31/03/16

SIAMO TOURNATI- LE TORTE SALATE & L'MTCHALLENGE IN TOUR
























Un altro libro di noi affezionati a MTC.  Questa volta il titolo parla di Torte Salate  E come le altre volte il ricavato va in beneficenza.
Siamo una banda di idealisti, in MTC.     Tutti food blogger, noi.
Noi che non siamo cuochi, ma  cuciniamo.  Non siamo fotografi, ma fotografiamo.  Non siamo scrittori, ma scriviamo sulle nostre ricette.
Torte salate, quindi.  Oltre 120 ricette, dalle piu' semplici a quelle un poco piu' sofisticate, ma non solo.  Vengono descritte anche le basi, in modo esaustivo e, come se non bastasse, come autoprodurre ricotta, cagliata, mascarpone. 
Sono tutte ricette MTC, caro lettore, a riproducibilita' garantita.
L'editore e' Gribaudo, del gruppo Feltrinelli.  Per pura pigrizia copio dal suo sito la presentazione del libro:
"I protagonisti di MTChallenge, la gara di cucina più amata e imitata del web, raccontano tutto quello che c’è da sapere per ottenere torte salate golose e perfette. 
Tutte le basi di frolla, sfoglia e pasta brisée, anche senza glutine, e tantissimi ripieni, per preparare a regola d’arte i grandi classici, come la Torta Pasqualina o l’Erbazzone, e le creazioni più originali, come la pastiera salata o la quiche di zucchine, pomodorini e mazzancolle al sesamo.
Tutti potranno trovare la ricetta più adatta alle proprie esigenze: per chi ha fretta c’è la sezione delle preparazioni veloci, mentre i puristi dell’autoproduzione potranno realizzare con le loro mani anche alcuni ingredienti del ripieno, come il mascarpone, la cagliata o la ricotta. Più completo di un corso di cucina, più divertente di un cooking talent show."


Mi rivolgo a te, lettore via Internet, e ti spiego a chi va il ricavato...
Acquistando una copia di questo nostro libro, contribuirai alla creazione di borse di studio per i ragazzi di Piazza dei Mestieri, un progetto rivolto ai giovani oggetto della dispersione scolastica e che si propone di insegnare loro gli antichi mestieri di un tempo, in uno spazio che ricrea l'atmosfera di una vecchia piazza, con le botteghe di una volta- dal ciabattino, al sarto, al mastro birraio e, ovviamente, anche al cuoco.
La Piazza dei Mestieri si ispira dichiaratamente a ricreare il clima delle piazze di una volta, dove persone, arti e mestieri si incontravano e, con un processo di osmosi culturale, si trasferivano vicendevolmente conoscenze e abilità: la centralità del progetto è ovviamente rivolta ai ragazzi che trovano in questa Piazza un punto di aggregazione che fonde i contenuti educativi con uno sguardo positivo e fiducioso nei confronti della  realtà, derivato proprio dall’apprendimento al lavoro, dal modo di usare il proprio tempo libero alla valorizzazione dei propri talenti anche attraverso l’introduzione all’arte, alla musica e al gusto.

Caro lettore, vieni alle presentazioni del libro che facciamo in tutta Italia, sei il benvenuto.   Ascolta, e poi compra.
Qui il programma delle presentazioni, click per ingrandire


E per farti ben entrare in testa questo libro e fartelo riconoscere quando guarderai gli scaffali in libreria (ma se non lo vedi, tartassa il personale perche' lo ordinino), ti ripropongo la copertina

























A presto





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28/03/16

Lingua in dolce e forte

















Con questa ricetta "Lingua in dolce e forte" richiamo un modo di cucinare antico.   Tipico della Toscana, ma non solo.
Contribuisco cosi' alla Settimana del Quinto Quarto, nell'ambito del Calendario del Cibo Italiano



La cucina in "dolce e forte", adesso poco praticata, veniva nominata gia' in alcuni ricettari del '500. 
Allora era piu' che altro una salsa di accompagnamento che seguiva i dettami dell'epoca di abbinare dolce e salato, o agro.  All'epoca, prima che gli ingredienti delle Americhe arrivassero in Europa, per dolcificare era largamente usato il miele, mentre oggi si usano zucchero o cioccolata.
Allora la salsa era servita a parte, ai giorni d'oggi viene spesso aggiunta in cottura, con il cioccolato aggiunto in finale.   Tipiche preparazioni attuali, almeno in Toscana, sono la lepre in dolce e forte, o il cinghiale.
Personalmente servo sempre la salsa a parte, cosi' da sentire meglio il cibo principale a cui la salsa si accompagna.  Ma anche perche' il commensale puo' scegliere la quantita' di dolce e forte che piu' gli piace.
Un'altra differenza tra il periodo rinascimentale e oggi consiste nel metodo di conservazione delle materie prime, come le carni.
All'epoca i frigoriferi non esistevano e i cibi deperibili, ebbene, deperivano.  E percio' una salsa dal sapore forte e speziato, poteva servire a coprire odori e sapori provocati dalla "estrema frollatura".
Valga come esempio di uso di spezie, dolce e forte la ricetta dell'Anatra in Salsa di Prugne, riportata dalla famosa "Opera" di Bertolomeo Scappi: "Trovo d’esser di piu’ sorti l’anatre, grosse e picciole variate di piuma e di piede, ma le migliori son quelle che hanno il becco e i piedi rossi, percioche’ si pascono nella campagna, e quelle che hanno il becco e i piedi negri, che si pascano nelle valli non son cosi’ buone.    Spiumate che saranno le anatre e nette dell’interiori, levinosi loro i colli e i piedi, e pongasi in un vaso con tanto vin rosso e un poco d’aceto, che stiano coperte, e prosciutto tagliato a pezzuoli, pepe e cannella, garofani, noci moscate e zucchero, cime di salvia e uva zibibbo e turasi il vaso in modo che non possa fiatare e facciasi bollire per un ora e mezza e piu’ o meno secondo la vecchiezza e la grossezza delle anatre, e cotte che saranno servonsi con il suo brodo sopra e con esse si possono cuocere prugne e visciole secche".
Notato che non si fa uso di sale?   In questa ricetta la sapidita' era fornita dal prosciutto, allora fortemente salato per consentire la conservazione.  Anche, si comincia a vedere lo zucchero, mentre fino ad allora veniva usato il miele.
Parlando di conservazione e di frigoriferi bisogna ricordare che questi divennero popolari in Italia a partire dagli anni '60, gli anni del boom.
Prima si usavano le "ghiacciaie" dove i cibi venivano rinchiusi assieme a pezzi di ghiaccio.
Dove non era possibile acquistare del ghiaccio si usavano le "moscaiole".   Quando ero bambino ne avevamo una anche in casa nostra.   L'aveva costruita mio nonno che di mestiere faceva il falegname.   Era una intelaiatura di legno con le pareti di rete da zanzariera e, appesa fuori in terrazza, serviva per tenere i cibi protetti dagli insetti, principalmente dalle mosche.  In inverno serviva per tenere i cibi in fresco.
Qui un esempio....

























Come carne di quinto quarto ho utilizzato la lingua di vitello bollita e abbinata a delle cipolline sottaceto glassate.  E naturalmente a una vera e proprio salsa in dolce e forte.
Siccome la lingua bovina e' piuttosto grassa l'abbinamento con piu' componenti agri (cipolline e salsa) e' appropriato.

Ingredienti per 4 persone

Per la cottura della lingua.....
Una lingua di vitello di circa 1 Kg
1 cipolla rossa di medie dimensioni
1 carota
1 costa di sedano
1 ciuffetto di prezzemolo, gambi compresi
4-5 chicchi di pepe nero

Per la salsa in dolce e forte.....
(quantita' approssimative, bisogna assaggiare la salsa in via di formazione e regolarsi secondo il proprio gusto)
2-3 cucchiai di aceto di mele
30 g di uvetta sultanina appassita
40-50 g di pinoli
1 noce sminuzzata
30-50 g di cioccolato fondente
2-5 cucchiai di brodo di verdura
1 cucchiaio di farina (da valutare)
Sale q.b.

Per le cipolline
40-60 g di cipolline da 1 cm sottaceto, pesate sgocciolate
2-5 cucchiai di zucchero semolato


Esecuzione

Cottura della lingua
Sciacquare la lingua.  Lasciarla a bagno in acqua per mezz'ora e sciacquarla nuovamente.  Pulire col coltello l'attaccatura della lingua, anche tagliando via una porzione della parte sottostante.















credit: Stella81 Carni e Salumi 

In una pentola mettere abbondante acqua, cipolla, carota, sedano, prezzemolo, pepe.  Portare a bollore, quindi aggiungere la lingua.
Far cuocere, coperto, per circa un'ora a fuoco medio-basso.  L'acqua deve bollire dolcemente.
Al termine dell'ora di cottura scolare la lingua, conservando il brodo di cottura, e lasciarla intiepidire sul tagliere.   Quando non e' piu' cosi' calda da non poterla toccare la si deve spellare.  Scalzare con un coltellino la pelle dalla radice della lingua, alzandone un lembo.  Tirare la pelle con le dita, aiutandosi col coltellino, tagliando tra pelle e carne quando fossero troppo attaccate.   Di solito la pelle viene via facilmente.  A pezzi e strisce, ma facilmente.
Una volta spellata la lingua va rimessa nel suo brodo di cottura e tenuta in caldo (ma senza bollire) fino al momento di servirla.  Quindi passare alla preparazione della salsa.

Preparazione della salsa
Far reidratare in poca acqua calda (ma non sul fuoco) l'uvetta, per almeno mezz'ora. Sminuzzare una noce.  Tritare la cioccolata a coltello, non grattarla perche' si scalderebbe e fonderebbe in parte, attaccandosi alla grattugia.
In una padellina mettere l'uvetta scolata, la noce, i pinoli, tre quarti dello zucchero e tre quarti dell'aceto, piu' un cucchiaio di brodo di verdura.
Far andare a fuoco basso, amalgamando bene.  Assaggiare e regolare di sale.   Quando l'insieme e' amalgamato aggiungere tre quarti del cioccolato e far sciogliere mescolando continuamente.
A questo punto entra in azione il gusto personale.    Bisogna assaggiare il risultato, che dev'essere per meta' dolce e per meta' agro.   Bisogna correggere il sapore finale usando se e' necessario quei quarti di zucchero e aceto tenuti di riserva.   Se l'insieme e' troppo dolce aggiungere poco aceto per volta, mescolando su fiamma al minimo.   Se e' troppo agro aggiungere poco zucchero, sempre mescolando.  Anche il sapore di cioccolato si deve sentire, ma senza essere prevalente, si e' sempre in tempo a riaggiungerlo.   Qui si vede l'abilita' del cuoco, che deve produrre un insieme armonico, dove ognuno dei tre principali ingredienti non deve prevalere sugli altri due.
Per la consistenza: se la salsa e' troppo densa si puo' aggiungere un po' di brodo di verdura, se e' troppo fluida un po' di farina.
Si tenga presente che la salsa deve risultare piuttosto densa, ossia non deve colare liberamente da un cucchiaio.   Tenere la salsa in caldo.    E, proprio perche' la salsa va servita calda, attenzione che troppa farina non la renda una massa collosa.




















Glassatura delle cipolline.
La glassatura va fatta subito prima di servire, per evitare che le cipolline vadano a formare una massa compatta, tipo croccante.
In una padellina versare 4-5 cucchiai di zucchero un un paio di cucchiai di acqua.   Quando il tutto e' sciolto e amalgamato, senza aspettare che l'insieme scurisca, aggiungere le cipolline scolate e girarle brevemente.  Devono risultare appena glassate, non caramellate.   Se del caso riaggiungere altro zucchero o altra, ma poca, acqua.   Togliere subito le cipolline per aggiungerle nel vassoio di portata, dove saranno gia' state accomodate lingua e salsa.

Impiattamento
Togliere la lingua dal brodo caldo e affettarla, ogni fetta di spessore intorno al centimetro.  Adagiarle parzialmente sovrapposte su un vassoio e spolverarle con poco sale.   In fondo al vassoio mettere tutta la salsa in dolce e forte, ogni commensale scegliera' da se' quanto usarne.   Opzionale, ma molto elegante, una grattatina di buccia d'arancia.   Come ultimissima cosa contornare con le cipolline glassate e servire subito.

















All'assaggio si percepira' una sinfonia di sapori, da quello della tenera e dolce lingua, a quello delle cipolline, a quelli, cosi' variegati e profumati, della salsa in dolce e forte.
Per gli intenditori e' uno dei piatti migliori che possano esistere; e chi non apprezza queste delizie e' solo da compatire.

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21/03/16

Brodetto in rosso -- Per MTC #55

















Questo piatto e' il mio Brodetto in Rosso, che partecipa alla sfida di Marzo 2016 di MTChallenge.
L'ultima sfida, la 54, e' stata vinta da Anna Maria Pellegrino, che ha allora lanciato la sfida numero 55: il Brodetto.    

















Brodetto, quindi.  Anzi "il Broeto", detto alla veneta, in omaggio ad Anna Maria Pellegrino.
Piatto povero, in origine addirittura improvvisato in mare dai pescatori con quello che c'era.  Piatto rifatto poi in terraferma e interpretato nei modi piu' vari: cipolla e non cipolla, aglio e non aglio, pomodoro e non pomodoro, a seconda delle famiglie e della zona.
Di sicuro un piatto non facile per concorrere a un contest, perche' si rischia di eccedere in un senso o nell'altro, utilizzando o pochi tipi di pesci o troppi. 
Anche dal punto di vista della fotografia non e' che c'e' da stare allegri, sono pur sempre dei pezzetti di pesce e qualche guscio, il tutto a bagno in un qualche liquido indeterminato.
Come tipi diversi di pesci ho scelto di limitarne il numero, secondo il sano concetto "less is more".

Come caratteristica visiva ho scelto di stare sulle variazioni di colore, e ho scelto il rosso, utilizzato in diverse sfumature.
Perche' il rosso, e l'arancione, sono colori che mi sono sempre stati cari.
Per esempio nei capelli delle donne.   Ho sempre dichiarato che mi sarebbe piaciuto sposare una irlandese, alta, rossa di pelo, occhi verdi e cruscosa. 
Poi invece, cosi' va la vita, ho sposato, e me la sto godendo, una donna di altezza contenuta, capelli e occhi castani scuri, pelle di seta.
Ma chissa' perche' nel mio DNA c'e' qualcosa che apprezza il binomio capelli rossi e occhi chiari.  Oggi e quando ero bambino.
Oggi e' la volta di un'amica, mi incanto ogni volta che la guardo.    Peccato che la veda cosi' poco.
Quando ero piccolo, avro' avuto sette o otto anni, passavo le vacanze estive "in colonia".   Oggi credo che le colonie non si usino piu', perche' le famiglie dei nostri tempi hanno tutti i mezzi per andare  in ferie insieme, ma allora no.  Io, figlio di ferroviere, facevo un mese di colonia estiva sulla montagna pistoiese.  A parte il primo giorno di sconforto, perche' lontano da casa, ci stavo benissimo.
Eravamo divisi in tante "squadre" di una ventina di ragazzi, o ragazze, affidate a una maestra che aveva il compito di accudirci.   Dalla sveglia, alle passeggiate, ai giochi nei boschi di castagni, al refettorio, fino alla sera, quando con un sospiro di sollievo la maestra spengeva la luce in camerata.   Una bella responsabilita', per loro, tenere d'occhio tutte quelle piccole pesti, prevenendo incidenti, quietando i litigi, facendoci passare le giornate inventando dei giochi.
Io ero un ragazzo timido e silenzioso. ma avevo gia' sviluppato una normale attrazione verso l'altro sesso.   Tanto avevo insistito con la maestra, che io ero l'unico che aveva il permesso di lasciare la sua squadra per andare a passare il tempo in un'altra squadra, dove avevo adocchiato una bambina con tanti capelli rossi, gli occhi chiari, etc. etc.
Non che facessi granche', sia chiaro, e' che mi piaceva la compagnia di quella rossa.   Si chiama, ricordo, Paola, forse di cognome Paolini e abitava "di la' d'Arno".
Per stare con lei mi ero dovuto adattare a partecipare a dei giochi da femmine (cosa non si fa per loro!).  Per esempio ancora oggi so creare una collana con le foglie di castagno.   Le altre bambine ci lasciavano tranquilli, tra loro dicevano che io ero il "fidansato" (con la esse) di Paola.   La sorellanza all'opera, sin da bambine.  
Alla fine di ogni anno io e lei ci salutavamo timidamente, dicendo che ci saremmo rivisti l'anno dopo.   Poi i miei non mi hanno piu' mandato in colonia, perche' mi ci ero ammalato di scarlattina, tanto da essere ricoverato in ospedale.   Ma prima quella scarlattina l'avevo socialmente condivisa con tanti altri bambini, secondo il concetto "perche' solo io?". 
Gli anni successivi i miei non vollero piu' correre rischi e passai l'estate in famiglia.   Chissa' dov'e' ora Paolini Paola.

Il rosso, quindi, e' tra i miei colori preferiti.   Ed ecco che ho scelto il pesce in base al colore: gallinella, triglie e scampi.
Qualche vongola verace per il fumetto.
Altro ingrediente di colore rosso: pomodorini del tipo mini perini.
Con cosi' pochi tipi di pesci il risultato e' stato comunque superlativo.


























Ingredienti per 2 persone
250 g di triglie, sfilettate
250 g di gallinelle, sfilettate
3 scampi
10 vongole veraci
6 pomodorini, tipo mini perini
6 spicchi di aglio
Peperoncino rosso fresco
1 cm di radice di zenzero
1 L di acqua
Olio, sale, rosmarino, sedano

Esecuzione
Prendere il pesce e sfilettarlo, tenendo da parte la lisca centrale, la testa e la pinna caudale.   Qui devo ammettere che il pesce l'ho fatto sfilettare al pesciaiolo.  So sfilettare il pesce, ma se me lo sfiletta qualcun altro e' meglio.   Ho pero' pagato pegno, dovendo convincere il pesciaiolo a lasciarmi lische, teste e pinne, spiegando che mi servivano per un fumetto.
Le signore in fila con me mi guardavano con un misto di rispetto e diffidenza.   Brodetto?  Fumetto?
Per il fumetto ho fatto bollire circa tre quarti d'ora a fuoco basso acqua, lo zenzero, lische, teste e pinne, insieme alle vongole veraci e a uno dei tre scampi.  Lo scampo e' stato sgusciato, pulito, diviso a pezzetti e aggiunto in pentola assieme al uo guscio.  Usare uno scampo per fare un fumetto puo' far inorridire, ma la polpa da' dolcezze e garbo.
Il fumetto va poi accuratamente filtrato.
Al momento giusto in una pentola mettere olio, una decina di cucchiai, l'aglio tritato grossolanamente, i pomodorini tagliati a meta', gli scampi e il peperoncino e far andare un paio di minuti a fuoco medio.  Quindi aggiungere i filetti a far andare un paio di minuti.  Girare gli scampi e i filetti facendo attenzione a non romperli.  Ma tanto qualcuno si rompera' lo stesso.  Dopo altri due minuti di rosolatura aggiungere il fumetto a coprire e far andare circa cinque minuti.
Servire bollente in terrine individuali, cospargendo di prezzemolo e eventualmente accompagnando con fette di pane arrostito.
Secondo me niente aglio sul pane, non voglio che vengano coperti i delicati sapori dei pesci.

















Guardando il piatto finito si nota subito la mia predilezione per il rosso: dalla gallinella, alla triglia, allo scampo, al pomodorino.
All'assaggio si gustano distintamente, e separati grazie alla breve cottura, i sapori di gallinella e triglia.   In sottofondo il fumetto, leggermente pizzichino di zenzero, mentre i pomodorini aggiungono freschezza.    La polpa degli scampi porta invece dolcezza e garbo.

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18/03/16

Pomodoro e Pasta 2.0 -- Contest di Mediterranea Belfiore

























Questo piatto partecipa al Contest In cucina con il cuore 2016: Pomodoro e Pasta 2.0 di Mediterranea Belfiore , un’azienda toscana che produce passate, salse e conserve di qualita'.
Il fine del contest e' "costruire un piatto di pasta al pomodoro "all’insegna dell’essenzialità, della creatività e della contemporaneità più sorprendente".
Il contest e' ospitato dall'amica Cristina di Poveri ma belli e buoni


















Mi chiedo: come arrangiare una pasta al pomodoro semplice ma saporita?   Senza tante finezze, di sostanza, dove il pomodoro sia il protagonista?
Intanto mi sono procurato il pomodoro di Mediterranea Belfiore, dei filetti in un grande vaso di vetro.
Alla vista quei filetti, che poi sono pomodori divisi a meta', gia' si presentano bene, integri e di bel colore.  Per prima cosa li ho scolati e assaggiati.
Io sono di quelli che assaggiano gli ingredienti a crudo e si fanno un'idea di come costruire i sapori del piatto.
Certo, poi assaggio anche in corso di cottura e verso la fine, ma l'assaggio a crudo e' fondamentale per l'impostazione.
Di buon sapore, questi filetti non sembrano nemmeno conservati.
Cosi' ho pensato di cuocerli il meno possibile in modo da far apprezzare il sapore di fresco.  E di lasciarli quasi interi, per farli mordere, piuttosto che succhiare.   Detesto quei sughi passati, quasi liquidi.
Come pasta ho scelto le penne, uno dei primi formati che ho assaggiato.  Praticamente un ricordo di gioventu', quando le volevo "strascicate".
Il risultato finale e' stato superiore alle mie aspettative.  Piatto ottimo, da farci bella figura.






















Ingredienti per 4 persone
400 g di penne
16 filetti (mezzi pomodori, in realta')
20 cucchia circa di olio e.v.o. al timo (vedi)
1 cospicuo mazzetto di steli di timo fresco
4 cucchiaini di sale grosso

Esecuzione
Per prima cosa occorre farsi l'olio al timo.   Per insaporire e profumare un olio ci sono due metodi.   Il migliore consiste nel riempire una bottiglia di un buon olio e.v.o., aggiungerci tanti, ma tanti, rametti di timo fresco, tappare e conservare al buio per una ventina di giorni.   Scuotere leggermente la bottiglia ogni settimana.   Con questo metodo gli aromi del timo fresco passano all'olio senza perdite.
L'altro metodo consiste nell'intiepidire l'olio con dentro i rametti di timo e mantenerlo tiepido per diverse ore.   Tiepido perche' il calore, in genere, degrada rapidamente gli aromi del timo e dell'olio, dando come risultato un sapore forte, ma non cosi' armonico come quello ottenuto a freddo.
Si puo' usare un forno, impostandolo sui 50 gradi e lasciandoci per una notte un recipiente con olio e timo, ben chiuso.
Quale che sia il metodo occorre filtrare l'olio prima di usarlo e tappare bene il recipiente con l'olio non utilizzato.
Prendere i filetti, scolarli e tagliarli a meta' per il lungo.  Porli in forno a 70 gradi su carta oleata per almeno un'ora.  
In questo modo i filetti perderanno l'eccesso di liquido di conserva, ma non seccheranno.
Il pomodoro risultera' anzi bello turgido e saporito, come fresco.
Tagliare a cubetti due mezzi filetti e tenerli da parte.   In una padella grande abbastanza da saltarci la pasta versare l'olio al timo e aggiungere i mezzi filetti.
Cuocere le penne al dente, scolarle, versarle nella padella e accenderci il fuoco sotto.   Far saltare le penne per un paio di minuti non di piu'.
Si accendera' il fuoco sotto la padella solo quando ci saranno state aggiunte le penne, in modo che il calore non alteri sapori e profumi di olio e pomodori, scaldandoli troppo.
Impiattare, aggiungere in ogni piatto i cubetti tenuti da parte, versare il sale grosso, dare un giro di pepe macinato e spolverare con foglioline di timo fresco.
Si e' usato il sale grosso sia perche' i pomodori non sono salati, ma anche perche' io trovo piacevole lo scricchiolio del sale grosso tra i denti.



















All'assaggio i sapori si percepiscono belli pieni ma separati, dal pomodoro, all'olio, al timo, al sale grosso.
Si fondono in bocca con un risultato sorprendentemente buono.
Un piatto, dicevo, da farci bella figura.

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14/03/16

Un risotto per l'Unita' d'Italia



















Questo risotto con i colori della nostra bandiera e' un omaggio all'Italia unificata.
Lo pubblico per partecipare alla Settimana dedicata alla cucina dell'Unita' d'Italia, nell'ambito del Calendario del Cibo Italiano

















Personalmente sono convinto che l'unificazione d'Italia, con buona pace delle guerre di indipendenza, delle brecce di Porta Pia e dei patrioti diventati martiri, non sia quella che fu decretata il 17 Marzo 1861.
I veri fattori unificanti, sempre secondo me, sono stati la TV e i trasporti, quando entrambi sono diventati alla  portata delle masse.
Programmi TV nazionali, come "Lascia o Raddoppia", per esempio.
O la "Freccia del Sud", l'Autostrada del Sole, la Fiat 500 e poi la 600, questi sono stati i veri fattori unificanti.
Certamente non e' stata la cucina un fattore unificante.  Se ci si pensa non esiste un piatto "italiano" per antonomasia, ossia un piatto che venga cucinato ovunque in Italia e che sia considerato da noi italiani un piatto nazionale.   All'estero pensano che il nostro piatto nazionale siano gli spaghetti (e lo strumento musicale il mandolino), ma noi sappiamo che non e' cosi'.   Da Nord a Sud le nostre cucine sono orgogliosamente e campanilisticamente diverse l'una dall'altra.
Ma che vi devo dire: Nord, Centro o Sud sono fiero di essere italiano e di apprezzare la nostra cucina.
Bisogna averci mangiato, all'estero, per apprezzare la cucina italiana.
Il mio termine di paragone, che cito spesso e volentieri, e' il modo di mangiare degli Stati Uniti.  
In USA quando vi invitano a cena non crediate di andare ospiti a casa di qualcuno e di mangiare qualcosa di cucinato per l'occasione.
No, vi portano al ristorante.
In USA, al di la' dell'uso di ingredienti precotti, non cucina quasi piu' nessuno.  Una volta un'amica voleva sapere da me come si fa un risotto e io mi ero speso con entusiasmo a spiegare bene il come e il perche'.
Ma alla fine mi ha detto "Oh, dear, ho altro da fare nella vita che star li' a mescolare un risotto".
Ecco allora che ho pensato a un risotto che rappresentasse in qualche modo l'Italia tutta.
L'ho fatto con i colori della bandiera, verde, bianco e rosso.
A specifica domanda su quali sono i colori della bandiera tutti noi rispondiamo istantaneamente "Bianco Rosso e Verde", ma i colori della bandiera italiana sono, a partire dall'asta, Verde, Bianco e Rosso.














Qui, se parliamo di bandiere, devo fare qualche digressione.
Innanzitutto le bandiere sono nate e sono sempre state usate nell'ambiente militare.   Fin dall'antichita', dove raramente gli eserciti adottavano le uniformi, appartenere a una fazione o all'altra dipendeva da dietro a quale bandiera si stesse.
Lo scopo delle bandiere era proprio far capire ai partecipanti alle battaglie da che parte stavano.   Tutti ricordiamo qualche racconto dove i combattenti cercavano di catturare la bandiera avversaria.  Era perche' senza una bandiera da seguire i combattenti andavano in confusione e mancando di indicazioni certe venivano inevitabilmente  sconfitti.
Solo quando una Nazione non e' in guerra considera la bandiera come un simbolo di unificazione.
Come nasce, per esempio, la bandiera italiana?
Al di la' delle romantiche retoriche risorgimentali in realta' la bandiera italiana fu creata da Napoleone nel 1796.   Pochi lo sanno.
In quegli anni era in corso l'occupazione francese e si dovette stabilire la creazione di una "Legione Lombarda", costituita da militari italiani e destinata a combattere al fianco dei francesi.
Napoleone, che era estremamente pignolo e si voleva occupare di ogni minuto particolare, scrisse al direttorio di occupazione (11 Ottobre 1796): "Vous y trouverez l'organisation de la légion lombarde: les coulers nationales qu'ils ont adoptées sont le vert, le blanc et le rouge" 
La fonte e': "Napoleone Bonaparte, Correspondance inedite officielle et confidentielle de Napoleon Bonaparte avec les cours etrangeres, les princes, les ministres et les generaux français et etrangers, en Italie, en Allemagne et en Egypte, II, Paris, C. L. F. Panckoucke, 1819, p. 95".   Testo completo QUI    La frase citata inizia alla riga 9.
La bandiera di quel corpo militare fu adottata dalla Repubblica Cispadana e in seguito divenne, orientata diversamente, la nostra bandiera.
Qui una riproduzione di quella bandiera del 1796






















Si, ma la ricetta?

Ho preparato un tris di risotti con i colori della bandiera.  Qui c'e' l'amore per la cucina italiana.   All'amica americana avrei dovuto rispondere "F..k, I'm proud to be italian".

I risotti sono:
--- Al succo di basilico
--- Alla ricotta
--- All'acqua di peperone

C'e' tutta l'Italia in questo piatto: il riso dal Nord Italia, il basilico dal Centro e dal Sud, la ricotta dalla Campania, il peperone dal Sud o dal Piemonte (fate voi).
Poi vino bianco dalla Sardegna, aglio da Rovigo, olio dalla Toscana, peperoncino dalla Calabria, sale di Cervia (grazie Francesca Acquolina!).
Nota: so gia' che avro' fatto torto a qualcuno...

Ingredienti per 2 persone
160 g di riso varieta' Roma
Tanto basilico (non facile da quantificare, vedere nel seguito)
1 peperone rosso ben maturo
30 g di ricotta
1 spicchio d'aglio piccolo
Un sospetto di peperoncino
Mezzo bicchiere di Vernaccia, bella corposa
1 L di brodo di verdura
Una centrifuga, o un estrattore
Olio extra vergine di oliva

Preparazione
Dalla foto avrete capito che i tre risotti non possono essere cremosi e fluidi, altrimenti i colori della bandiera si mescolerebbero. Percio' ho scelto del riso varieta' Roma, che, pur essendo adatto anche per risotti, rilascia in cottura una discreta quantita' di amido e consente di mantenere la forma al momento della composizione del piatto..
Poi serve una centrifuga, o anche un estrattore.
Io ho usato la centrifuga con la quale Anna Maria si fa i suoi succhi di frutta e ortaggi misti.
La centrifuga e' indispensabile per ottenere l'essenza sia del basilico che del peperone, sotto forma di liquido.  La centrifuga e' l'ideale, molto meglio di mortai e chinoise.   Il problema semmai e' pulirla dopo l'uso, ma io ho Anna Maria, altrimenti detta la Santa Donna.
Non devo nemmeno chiedere, lei si offre di farlo per evitare che il sottoscritto la pulisca sotto il rubinetto del lavello, intasando o quasi lo scarico.
Astuzie di marito: basta avvicinarsi con i pezzi sporchi della centrifuga a un rubinetto aperto e la moglie accorre....
Pulire e tagliare a grossi pezzi un peperone rosso.  Cuocerlo a vapore, cosi' da conservare tutti i succhi e i profumi.
Centrifugare tante foglie di basilico quante ne servono per produrre un quarto di bicchiere di succo.  Ci vogliono tante e tante foglie. Ne servono veramente tante altrimenti ci si puo' trovare a ringhiare davanti a una ridicola quantita' di liquido.
(Far) pulire la centrifuga e ripetere l'operazione con il peperone rosso gia' cotto a vapore.  Qui per la quantita' non c'e' problema, il peperone e' fatto per la maggior parte di acqua.
Adesso si dovrebbero cucinare contemporaneamente i tre risotti, ma io ne ho fatto uno solo, molto al dente, dividendolo alla fine in tre parti e mantecando le tre parti separatamente.
Olio evo, aglio tritato, un sospetto di peperoncino.   Soffriggere senza far colorire, aggiungere il riso, far tostare, aggiungere il vino bianco, far ritirare.
Tirare a quasi cottura il risotto aggiungendo poco per volta il brodo di verdura e mescolando continuamente.  Il mescolio continuo facilitera' il rilascio dell'amido, in modo da ottenere un risotto  compatto a piacere.
Quando il risotto e' al dente dividerlo in tre parti, in casseruoline diverse.
In una aggiungere il succo di basilico a fuoco basso, mescolando finche' il colore del riso non diventa un bel verde bandiera omogeneo.  Far ritirare il liquido in eccedenza, deve risultare compatto.  Assaggiare e regolare di sale.
In una seconda casseruolina aggiungere la ricotta e mantecare a fuoco basso. Assaggiare e regolare di sale.
Nella terza casseruolina mantecare a fuoco basso con l'acqua di peperone, far ritirare il liquido in eccesso, assaggiare e regolare di sale.
Ora la composizione: con l'aiuto di un separatore (cartone, o foglio di acetato) comporre in vassoietti individuali le tre porzioni della bandiera.
Servire subito.  Se qualcuno chiede il parmigiano tagliategli una mano.


















Bello, vero?
E i tre risotti sono davvero buoni.  In particolare quello verde e' cosi' profumato che vorrete certamente riproporlo in futuro come piatto singolo.
Il bianco e' latteo di sapore e delicatissimo.
Il rosso e' profumato di estate e di Sud.

Enjoy

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07/03/16

Riso basmati con curcuma, zenzero, bacche di goji -- Per influenzati


















In questo incerto inizio di primavera, dove sole, neve e tempeste di vento si alternano e' facile prendersi raffreddori e influenze.
Cosi' ecco cosa puo' aiutare: "Riso Basmati con curcuma, zenzero, bacche di goji".
Raffreddori e influenze sono temporanei, ma fastidiosi, con febbre, mal di gola, e altri inconvenienti anche piu' spiacevoli.
Ci si puo' imbottire di medicine, e allora la malattia dura qualche giorno, oppure stare al letto e al caldo, e allora la malattia dura gli stessi giorni.
Ci si puo', pero', alimentare con cibi che aiutino a contrastare i sintomi. 
Vitamina C, antiossidanti e simili aiutano
In questo piatto ho usato riso (per gli inconvenienti intestinali), curcuma (noto antiossidante), zenzero (per il mal di gola, grazie ad una amica, a proposito) e bacche di goji per la vitamina C.
Magari l'insieme non sara' risolutivo della malattia, ma almeno e' buono.

Ingredienti, per persona
80 g di riso Basmati
1 cucchiaino di curcuma in polvere
4-5 cm di radice di zenzero
Un pugnello di bacche di goji disseccate

Esecuzione
Mettere a cuocere il riso (che io ho scelto di qualita' Basmati perche' mi piace) in acqua moderatamente salata.   Far cuocere per 15-20 minuti, o piu', dipende dai gusti.
Intanto sbucciare la radice di zenzero e tagliarla a cubetti piccoli, diciamo tra il mezzo centimetro un centimetro.
Mettere a rinvenire in poca acqua tiepida le bacche di goji.  Dopo tre-quattro minuti scolare bene le bacche.
Poco prima di togliere il riso dal fuoco versare il cucchiaino di curcuma in polvere e mescolare bene.
Scolare il riso, mescolarci zenzero e bacche di goji e impiattare.

















All'assaggio chi avesse conservato un po' di senso del gusto sentira' l'aroma e il leggero amaro della curcuma, il pizzichino dello zenzero e il dolciastro delle bacche di goji.
L'insieme non e' niente male.
Con tanti auguri di rapida guarigione.

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