19/03/17

MTC #64 - Terrine, e le cene svedesi






Questo mese la sfida MTC, la 64, era sulle Terrine.
La Sfida e' stata lanciata da Giuliana Fabris, del blog La Gallina Vintage











Scoperto il tema della sfida di questo mese ho capito subito che non avrei avuto vita facile.
Le terrine... queste sconosciute. 
Meno male che anche la Dani  ci e' venuta in soccorso con una delle sue infografiche...





































Giuliana Fabris, che aveva vinto la scorsa sfida mensile e che percio' ci ha dato il tema di sfida di questo mese, e' stata bravissima a spiegarci cosa sono e a darci suggerimenti e ricette esemplificative.   Sono semplici, dice.   Ma resta il fatto che, a giudicare dalle reazioni successive al primo momento di entusiasmo, Giuliana ha in realta' seminato in rete sconcerto e timori.
Per fare "la" terrina serve uno stampo speciale, ossia una terracotta con un buco strategico.   Stampo che nessuno ha, e che quindi deve essere approvvigionato, buco e tutto.   
Amazon ha registrato inaspettati picchi di vendite; e ancora si chiedono il perche'.   
Un'alternativa fornita dal regolamento consisteva nel non usare lo speciale stampo, ma produrre una terrina in crosta.   Ho scelto l'alternativa.
Stabilito questo e' quindi arrivata, inesorabile, la domanda: cosa metterci dentro?
Con ancora in mente un bel film visto in TV ho deciso di utilizzare verza e salmone.   Ma il salmone nell'immaginario collettivo, e anche nel mio, e' associato al mondo scandinavo.  Ecco che ho immaginato una terrina di salmone affumicato quale piatto principale di una cena svedese, circondato da molti stuzzicanti contorni.


















Svezia, percio'

E' un paese di appena 10 milioni di abitanti in un territorio piu' grande dell'Italia.   Con un welfare all'avanguardia e un altissimo tasso di suicidi.  Le due cose non paiono correlate, comunque.   E' anche un Paese, e la cosa mi ha sempre stupito, dove il consumo procapite di caffe' e' il secondo al mondo.   Dove, anche, la propensione degli svedesi a bere smodatamente ha portato lo Stato a imporre tasse altissime sugli alcolici e, addirittura, a vietarne la vendita, ammessa solo in negozi di Stato, i Systembolaget.
Il bere e' una specie di piaga sociale che lo Stato cerca di arginare come puo'.  Per esempio chi e' sorpreso a guidare ubriaco rischia, ma seriamente, la prigione.
Situazione che porta, specie nei fine settimana, a migrazioni di massa dalla Svezia del Sud, la Scania, alla Danimarca.   Da Malmö a Kobenhavn (Copenaghen).   O con il traghetto, o con il bel ponte,  l'Öresundsbron sullo stretto di Öresund
Il piu' frequentato e' ovviamente il traghetto, perche' al ritorno, alla fine del ponte, ci sono spesso dei controlli a campione sul tasso alcolico dei guidatori.  E se ti beccano...   
Invece nessuno controlla il tasso alcolico sui traghetti e, al ritorno, c'e' una bella folla.   Il personale e' ormai abituato a tirar su da panche e pavimenti quelli ormai "partiti" e a trascinarli in banchina.
Parlando di alimentazione, non piu' liquida, ma solida, la cucina svedese ha radici antiche e condizionate dal clima.   Molte delle abitudini alimentari derivano dalla necessita' di conservare per il resto dell’anno tutti quei prodotti che altrimenti avrebbero avuto una durata limitata, come le carni, il pesce, molti  prodotti dell'agricoltura.   Esempio tipico e' lo knäckebröd, il pane secco tipo wasa, perche' secoli fa la macinazione dei cereali non era possibile in inverno, quando l'acqua che azionava i mulini era ghiacciata.  
Il clima ha anche da sempre influenzato la cucina tradizionale, la ”husmanskost”, che necessariamente doveva essere semplice, ma sostanziosa.   Il clima, in conclusione, ha generato le tradizioni di conservazione del cibo, che veniva seccato, salato o affumicato.

Quello che ho appena descritto deriva dalla letteratura o, anche, da contatti con gente del posto.   Quest'ultimo punto mi porta a scavare nei ricordi....




Le svedesi, le svedesi

Tanti, tanti anni fa (sembra il "c'era una volta" delle favole) ero un giovincello in sovraccarico ormonale.   I pensieri erano fissi li', sulla ricerca e il buon utilizzo di un pavimento pelvico purchessia.    Molti pensieri e poca azione, ma tant'e'.
Abitando a Firenze io e gli altri avevamo un grande vantaggio: le straniere.   

Perche' Firenze e' sempre stata citta' di turismo e proprio su quel turismo noi contavamo. 
Firenze, dato l'enorme patrimonio storico ed artistico, e' sempre stata una scelta primaria per l'insediamento di filiali di universita' straniere.  Non vorrei sbagliarmi ma Firenze e' la piu' importante meta in Italia di quel turismo residenziale studentesco, che consiste in semestri di studio nelle cosiddette "liberal arts".  Tutti studenti che usufruiscono di specialistiche borse di studio.  Architettura medievale, arte del restauro, e cosi' via.  Questo turismo residenziale giovanile, tra l'altro, fa tuttora la fortuna di affittacamere e gestori di locali dedicati al tempo libero.
Perche' lo studio e' diurno, ma la baldoria, alias "voglia di socializzare", e' notturna.  Ora come allora certi vecchi quartieri di Firenze sono fitti di localini dove studenti e studentesse (ci interessavano le seconde, ovviamente) tirano tardi cercando di divertirsi.  Quasi tutti localizzati sull'altra sponda dell'Arno, o "diladdarno", come si dice.
Potevamo noi osservare dall'esterno questo fluire di straniere?  

Certo che no. 
Tanti, tanti anni fa la liberta' e la disinvoltura delle "straniere", specie se in confronto con l'atteggiamento chiuso (in molti sensi) delle italiane, ci colpiva e ci attirava.   Al tempo c'era un club organizzato, completo di statuto e di spille di riconoscimento, il cui fine sociale era facilitare la socializzazione con le straniere (cfr. il famoso pavimento pelvico).  Si doveva obbligatoriamente masticare una lingua straniera e comportarsi correttamente con le straniere.  Anche perche' ci conveniva, tra le straniere il passaparola funzionava, eccome.  Le incontravamo di giorno e fissavamo per la sera.  Si andavano a prendere ai loro alloggi e le si introducevano alla vita notturna fiorentina, con passeggiate sui lungarni, ammirazione dei tramonti da Ponte Vecchio, e cosi' via.  Tutta preparazione a cio' che sarebbe seguito e fortemente desiderato da entrambe le parti.   

In un paio di queste universita' veniva chiesto e fotocopiato il documento di identita', e le generalita' del ragazzo erano registrate in un librone, cosi' da poter riacchiappare un reo in caso di necessita'.
In uno di questi casi di necessita' un amico del club fu riacchiappato e poi fatto sposare a una franco-canadese.  Credo che sia ancora la', con una buona posizione nell'azienda del suocero.  Benestante, ma tanto nostalgico di quelle serate fiorentine di primavera.
Il club si chiamava "Le Perroquet" e nella spilla era raffigurato un pappagallo.  Appuntarsi la spilla era importante perche' gli associati al club godevano di buona fama e non erano considerati volgari importuni.  Le ragazze si sentivano rassicurate se eri un "Perroquet".   Lo scopo sociale era quello solito, ma veniva raggiunto con stile. 

Il motto del club era "Curare...".
Uno dei miti dell'epoca erano le svedesi.   Alte, bionde, si vociferava che fossero piuttosto aperte (in molti sensi) ed erano percio' ricercate.   Le poche che capitavano erano preda di quelli del club che erano "fluent in english", perche' in Svezia l'inglese e' la seconda lingua e percio' la "socializzazione" era molto facilitata. 
Ma io avevo studiato francese....
Che io ricordi non ho mai socializzato con una svedese.  Percio' non ho mai usato alcune delle frasi del lessico dei Perroquet, come "min kärlek" (amore mio), o "Jag älskar dig så" (ti amo tanto).  Tutto per arrivare alla "slidan" (il pavimento pelvico).
Ho dovuto invece ascoltare le mirabolanti avventure di quelli che ci dicevano di averlo fatto, e fatto bene.
Nel mio piccolo posso osservare che le francesi erano, e sono, molto piu' smaliziate nel gestire queste socializzazioni.   Guidano il rapporto sempre con stile e perizia.  Sono difficili, ma di soddisfazione.
Poi c'erano le tedesche e le americane.   In genere erano sbevazzone, le une per passione, le altre per darsi un alibi.  Ho sempre detestato l'ipocrisia angloamericana "Oh dear, I'm so dizzy.  You, naughty boy...".
Mentre le irlandesi erano piu' normali.  Sbevazzone anche loro, ma almeno le situazioni erano chiare.  E poi a me le rosse con gli occhi verdi e con le lentiggini che spiccano sulla pelle chiara hanno sempre fatto sangue.

Poi ho cominciato a lavorare e il tempo ha sbiadito i ricordi. 
Pero' anni fa abbiamo fatto una cena, sul tipo di quelle tragiche tra ex-compagni di scuola, ma il nostro clima era del tutto differente. 

Ricordi, vanterie e grandi sorrisi, come si puo' immaginare.
A un amico,  tale M.T.,  impenitente Perroquet, chiedemmo "Ma non ti sei ancora sposato?"
E lui:  "No, ma ho una ragazzetta in prova...".

Io?   Verso i quarant'anni, ho iniziato ad appassionarmi di cucina, e adesso eccoci qua.




Le terrine

Come farcia ho deciso di utilizzare salmone affumicato e cavolo verza, usando come addensante un pure' di fagioli.   Non avevo i fagioli svedesi, i bruna bönor, coltivati nell'isola di Öland.  Sono anche presidio Slow Food, ma non li ho trovati.  Ho rimediato con fagioli nostrali.
Avevo in mente una ambientazione svedese e ho immaginato una cena svedese, con tanti contorni e con la terrina come piatto principale.










E burro, burro, burro.    In Svezia lo mettono dappertutto.

Ma andiamo con ordine: non avendo lo stampo col buco ho deciso di usare una terrina qualunque e di avvolgere la farcia con della pâte à foncer.  La ricetta che ho usato e' tal quale quella riportata nel libro MTC delle Torte salate.
Pero' la riporto qua sotto.  Le dosi sono relative al mio stampo, da 18 x 12 cm.
250 g farina 00
125 g burro freddo a tocchetti
1 cucchiaino di sale
1 cucchiaino di zucchero
1 uovo
40 g di acqua ghiacciata


Per la mia farcia ho pensato di avvolgerla in foglie di cavolo verza.   Anzi, piu' che avvolgerla, ho fatto una spirale.
Prima di tutto scegliere delle grandi foglie di verza e sbianchirle, sbollentandole per due volte e per due volte immergendole in acqua ghiacciata.





Asciugarle e' stato piu' difficile, l'acqua si annidava in tutte quelle nervature del retro e non voleva andarsene.
Allora ho usato uno strumento ad alta tecnologia....



Fortunatamente nessuno mi osservava, dovevo essere piuttosto ridicolo a passare il phon su delle foglie di verza...

Quindi allineare le foglie, sovrapponendole in modo da raggiungere la larghezza dello stampo.




Stendere sulle foglie le fettine di salmone affumicato e cospargerle di ciuffi di aneto.




Poi, non volendo usare gelatine, ho usato come addensante un pure' di fagioli (meta' cannellini, meta' borlotti), fatto prima ritirare in casseruola.
Spalmare il pure' di fagioli sul salmone.





A questo punto arrotolare con cura il tutto, a formare una spirale.
Premere il rotolo all'interno dello stampo, gia' foderato di pâte à foncer.





Siccome infilare un oggetto rotondo in un contenitore quadrato significa avere quattro angoli vuoti, ho pensato di aggiungere delle strisce di salmone affumicato a riempire quei quattro vuoti.
Ricoprire lo stampo con altra pâte à foncer e decorare la copertura con qualche ritaglio.
Poiche' non ho molta fantasia, ne' manualita', questo e' il modesto risultato.







Spennellare con tuorlo d'uovo allungato con poco latte e infornare.  Ma prima forare la copertura per permettere l'uscita del vapore che la cottura in forno provochera'.   Come camino ho usato della carta forno arrotolate e fermata con un paio di punti di cucitrice.
Infornare a 180 gradi per mezz'ora, poi abbassare la temperatura a 160 gradi, coprire con carta stagnola e continuare la cottura per altri 45 minuti.
Col senno di poi avrei dovuto continuare la cottura piu' a lungo, ma comunque il risultato non e' stato male.


Dopo tolto dal forno appoggiare dei pesi sullo stampo in modo da compattare il contenuto.
Quando ben freddo bastera' trattenere il fiato, dare qualche colpetto e la terrina si sformera' facilmente.  Riprendere a respirare.
Tagliare una fetta e vedere com'e' andata.
Nella foto sottostante si vede la farcia a spirale, anche se e' un po' schiacciata dai pesi.   La purea di fagioli usata come addensante ha fatto il suo dovere e la fetta appare bella compatta.









E adesso prepariamo i contorni, a formare la famosa cena svedese.


Bakad potatis

Sbucciare una patata di buona grandezza, smezzarla e metterla a lessare.
Con un cucchiaino svuotare parzialmente una mezza patata (serve una mezza patata per persona) e farcirla con panna acida, appoggiarci dei gamberetti lessati e sgusciati, cospargere con erba cipollina tritata e salare il tutto.
Servire con a lato cetrioli in salamoia affettati e un trito di cipolla cruda.
Molto, molto appetitoso.



Per fare la panna acida mescolare con una frusta a mano pari quantita' di panna fresca, non pastorizzata, yogurt tipo greco e uno-due cucchiai di succo di limone.  Lasciare a temperatura ambiente per una mezz'ora, agitando con la frusta di tanto in tanto.
I cetrioli, insieme al burro, sono una delle cose di cui gli svedesi sono golosi.
Devono essere in salamoia (non sottaceto), anche arricchita di erbe e aromi vari.
Qui sotto un barattolo fornitomi da una cara amica, biondissima anche se non e' svedese.  Ma va bene cosi'.


























Una variante nell'uso dei cetrioli e' affettarli a pezzi grandi e servirli con fette di carote cotte a vapore, senape e fette di cipolline bianche.






Funghi padellati

Altra cosa sempre presente nelle cene svedesi sono i funghi, di solito del tipo champignons.
Affettare i funghi, farli andare a mezzo fuoco per qualche minuto in una padella con burro, aglio e alloro.   Quindi aggiungere acqua a coprire e far ritirare a fuoco basso.   Servire su un letto di panna acida e cospargere di aneto, o di finocchietto.






Gamberetti

In Svezia sono ubiquitari, si ritrovano dappertutto, anche dentro le frittate.
Qui sono serviti lessati, con un paio di cucchiai di panna acida e dell'erba cipollina tritata.   Il contrasto tra il dolcino dei gamberetti e l'acidulo della panna e' particolarmente goloso.







E la fetta di terrina?  

Eccola, servita con formine di burro.



Burro, burro...




L'assaggio della terrina

Finalmente.      All'assaggio la fetta di terrina svela i suoi componenti: l'amarognolo della verza lega bene con l'affumicato del salmone e il profumo dell'aneto.  Il tutto e' mitigato dal burro, contenuto anche nella copertura, rosolata, della pâte à foncer.

In una cena svedese che si rispetti non puo' mancare il pane nero, sempre accompagnato ba burro e magari da gamberetti.











Da bere quasi esclusivamente birra chiara, i superalcolici a cena sono riservati in genere alle festivita'.
E, per chiudere, i soliti mirtilli





Mi e' costata piu' fatica apparecchiare la cena che preparare la terrina.  
Se poi qualcuno si chiede chi ha mangiato la cena, ebbene, eccomi qua.   Visto che la Santa Donna si era dichiarata scettica su tutto "quel miscuglio di sapori", sono entrato in azione io.  Qualcosina ho scartato, ma non molto.






Non dimentichiamo la terrina, e' pur sempre l'oggetto della sfida. 
E' venuta buonissima