' troppo piccola (400.000 abitanti in totale) per accogliere e dare lavoro a folle di profughi; e che i profughi senza possibilita' di lavoro si danno, sia pure per sopravvivere, alla delinquenza.
Comunque quando i profughi riescono ad entrare a Malta vengono accolti e divisi tra quelli per i quali c'e' una identificazione e una provenienza certa e quelli che non possono, o non vogliono (il caso piu' frequente) farsi identificare, ne' con il nome ne' per la provenienza.
I primi sono ospitati in un campo aperto, dove possono entrare e uscire a piacere, mentre i secondi vengono internati in un campo chiuso finche' non sono identificati e rimpatriati.
La mattina presto davanti al campo profughi aperto c'e' sempre una fila di camioncini e pulmini di piccole imprese, ma soprattutto di agricoltori, che offrono lavoro in nero.
Il governo lo sa e chiude non solo un occhio, ma tutti e due, perche' i profughi senza lavoro finiscono per delinquere.  Magari i profughi lavorano per pochi soldi, ma lavorano e mantengono in qualche modo se' e la loro famiglia.   Quelli che non trovano un lavoro stabile dopo un certo tempo vengono rimpatriati.
I profughi trovati a delinquere sono rimpatriati all'istante.

Sara' forse anche per questo atteggiamento verso i profughi, ma sicuramente e' per il  carattere tranquillo e rispettoso di tutti i maltesi, che la criminalita' e' a livelli bassissimi.  Mi hanno spiegato che le forze di polizia maltesi sono molto piccole, proprio perche' non hanno molto lavoro.
Comunque la stragrande maggioranza del poco lavoro di polizia che c'e' e' causato dai turisti, non dai maltesi.



E veniamo ai turisti.  Ci sono due tipi di turismo: quello scolastico e quello culturale.  Il turismo scolastico e' costituito da frotte di ragazzi e ragazze che con la scusa di imparare dal vivo l'inglese soggiornano per qualche mese in un paese pieno di sole e di mare.  E dove ci sono giovani c'e' necessita' di divertimenti.  Bene, tra i quartieri di La Valletta c'e' n'e' uno chiamato Paceville ormai dedicato all'intrattenimento e ai divertimenti, soprattutto notturni.
Nelle strade in saliscendi di Paceville ci sono discoteche, bar, pub, ristoranti, kebab, pizzerie, bowling, etc. tutti attaccati l'uno all'altro, tanto che mi chiedevo come facessero gli abitanti dei piani superiori degli edifici ad entrare in casa propria: non vedevo portoni d'ingresso, solo locali attaccati l'uno all'altro.

A partire dalle 20 fino al mattino il rumore dei locali, la musica altissima e dai bassi rimbombanti, le luci colorate, il vocio dei ragazzi sono una costante.  Al mattino le ultime ragazze ubriache si dirigono barcollanti verso gli ostelli, ancora tampinate dai ragazzi locali che evidentemente sperano nei resti.
A passare per quelle strade verso le 8 del mattino sembra di essere a Las Vegas di giorno: tutto triste e squallido, a confronto con le luci, la musica e il rumore della notte.
Si vedono cartacce, bottiglie e chiazze di vomito.  A quell'ora numerosi spazzini sono vigorosamente all'opera e tutte le strade vengono lavate, ogni mattina.

Il turismo e' comunque il benvenuto perche' porta denaro fresco e sostiene molti posti di lavoro.
L'aspetto negativo del turismo e' purtroppo la cementificazione: molta parte delle coste ha il profilo dei palazzoni di citta'.  Quasi tutti alberghi, a dimostrazione che il turismo e' in aumento.
Un altro aspetto e' la sciatteria dei turisti, che di certo a casa propria si comportano e si presentano in modo diverso.
Qui sotto il tipico turista tedesco.  Che fosse tedesco sono sicuro perche' l'ho sentito parlare.




















A Malta non ci sono grosse industrie e l'agricoltura ha poco sviluppo, data l'aridita' del terreno.
L'acqua per esempio e' molto scarsa, perche' la pioggia cade di rado.  Per cui la quasi totalita' dell'acqua vien dalla desanilizzazione.  I turisti vengono spesso avvisati che l'acqua pubblica ha uno strano sapore.  E' potabile, sicuramente, ma di gusto diverso da quello al quale siamo abituati.  Cosi' che tutti i turisti viaggiano con le bottiglie d'acqua appresso.  Io ho assaggiato l'acqua del rubinetto ed effettivamente sa un poco di salmastro, ma per carita' niente di sconvolgente.  Da buon gastrofanatico ho subito pensato come potrebbe cambiare il sapore degli alimenti cucinati, ma siccome non ho cucinato non mi sono potuto levare la curiosita'.
Malta per i propri bisogni, sia alimentari che non, e' indipendente solo per il 20% mentre il resto deve venire importato.  Data la vicinanza con l'Italia molto viene da li'.
Domenica per esempio ero al ristorante al porto di Marsaxlokk e osservavo il macinino del sale sul tavolo, con l'etichetta in inglese e magniloquenti descrizioni della qualita' del prodotto.  Poi leggo le scritte in piccolo e vedo:  Ditta X, Via Jacopo Nardi, 50132, Firenze.
Dovevo proprio venire a Malta per usare del sale italiano.  A proposito di sale: Malta e' stata una grande produttrice di sale marino, tanto che una discreta parte del reddito era costituita dalla esportazione di sale.  Purtroppo una grossa tempesta nel 2003 ha distrutto le saline, che ora il governo maltese sta ricostruendo.  

In compenso la poca agricoltura che c'e' e' favorita dal clima caldo: ho visto degli acini d'uva grandi come fossero pomodorini a grappolo e delle susine grandi come arance; e non esagero.


Data la posizione geografica al centro del Mediterraneo Malta e' stata visitata e abitata praticamente da tutti: fenici, arabi, romani, siciliani, tunisini, libanesi.  Ognuno ha lasciato qualcosa.   I primi abitanti datano da circa 7.000 anni fa.  Ho visitato due imponenti siti megalitici che lo testimoniano.
Apro un'altra parentesi: sara' che noi abbiamo tanti e tanti siti archeologici che non possiamo seguirli e proteggerli tutti come dovremmo (vedi Pompei, dove ogni tanto crolla qualcosa), mentre a Malta ce ne sono veramente pochi.  Fatto sta che qui i siti piu' importanti sono coperti dalle intemperie con delle grandi cupole, cosi' da conservarli.


































Sempre restando a tanti anni fa, ma non cosi' tanti come per i templi megalitici, si sappia che la Rosa dei Venti, cosi' come la conosciamo noi oggi, e' stata creata a Malta dagli arabi, tra l'anno 800 e l'anno 900.




















I nomi dei venti sono stati creati secondo la direzione con la quale questi arrivavano a Malta.  Cosi' il vento che arrivava a Malta dalla direzione della Grecia ancor oggi e' chiamato Grecale.  Dalla direzione della Libia veniva il Libeccio, e da quella di Marsiglia il Maestrale.
Il vento che passava da Marsaxlokk (si pronuncia marsa-shlok) e' chiamato Scirocco, da shlok.



Malta e' al 97% cattolica, il resto e' formato da pochi cristiani protestanti, mentre i musulmani sono davvero pochissimi.  Dei cattolici moltissimi sono regolari praticanti e non hanno simpatia per gli islamici,  Sara' per questo che i musulmani sono tanto pochi.
Abbiamo chiesto se i matrimoni "misti" erano in qualche modo ostacolati, vista la prevalenza di cattolici tanto ferventi.  Ci hanno risposto assolutamente nessun ostacolo, tanto che i matrimoni misti esistono, anche se pochi di numero.  Per esempio a oggi le donne maltesi sposate a musulmani sono solo 213.
Siamo rimasti stupiti da tanta precisione, ma dovevamo aspettarcelo: Malta e' davvero piccola e molti si conoscono, per vicinanza di abitazioni o per lavoro. 
Per esempio, nei matrimoni cattolici -proprio perche' tutti si conoscono- gli invitati non sono mai meno di 400.  Dato il gran numero non esiste il pranzo di nozze, vengono invece affittate delle ville con giardino e allestiti dei tavoli a buffet con stuzzichini.
Tradizionalmente non si fanno regali di nozze, ma si danno delle buste con denaro contante, cosi' che gli sposi evitano di avere doppioni di regali e si comprano quello che vogliono.
Ultimamente si e' fatta strada la lista di nozze on line, dove pero' gli sposi, in maggioranza, mettono in lista quote del viaggio di nozze. 



Geneticamente il DNA dei maltesi per il 96% e' uguale a quello dei siciliani mentre il restante e' uguale a quello dei tunisini.
Il tipico abitante di Malta non e' longilineo e nella corporatura ci sono forti somiglianze con certi siciliani di mezza eta'.  
Diciamo che il maltese tipico e' "compatto".








































































E adesso, alla cucina ! ! !

La cucina e' tipicamente mediterranea, intendendo per mediterranea una mescolanza di ingredienti, sapori, odori e spezie provenienti da tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
La loro cucina e' basata su piatti unici, o di pasta o di carne e pesce.
Sono forti consumatori di pasta, sia comprata che fatta in casa.  A esclusione della pasta gli altri cibi sono sempre cucinati a lungo, a fiamma bassa o in forno.
Come carne quella bovina non e' molto frequente, e la ragione e' semplice: per l'aridita' della terra di Malta i pascoli non esistono, o quelli che esistono sono insufficienti.  I bovini allora sono allevati in enormi stalle coperte, ne ho viste alcune dal pullman e sono bellissime: spaziose e ben aereate.   Ben aereate vuol dire praticamente senza pareti, dato che l'inverno a Malta non esiste.  I bovini sono alimentati con foraggio importato e dato che non sono molti sono trattati molto bene, perche' poi spuntino un buon prezzo.   
Nel consumo di carne dei maltesi al primo posto c'e' il pollame, seguito dal coniglio e dalla pecora.   Il pollame perche' e' di facile allevamento, il coniglio perche' ha buona resa, grazie all'entusiasmo che mette nel riprodursi, e infine dagli ovini, pecore e capre, perche' resistenti e adattabili.
Dato che ci sono pochi bovini il formaggio che si trova e' quasi esclusivamente pecorino e caprino.  I formati sono piccoli, sui 10 cm al massimo. Gli maltesi dopo la naturale stagionatura li conservano sotto olio insieme a qualche erba aromatica e granelli di pepe.  In questo modo quel formaggio, che altrimenti non durerebbe a lungo, e' consumabile anche dopo lunghi periodi.
Ho assaggiato i loro caprini e, con dispiacere, devo ammettere che i loro casari hanno qualcosa da insegnare ai nostri.  A Malta non ci sara' molta varieta' nei tipi di formaggi, ma la qualita' e' davvero molto alta.

I nomi dei cibi rispecchiano la centralita' geografica di Malta, con la lingua formata dai tanti contributi delle lingue dei vicini.
Ecco alcune specialita' maltesi. Da notare come molte parole siano simili alle nostre. Per chi se lo chiedesse: sul posto ho comprato un libro di cucina maltese.

- bragioli: fettine di carne, di solito arrotolate e cotte al vino rosso
- zalza: salsa
- soppa: zuppa
- soppa tal-fazola: zuppa di fagioli
- pulpetti: polpette
- kapunata: caponata
- zalzett: salsiccia
- galletti: crackers
- aljotta: zuppa di pesce all'aglio
- kubbait: torrone (in siciliano il torrone e' chiamato cubbàita)
- ross: riso (in spagnolo il riso e' arroz)
- timpana: timballo (di pasta)
- mqarrun: maccheroni
- kassatat: pan di spagna ripieno di marzapane e ricotta
- ir-irkotta: ricotta
- kannoli: cannoli
- pastizzi: pasta sfoglia  ripiena di ricotta. Buonissimi, ho anche provato a riprodurli, ricetta piu' sotto.
- ravjul: ravioli
- cerna: cernia
- klamar: calamaro
- tunnag: tonno

Molti altri cibi hanno nomi poco riconoscibili....
- hobz: pane
- hobz bizgbejniet-zej: bruschettine con pomodoro, cipolla, caprino e menta
- qarnit: polipo

- bringiel: melanzane
- gbejniet: formaggio caprino
- bigilla: impasto di fagioli
- soppa tal-quarabaghli: zuppa con zucchine

- stuffat tal-Fenek: coniglio stufato alle spezie
- fenek moqli: coniglio fritto con vino e aglio
- ful bit-tewm: fave all'aglio
- figolli: dolcetti di marzapane
- qaghaq tal-ghase: ciambelle al miele
- imqaret: dolcetti ripieni di datteri

I cibi maltesi sono sempre cucinati con cipolle, che a Malta sono dolcissime, insieme all'aglio.  Se un giorno si ritrovano in casa senza aglio si sentono persi e quasi non sanno cosa preparare.
Come dicevo aglio e cipolle sono presenti contemporaneamente, e quando mi e' scappato detto che io uso o aglio o cipolle, mai insieme, mi hanno guardato in modo strano, come fossi eretico.

A questo proposito devo raccontare quello che e' successo quando ho cercato di entrare in dettaglio nelle loro ricette.  Premetto che uno dei loro piatti preferiti e' il Fenek, il coniglio, che loro cucinano in due modi. Il primo consiste nel dorarlo in olio e rosmarino (che loro chiamano Rosa Marina) poi coprirlo di vino rosso e portarlo a cottura lentamente.  Il secondo, che a me e' piaciuto molto, e' stufato con pomodori, qualche patata e molte spezie.   Il miscuglio di spezie da' all'insieme un buonissimo sapore, mai sentito finora.  La curiosita' era al massimo, quindi alla prima occasione ho acchiappato uno chef di un ristorante dove mangiavamo la sera e gli ho chiesto quali spezie fossero.  Ha risposto sbrigativamente "erbe miste", con l'aria di dire "questi cavoli di clienti, che fanno solo perder tempo".  Al che ho detto con la faccia seria "scusi, ma e' curiosita' professionale. Sa, sono cuoco anch'io" (che il santo protettore dei  veri cuochi mi perdoni).  Allora lo chef ha elencato: timo, alloro, zenzero grattugiato, Rosa Marina "e altro".
Ho insistito su "e altro" e lui ha ammesso di non saperlo con precisione perche' vendono delle confezioni gia' pronte, adatte al Fenek da fare stufato.
Devo essere stato un po' insistente perche' le sere successive, quando facevo un giro per vedere cosa c'era da cena sentivo mormorare dietro di me "lo chef, lo chef".
Ripeto: che il santo protettore dei cuochi veri mi perdoni....


I dolci sono abbastanza simili a quelli che conosciamo, quindi non ne ho assaggiati molti.  Riporto solo quello che vedete qua sotto (non so il nome, ma tanto sarebbe stato impronunciabile) formato da un pan di spagna pesante e imbevuto (di acqua di rose?), con dentro dei pezzi di frutta candita.  Sopra c'era della frutta secca tritata e delle pasticche di cioccolato che pero' secondo me non legavano con l'insieme.   Ma si sa, ai turisti si propina di tutto.




E poi ci sono i miei street food preferiti: i Pastizzi.   Una delizia, da mangiare calda mentre si cammina  gustandone il sapore, un po' grassettino .  Ma non certo di piu' delle brioches francesi tuttoburro.
Qua sotto la foto di un Pastizz comprato in un negozietto nel mercato.  Ho resistito per il tempo necessario a fotografarlo...



In sostanza e' un involucro di sfoglia a 15-20 strati, ripieno di ricotta e dorato in forno.  Se ne fanno di due tipi: ripieni di ricotta oppure di pure' di piselli.
Se volete vedere come vengono prodotti professionalmente guardate QUI

Il nome esatto per quelli ripieni di ricotta e' "Pastizzi ta ‘l-irkotta".  Quelli ripieni di pure' di piselli si chiamano  "Pastizzi tal-Pizelli", che pero' non ho assaggiato.  Notare la simmetria del Pastizz e la bella cottura.
A Malta il termine Pastizzi ha piu' significati. Uno dei piu' frequenti riguarda la sua somiglianza con l'organo sessuale femminile e come tale e' uno dei suoi tanti nomi.   Pastizz serve anche per descrivere qualcuno come idiota o buffone, un po' come il nostro "mona" in veneto.
Un altro significato riguarda la caratteristica di avere una domanda inesauribile: "jinbieghu bhall-pastizzi" significa "vendere come i pastizzi". 
Oppure anche "jinhargu bhall-pastizzi" per descrivere qualcosa che sta avendo un successo di gran lunga superiore al previsto.

Come si fanno i pastizzi?  Spianando una pasta sfoglia molto sottile, quasi trasparente.  Poi spalmandola con abbondante lardo.  Ebbene si, il suo golosissimo sapore viene piu' da questo lardo che dalla ricotta.  Quando ho provato io a fare i pastizzi ho usato burro salato, ma non e' stata proprio la stessa cosa..
A Malta arrotolano la sfoglia a spirale per almeno 15-20 giri, come se fosse un tappeto arrotolato.  Con un coltello affilato il rotolo viene tagliato in tanti tocchetti larghi 5-6 cm. 
Si infilano i pollici al centro della spirale di ogni tocchetto e gradatamente si allargano gli strati del tocchetto sino ad avere un cerchio piatto di pasta, con nello spessore i 15-20 strati.  Il diametro e' sui 8-10 di cm.  Ogni cerchio viene farcito con della ricotta preventivamente lavorata con sale e poco pepe, poi i bordi sono ripiegati a semicerchio, tipo dei ravioloni, pinzando molto bene le estremita' e poco il bordo curvo.  In questo modo il calore del forno (230 gradi per 30-40 min) fa gonfiare gli strati di sfoglia, che si aprono nel punto di minor resistenza, cioe' al centro del lato curvo, esponendo l'interno di ricotta.

Come sono venuti i miei Pastizzi?

Mah, quasi non volevo pubblicarne le foto, perche' la mia nota mancanza di manualita' non ne ha prodotti due uguali.   Vedere nel seguito le varie fasi di lavorazione.




Siccome era una prova non ho usato molta sfoglia (e non l'ho neanche fatta sottile come dovrebbe) cosi' che il risultato e' stato di soli 5 strati.
Ma mi serviva provare il principio e verificare il gusto.




















 Me ne fossero venuti due uguali.....



Una volta cotti i miei pastizzi fanno quasi orrore, per quanto sono diversi nell'aspetto da quelli maltesi....

























Vabbe', mi sono detto, verranno meglio la prossima volta.  Questa era una prova (ehm, ehm).

Se non altro pero' erano buoni quasi quanto gli originali, tanto che sono spariti velocemente.
Un po' sono anche toccati a una vicina in visita, che (devo dirlo) stava mugolando mentre li masticava.

E con il gradimento della vicina vi lascio, ho scritto e descritto anche troppo.
Alla prossima.

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