28/01/17
Torta dell'Edulia con crema mousseline di Ladurée
Questa torta in casa mia viene fatta a ripetizione, per la colazione della Santa Donna e per quelle di vicini e amici.
Edulia era mia suocera, una donna di ferro. Rientravo in casa e la trovavo, anche lei rientrata dal lavoro, che col cucchiaio di legno impastava e impastava.
La torta a volte andava a qualche sua amica che non stava bene. Questo per dire l'Edulia che donna fosse.
La versione che trovate qui e' stata aggiustata da me, togliendo un ingredente e aggiungendone un altro e variando un poco dosi e tempi, anche per adattarla ai forni elettrici moderni.
La "Torta Edulia", che usa olio di semi anziche' burro, e' buona, morbida, leggerissima e aerea, gode tuttora di un grande successo.
Qualche volta la farcisco di crema. E se crema ha da essere che sia almeno di una bonta' sfacciata. Io uso la mousseline nella versione di Ladurée, edonisticamente e sfacciatamente burrosa e godereccia.
Insomma: la torta e' dell'Edulia, la crema e' di Ladurée, io mescolo e inforno soltanto.
Pero' io ho il blog e ne pubblico la ricetta.
Rifatela, merita.
TORTA DELL'EDULIA
Ingredienti
2 uova intere, piu' 2 tuorli
260 g di zucchero semolato
350 g di farina 00
220 ml i latte intero
150 ml di bicchiere di olio di semi
60 ml di rum bianco
1 bustina di lievito, vaniglinato oppure no
La buccia di 1 limone
2 cucchiaini di semi di anice interi. Meglio se macinati al momento.
Fruste elettriche
Stampo in metallo diametro 24 (se a ciambella e' piu' pratico per tagliare fette per la colazione)
Burro fuso per imburrare lo stampo e farina per infarinarlo
Esecuzione
Accendere il forno e impostarlo a 180 gradi se ventilato, o 200 se statico.
Imburrare e infarinare uno stampo. Io preferisco quello in metallo perche' trasmette meglio il calore al sotto del dolce.
Grattare la buccia del limone e tenere da parte.
Mescolare farina e bustina di lievito e passare al setaccio, per aereare.
In una ciotola versare lo zucchero, 2 uova intere + 2 tuorli.
Lavorare zucchero e uova con le fruste elettriche a velocita' medio-alta per almeno 5 minuti, meglio se di piu'.
Aggiungere l'olio e lavorare fino ad amalgamare il tutto.
Aggiungere il latte, i semi di anice e il rum.
Lavorare fino a amalgamare tutti gli ingredienti.
Continuando a lavorare aggiungere poco per volta la farina e, in ultimo, la buccia del limone.
Versare l'impasto nello stampo, batterlo per eliminare le bolle d'aria, lasciarlo riposare per qualche minuto e infine infornare per 35 minuti.
Controllare la cottura con lo stecchino ed eventualmente prolungare la cottura.
Se in superficie tende a colorarsi troppo coprire con stagnola e continuare fino a cottura dell'interno (prova stecchino).
CREMA MOUSSELINE, versione di Ladurée
Personalmente adoro questa crema, sfacciatamente buona e burrosa. La preferisco senza aggiunte (come nocciole o cioccolato) per gustarla al meglio.
Faccio mio quanto raccomanda Enrica Panariello, del blog Chiarapassion
Mi raccomando provatela così come ve la riporto e non spaventatevi per l’alta dose di burro perché è proprio “lui” che rende questa crema paradisiaca, corposa ma delicata e vellutata allo stesso tempo.
Ecco, vi vedo che state pensando “la provo ma diminuisco la dose di burro”; non lo fate, non sarebbe più una crema mousseline, provatela così e mi ringrazierete, e poi ogni tanto peccare fa bene all’anima!
Copio spudoratamente la ricetta dal blog di Enrica. Io ho sgarrato solo una volta, non usando la vaniglia, ma voi fate come credete.
Ingredienti
250 g di burro morbido a temperatura ambiente
1 baccello di vaniglia (io buccia di un limone)
500 ml di latte
4 tuorli
150 g di zucchero semolato
50 g di maizena
Esecuzione
Aprite il baccello di vaniglia e ricavate i semini. Versate il latte in una casseruola, unite i semini di vaniglia e il baccello, scaldate su fiamma media finché non inizierà a sobbollire. Spegnete il fuoco e coprite con un coperchio per circa 10-15 minuti in modo che la vaniglia rilasci la sua aroma. Io al posto della vaniglia ho usato la buccia di un limone, solo parte gialla, ovviamente. Per il resto procedere come indicato per la vaniglia.
Sbattete i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungete la maizena e continuate a mescolare con una frusta a mano.
Togliere il baccello di vaniglia dal latte, scaldare nuovamente fino a farlo sobbollire.
Versate un terzo del latte sul composto di uova e mescolate bene con una frusta; ora versate tutto nella casseruola con il latte aromatizzato e portate ad ebollizione sempre mescolando con la frusta.
Quando la crema si sarà addensata, toglietela dal fuoco e lasciatela raffreddare per circa 10 minuti. Incorporate metà del burro tagliato a cubetti nella crema calda ma non bollente, mescolate energicamente con una frusta a mano.
Versate la crema in un contenitore e coprite a contatto con pellicola alimentare.
Quando la crema è a temperatura ambiente con uno sbattitore elettrico lavorate la crema in modo da renderla uniforme e incorporate l’altra metà di burro, continuate a sbattere fino ad avere una crema omogenea e cremosa.
La crema mousseline alla vaniglia è pronta per farcire il vostro dolce.
Di mio aggiungo che non si deve fare l'errore di unire il burro in una volta sola e mentre la pasticcera e' ancora caldissima. In quel modo si perde molto il sapore del burro, che col calore "cuoce" e cambia di profumo e sapore.
Concludo dicendo che l'accoppiata Torta Edulia e crema mousseline e' un' accoppiata eccezionale, sfacciatamente produttrice di goduria.
Ma provate anche la Torta Edulia da sola, a colazione o col te'. E' leggera, profumata e morbidissima.
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22/01/17
MTC #62 - Macarons, o presunti tali
Questo mese la sfida MTC, la 62, era sui Macarons. Sfida lanciata da Ilaria, del blog Soffici in quanto vincitrice della sfida precedente, la 61
Premetto che a me i macarons non entusiasmano. In piu' ho scoperto, leggendo le esaurienti note di Ilaria, che la loro produzione deve seguire regole precise, da applicare pignolescamente. A me, che sono piu' portato per una cucina nella quale e' fondamentale la sensibilita' del cuoco verso cio' che sta cucinando, piuttosto che il rispetto pedissequo di dosi e temperature, i macarons sono diventati subito antipatici.
Pero' partecipare a MTC significa sfidare se stessi e fare al meglio qualcosa che magari non si e' mai prodotto in precedenza. In sintesi, imparare da chi ne sa di piu' di noi. E allora andiamo...
Questo mese, pero', sara' perche' la sfiga esiste, sara' perche' il karma di chi non ama i macarons ha colpito, a me e' andato tutto storto.
Non ho prodotto dei macarons, no: ho creato dei mostri.
Dei teratomacarons.
Ma li avete visti? Non sono lisci e lucenti come dovrebbero, sono opachi e rugosi. Sembrano ostriche.
Se continuerete la lettura capirete cosa ho passato. Per l'intanto riporto, in colore, le accuratissime istruzioni di Ilaria, alla quale va tutta la mia ammirazione per l'impegno profuso.
ALBUMI: gli albumi devono essere “vecchi” di almeno 3 giorni, addirittura Hermè parla di una settimana. Divideteli già in due ciotole, ricoperti con la pellicola su cui inciderete dei piccoli tagli. E riponeteli in frigorifero. Durante il periodo di riposo gli albumi perdono la loro elasticità, sarà quindi più facile montarli senza il rischio che diventino granulosi. Inoltre non ci saranno problemi di batteri in quanto, comunque, verranno cotti in forno ad alta temperatura.
TPT (tant pour tant): ovvero uguale quantità di farina di mandorle e zucchero al velo. Consiglio di comprare direttamente la farina di mandorle e scegliere il tipo più fine. Passatela poi al mixer con lo zucchero al velo e setacciate (anche due volte se ritenete) usando un colino fine. Questo passaggio non va trascurato in quanto permette di ottenere una pasta fine e così avrete dei gusci lisci e brillanti. Potete realizzare il TPT in anticipo, e conservarlo in un contenitore ermetico, in un ambiente asciutto, al massimo per una settimana.
TEMPLATE: soprattutto per chi li fa per la prima volta e non ha ancora la manualità necessaria è opportuno seguire un template, oppure utilizzare l’apposito tappetino in silicone per avere una forma perfetta e uguale per tutti i macaron. Sinceramente non amo particolarmente la resa della cottura sul tappetino e preferisco utilizzare la carta da forno.
Prendete un foglio di carta da forno grande quanto le vostre teglie o placche. Utilizzando una matita e il retro di una bocchetta o un bicchierino (non superate mai il diam. di 3,5cm) create una serie di file di cerchietti distanziati circa 2 cm gli uni dagli altri.
A questo punto potete appoggiare il foglio sulla teglia e ricoprirlo con un nuovo foglio di carta da forno oppure girarlo e utilizzarlo al contrario in modo da non venire direttamente a contatto con la matita.
ATTREZZATURA: preparatevi già l’attrezzatura necessaria, che in realtà è poca roba, in modo da non dover lasciare troppo l’impasto in attesa. Vi occorrerà: un mixer, un setaccio, una frusta elettrica (meglio se avete la planetaria), un termometro, spatole in silicone, sac à poche e bocchette (8-10-11mm), teglie e carta da forno.
COLORANTE: siamo in pasticceria perciò è ammesso, anzi richiesto l’uso dei coloranti. Il pregio dei macaron è la nota di colori vivaci che attraggono subito lo sguardo, quando fanno bella mostra di se nelle vetrine delle pasticcerie.
Non tutti i coloranti però sono ideali per i macaron. Io personalmente prediligo i coloranti in pasta poiché sono fortemente pigmentati. Si mescolano molto bene e usandone una minima quantità si ottiene un colore vivido, senza alterare la consistenza dell’impasto. Sconsiglio invece i coloranti in polvere (a meno che non siano quelli professionali) perché poco pratici, molto volatili e ne serve un grande quantitativo per ottenere una colorazione luminosa. I coloranti liquidi poi sono molto delicati e permettono solo colorazioni lievemente pastello.
Ovviamente è possibile usare colorazioni naturali, ma considerate sempre l’impatto, anche del gusto, che apportate alla pasta. Per esempio il cacao tende a smontare la meringa, in questo caso per ottenere la colorazione scura è molto meglio utilizzare un po’ di marrone.
Ci sono due momenti in cui si può aggiungere il colorante all’impasto: aggiungendolo agli albumi prima di versarli nell’impasto di mandorle (TPT) oppure alla meringa italiana prima del macaronage.
MERINGA ALL’ITALIANA e MERINGA ALLA FRANCESE: la meringa francese è più semplice da realizzare in quanto non richiede una cottura precisa dello zucchero. Tuttavia la realizzazione dei gusci di macaron necessita di maggiore attenzione. Poiché lo zucchero è incorporato “a freddo” la struttura degli albumi è più umida e aerata e quindi è più difficile incorporare una grande quantità di TPT senza far afflosciare la meringa. Si rischia così di ottenere una pasta troppo liquida o al contrario grumosa. Il tempo di croutage si allunga. Una volta cotto, il macaron è più friabile, la colorazione e la finitura sono meno precisi. Mentre la meringa italiana è più complessa nella realizzazione, ma assicura una pasta più liscia. Poiché lo zucchero viene incorporato sotto forma di sciroppo, si amalgama bene all’interno dell’albume e avvolge le bolle d’aria come una pellicola, mantenendo la coesione della montata e rendendo la meringa più liscia e più brillante. Essendo più densa, la meringa italiana si incorpora più facilmente alla pasta di mandorle. Permette di cuocere i macaron ad una temperatura più bassa, preservandone il colore e la brillantezza.
COTTURA: la cottura suggerita dai pasticceri è quella ventilata (con più teglie), a me personalmente non sono mai venuti bene perché coloriscono troppo facilmente e seccano. Preferisco il forno statico, una teglia alla volta. Il trucco di inserire 3 teglie sovrapposte nel forno, a mio avviso non aggiunge nessun particolare miglioramento al risultato finale.
FARCITURA: la farcitura è l’elemento fondamentale del macaron, può essere una ganache esaltata da una spezia, un aroma o un’infusione, oppure una crema (al burro, mousseline, chantilly), un curd o semplicemente una confettura o gelatina di frutta. Può essere doppia (ganache+crema, per esempio) o contenere degli inserimenti di frutta o gelatina.
RIPOSO: una volta farciti, i macaron devono riposare almeno 24hs in frigorifero. In questo modo l’umidità dell’ambiente e della farcia infonderanno profumo e gusto ai gusci, esaltandone la consistenza. Il giorno dopo i macaron avranno la consistenza perfetta, croccanti ma morbidi e fondenti all’assaggio. Lasciateli a temperatura ambiente per 2hs prima di servirli.
LA PENSATA
Quando ho letto le istruzioni ho pensato: "Benissimo, bastera' seguire le istruzioni e persino io produrro' dei macarons".
Ho deciso di non usare coloranti e di produrre macarons "au naturel".
Li ho pensati con i gusci aromatizzati con rum e con un tocco di zenzero. Con le aromatizzazioni bisogna andarci cauti, ma un rum ambrato e profumato avrebbe reso piu' "aereo" il gusto, mentre un poco di zenzero avrebbe mitigato l'alcolicita' del distillato e reso intrigante il risultato. L'uso dello zenzero e' un "trucco" usato nei cocktails per creare nuovi sapori e profumi, io non ho inventato niente. Ha funzionato alla perfezione, il risultato era eccezionalmente buono.
Come farciture ho scelto delle gelatine di frutta, una di arancio, con scorzette candite, l'altra di kiwi filtrato dai semi. Farciture volutamente non zuccherose, per bilanciare e contrastare la dolcezza dei gusci che le racchiudevano.
Macarons buonissimi, anche se bruttini a vedersi.
Riporto, in colore, la ricetta consigliata da Ilaria, ricetta che intendevo seguire pedissequamente.
Ricetta di Pierre Hermé (per circa 32-35 macaron)
150g zucchero al velo
150g farina di mandorle
110g albumi vecchi (almeno 3 giorni) – divisi in due ciotole da 55g l’una
Per lo sciroppo
150g zucchero semolato
50ml di acqua
TPT
Tostate leggermente la farina di mandorle in forno a 150° per circa 10 minuti. Lasciate raffreddare completamente.
Passate al mixer la farina insieme allo zucchero al velo per ottenere una miscela aerea e impalpabile e passate successivamente al setaccio.
Incorporate i primi 55g di albume crudo al TPT servendovi di una spatola in silicone. E’ necessario amalgamare bene in modo da ottenere una pasta morbida, omogenea e densa.
Se volete aggiungere del colorante, versatelo sugli albumi e mescolate. Poi uniteli al TPT.
MERINGA ITALIANA
Versate lo zucchero semolato e l’acqua in un tegame dal fondo spesso. Inserite un termometro e cuocete a fuoco medio. Quando la temperatura arriva a 115° simultaneamente cominciate a montare i rimanenti 55g di albume ad alta velocità. Se, una volta che lo zucchero comincia a bollire, tendesse ad attaccarsi utilizzate un pennello bagnato in acqua fredda e passatelo sui lati (come per il caramello).
Quando il termometro raggiunge i 118° versate lo sciroppo a filo sulla meringa (non ancora completamente montata) avendo cura di farlo scivolare sul lato della ciotola. Continuate a montare per un altro minuto. Poi diminuite la velocità e montate ancora per circa 2-3 minuti o comunque fino a quando il composto risulterà bello gonfio, lucido e bianchissimo. E la temperatura sarà scesa a 40°C. solo a questo punto la meringa potrà essere aggiunta alla pasta di mandorle.
Volendo aggiungere del colore può essere fatto in questa fase ricordandosi di usare solo coloranti idrosolubili che non smontano gli albumi.
MACARONAGE
Incorporate inizialmente una piccola quantità di meringa alla pasta di mandorle e mescolate in modo da rendere l’impasto più fluido. Aggiungete la restante meringa usando una spatola in silicone, mescolando dal centro verso i lati esterni e raccogliendo continuamente l’impasto. Quando il composto comincia a diventare lucido fate la prova del MACARONNER, ovvero l’impasto è pronto quando sollevando la spatola ricadrà sulla ciotola formando un “nastro pesante” che ricade con una certa difficoltà.
Prendete il sac-a-poche con bocchetta liscia da 8-10mm, versate una quantità di composto riempendola fino a metà circa. Spremete bene il composto fino alla fine della tasca, questa operazione è molto importante (in generale, non solo per i macaron) perché eviterà la formazione di bolle d’aria. Chiudete con due o tre giri la tasca e fermatela con una molletta.
POCHAGE
Fissate con un pochino di impasto i 4 lati del foglio di carta da forno alla teglia. Tenendo la tasca verticale posizionatevi a circa 2cm sopra la teglia. Iniziate a formare dei bottoncini di impasto seguendo lo stampo in silicone oppure il vostro template. Spingete la pasta torcendo ogni volta la tasca di un quarto di giro. Continuate sulle altre teglie fino all’esaurimento dell’impasto. Picchiettate delicatamente con la mano il fondo delle teglie in modo da uniformare i macaron ed eliminare eventuali bolle d’aria.
CROUTAGE
Lasciate riposare i gusci a temperatura ambiente, da almeno 30 minuti a 2-3hs. Questa operazione è molto importante in quanto serve a creare una pellicola fine, secca e resistente sui gusci, e che diventa poi croccante in fase di cottura. L’umidità solleva il guscio senza screpolarlo e alla base si forma il collarino.
Poiché i tempi di croutage possono variare a seconda della temperatura esterna, per verificare che i gusci siano pronti per essere infornati, sfiorate delicatamente la superficie di un guscio; la pasta non deve incollarsi al dito.
COTTURA
Infornate a 180° per i primi 2-3 minuti fino a che si forma il collarino e il macaron si solleva leggermente. Dopodiché abbassate la temperatura a 140-150° e cuocete per ulteriori 10-12 minuti.
Le temperature e i tempi di cottura sono assolutamente indicativi e dipendono dal proprio forno.
Sia Hermé che Felder suggeriscono la cottura ventilata, ma a mio parere i macaron colorano troppo facilmente e asciugano in modo eccessivo.
Una volta cotti, togliete la teglia dal forno e fate scivolare il foglio dei macaron su un ripiano fino al completo raffreddamento. E’ importante NON LASCIARE il foglio sulla teglia altrimenti continuerà la cottura.
Staccate i macaron lentamente dal foglio di carta forno e con l’indice create un piccolo avvallamento che permetterà una farcitura più abbondante. Lasciate i gusci con la parte “piatta” rivolta verso l’alto.
I vostri macaron sono pronti per essere farciti. Oppure potete conservarli in frigorifero fino a 48hs o congelarli.
LA MIA ESECUZIONE
Preparo gli ingredienti, compresi gli albumi gia' messi a stagionare per tre giorni, e inizio. Anzitutto noto che la farina di mandorle e' un po' umida e lascia delle briciole sulle dita. Giusto quindi il suggerimento di passarla qualche minuto in forno, cosa che faccio. Poi mescolo la farina con lo zucchero a velo e passo l'insieme al mixer. Il risultato non e' proprio "una miscela aerea e impalpabile", ma chi sono io per dubitare? Passiamo tutto al setaccio e migliorera'. Facevo bene a dubitare, perche' il setaccio fine, un normale setaccio usato mille altre volte, mi si intasa subito e far passare il tutto ha richiesto tempo e "bestemmiage" (e' tutto in "age", quindi mi adeguo). Si vede che dipende dagli ingredienti che ho comprato, ho dedotto. Comunque l'incorporazione della prima meta' di albumi produce un risultato a grana fine e omogenea.
Passiamo alla meringa italiana. Qui e' necessario sincronizzarsi tra temperatura dello sciroppo e montaggio degli albumi. Metto in preallarme gli albumi (tra un po' arrivo, state pronti) e comincio a scaldare lo sciroppo. Acchiappo il termometro e scopro che la pila e' scarica.
Ora. Non so voi, ma io non tengo in casa pile di scorta. Che fare? O esco e vado in cerca di una pila o di un termometro nuovo, lasciando il TPT al suo destino, o proseguo.
Decido di proseguire, valutando a occhio la temperatura dello sciroppo. Non sara' facile scoprire l'intervallo tra i 115 gradi e i 118, ma ci provero'. Soprattutto devo vincere l'istinto di infilarci un dito, altrimenti servira' un altro tipo di 118. Quando lo sciroppo inizia a sobbollire inizio a montare gli albumi. Quando vedo che lo sciroppo bolle bene e non incomincia a scurirsi decido che siamo a 118 e inizio ad aggiungerlo a filo agli albumi. Proseguo anche le aromatizzazioni: un cucchiaio di rum ambrato e mezzo cucchiaino di zenzero in polvere. Il risultato e' un po' fluidino. Attribuisco l'aspetto sia a non completo montaggio degli albumi (ma era consigliato in ricetta) che all'aggiunta di sciroppo non alla giusta temperatura e quindi non sufficientemente addensato.
Prima il setaccio intasato, poi il termometro guasto. E due.
Proseguo con il successivo "age" e incorporo in due volte la meringa alla pasta di mandorle. Il risultato e' un po' fluidino e il nastro che scende dalla spatola mi sembra un po' troppo entusiasta di scendere. Ma tant'e': o butto tutto nel pattume e ricomincio con altri tre giorni di maturazione di albumi, o continuo cosi'. Decido di continuare.
Prendo la sac à poche e comincio a riempirla. L'impasto tenta una fuga dalla bocchetta, in basso, e mentre digrigno i denti pensando che non ho tre mani, la sac à poche scivola di mano e mi cade sul tavolo, producendo laghi di impasto e corposi schizzi ovunque. Nell'ovunque sono compreso anch'io.
Prima il setaccio intasato, poi il termometro guasto, ora gli schizzi di impasto. E tre.
Dopo un'altra sessione di bestemmiage e pulizie sommarie in cucina procedo al successivo "age" e vado a formare i bottoni di impasto su della carta forno gia' preparata.
Che poi trovare in casa qualcosa di tondo da 3,5 cm non e' facile. Io me la sono cavata con l'interno di un rotolino di nastro adesivo.
Prendo la mira, spremo la sacca e formo dei bottoni di impasto. I quali evidentemente si trovano a loro agio sull'ampio ripiano di carta forno e cominciano ad allargarsi per esplorarlo.
Ho provato a dire "fermi, fermi", ma non mi hanno ascoltato.
Anzi, durante l'esplorazione del territorio si sono anche incontrati e hanno tentato di unirsi. Non so se volessero anche riprodursi, ma gliel'ho decisamente impedito con delle severe ditate.
Ecco cosa e' venuto fuori. Ce ne fossero due uguali....
Si doveva ora lasciarli seccare, cosa che ho fatto, per almeno mezzora. Questo "age" doveva produrre una crosticina, cosa che e' avvenuta.
Per provare che questo crostaggio era avvenuto ho premuto lievemente con un dito e ho scattato una foto piu' veloce che potevo. La ditata e' toccata a quello in basso a sinistra. Per chi fosse interessato la ditata e' stata poco dopo riassorbita senza danni, che e' come dire "nessun macaron e' stato maltrattato durante le riprese".
A questo punto si doveva infornare. L'ho fatto, a forno statico e 150 gradi, per circa 15 minuti.
Mi sono munito di torcia elettrica e ho osservato avidamente il formarsi dei colletti. Anche qui, ne fossero venuti due uguali.
Non si deve sfidare il karma: mi erano antipatici e si stanno vendicando.
Vedo anche che non gonfiano a sufficienza e che anzi si coprono di rughe.
Ho pensato subito a un impasto troppo umido, ma ormai dovevo solo tener duro e subire.
Rughe profonde, brutte rughe. Vediamo, avro' del botulino in casa? No, meglio di no, lasciamo che il karma completi la sua vendetta..
Che, devo ammettere, e' riuscita benissimo. Ho prodotto dei mostri.
La teglia sembrava un trattato di teratologia.
Dopo gli opportuni raffreddamenti li ho girati a faccia in giu' per esaminare il posteriore. Anche qua, una vista da depressione e bestemmiage.
Per la farcitura ho optato per delle gelatine di frutta, ottenute dal succo spremuto al momento.
Le ho volute lievemante asprigne, per controbilanciare il corpo zuccheroso dei gusci. Ho spremuto e setacciato del succo di kiwi, l'ho addensato con della colla di pesce e messo in frigo. Per la seconda gelatina ho spremuto delle arance bionde e ho aggiunto al succo dei pezzetti di bucce candite. Grazie Maria Teresa Cutrone, erano squisite. Ho gelificato con colla di pesce e schiaffato in frigo.
Ho cercato di accoppiare dei gusci che fossero simili per forma e dimensioni e li ho farciti con dei dischi di gelatina.
Fatto.
Che rabbia per gli inconvenienti incontrati. Pero' ho imparato come dovrebbero essere fatti dei macarons.
Ho capito gli errori e volendo saro' in grado di produrre macarons quasi perfetti.
Li rifaro'? Nooooo. Che se ne vadano in chiulo i francesi e tutti i loro "age". I macarons vanno comprati da chi li sa fare.
All'assaggio non erano propriamente croccanti (impasto sbilanciato verso l'umido), ma sapori e profumi erano buonissimi, proprio come li avevo pensati. Si avvertiva prima il corpo zuccheroso, ma aromatico, dei gusci, con una punta frizzante di zenzero. Davvero intrigante. Arrivava poi, a controbilanciare lo zucchero, il fresco e leggero asprigno della frutta, con anche qualche pezzetto di buccia candita. Buoni.
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