28/12/10

Esercizio in bianco e nero


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Tra Natale e Capodanno: e' un periodo strano, come una specie di limbo.  Si e' reduci da grandi mangiate e si aspetta di festeggiare, mangiando molto, il nuovo anno. In questi giorni sento spesso parlare di diete, e nei vari blog vedo pubblicare ricette semplici e leggere, anzi leggerissime. In preparazione ai pranzi di Capodanno? Nooo, e' solo che pensare a cucinare, dopo le orgie dei giorni scorsi, fa quasi impressione.
Certo, stare leggeri aiuta. Nei giorni scorsi, nei miei auguri ad amiche e amici appassionati di cucina, dicevo: "Ed auguro a tutti di non ritrovarsi per Befana con una taglia in più".
Il problema sono gli assaggi. Si, perche' un cuoco che si rispetti (e io mi rispetto moltissimo) assaggia sempre tutto. Come si puo', dico, buttare roba in padella, mescolare un po' e sperare che il risultato sia ottimo?  Sara' sufficiente, forse, magari buono, ma non ottimo.  Bisogna assaggiare.
Io, poi, estremizzo. Assaggio anche gli ingredienti a crudo, per capire quanta cottura e di che tipo sia necessaria.  Insomma, come per gli alticci, dove "non e' il bere, e' il ribere", per la linea dei cuochi "non e' l'assaggiare, e' il riassaggiare".
Ma non esageriamo, in cucina conta molto anche l'occhio e l'olfatto. Per esempio per me e' importante vedere come colore e consistenza degli ingredienti si stanno modificando in cottura.
Ci vuole molta luce: se nelle sale dei ristoranti il lume di candela puo' fare atmosfera (e rendere le donne piu' belle) nelle cucine la luce e' quasi abbagliante.
In casa nostra ultimamente abbiamo cambiato l'arredamento e l'abbiamo voluto su misura. A parte l'altezza dei piani di lavoro, che ho voluto maggiorata, ho avuto delle discussioni per via delle luci del sottocappa, che volevo belle forti.
Scherzando mi dicevano "ma che vuol fare, una discoteca?". Hanno effettivamente montato dei faretti aggiuntivi, ma non sono ancora soddisfatto, sto meditando di far cambiare gli anemici faretti con qualcosa di piu' potente (90.000 watt basteranno?).
Ma guarda dove siamo andati a finire: dal limbo ai watt....
Comunque sia -limbo o non limbo- in questi giorni di fare grandi cucinate non se ne parla proprio.
Allora ho pensato a un esercizietto, quasi un tema:
"Il candidato, razzolando tra gli avanzi di frigo, studi e produca una preparazione che rigorosamente rispetti un duale cromatismo, accostando gli estremi di bianco e nero".
Mi sono auto-sfidato....
Dopo aver attivamente razzolato in frigo ho scelto delle mini cipolline sottaceto e un pezzo di lesso barzotto avanzato (su "lesso" e "barzotto" si veda magari il post precedente).
Per il bianco ero a posto, il problema era di colorare il lesso di nero.
Caffe'? Banale.  Cioccolato? Forse la prossima volta.  Coloranti alimentari? No, perche' non ce l'ho.
E allora che ti invento? Il karkade'!!  Mi sono ricordato che l'infuso di karkade', che una volta avevo casualmente dimenticato, diventa bello scuro. Bastava solo rinforzare quell'effetto.

Ingredienti
Lesso barzotto
Curry
Cipolline sottaceto, le piu' piccole possibili
Zucchero
Infuso di karkade'

Preparazione
Tagliare un pezzo di lesso barzotto in forma di cubo (un aspetto turbofigo e' essenziale). Preparare un infuso di karkade' utilizzando 4 bustine per 2 bicchieri di acqua. Lasciare in infusione una mezz'ora, poi far ritirare a fuoco vivo almeno della meta'.
Mentre il karkade' si concentra rotolare il cubo nella polvere di curry, con lo scopo di dagli un sapore speziato (un sapore speziato turbofigo e' essenziale).
Una volta che il karkade' si e' ridotto della meta' adagiarvi delicatamente il cubo di lesso e lasciarlo li' almeno 24 ore. Il giorno dopo il karkade' sara' completamente nero e il lesso anche.
Poco prima di impiattare preparare un caramello chiarissimo con acqua e zucchero.   Il caramello deve restare praticamente trasparente, quasi uno sciroppo molto denso. Scolare bene le cipolline dall'aceto di conservazione e passarle qualche minuto in padella, continuando a spolverare con zucchero. Lasciare quindi intiepidire.
Per impiattare procurarsi un vassoietto di ceramica bianca lungo e stretto, sul quale eseguire la composizione.
Da un lato mettere il cubo, ormai nerissimo, ben scolato. Sull'altro, aiutandosi con un paio di pinze da cucina, costruire una piramide di cipolline. Queste, appiccicose come sono diventate, manterranno la forma.
Per una composizione bella come questa in un ristorante di buon livello e' probabile che vi facciano pagare uno sproposito. Noi ce la siamo cavata con un avanzo di lesso e delle cipolline sottaceto.

Pero' l'aspetto e' turbofigo, vero?
 


















All'assaggio il lesso e' bello speziato, con il contrasto tra il dolceamaro del karkade' e il piccantino del curry.  Nelle cipolline, poi, il contrasto e' tra l'acidulo dell'interno  e la patina dolce di caramello bianco.  E lesso e cipolline al caramello contrastano non solo come colori, ma anche completandosi nei sapori.
Insomma l'esercizio e' riuscito sia cromaticamente che nel gusto!!























 Con questa preparazione partecipo al contest "Colors & Food - What else?" di Cinzia e Valentina


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20/12/10

Risotto carnale

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Alla ricerca di un risotto nuovo, da presentare al contest di "farina, lievito e fantasia",   mi sono inventato un risotto davvero saporoso.  Di piu': sensuale, addirittura carnale.
E' a base di bollito, quello che a Firenze chiamiamo "i' lesso".  Non so a voi, ma a noi spesso capita che, ipnotizzati da un bel pezzo di manzo, ci lasciamo tentare e ne compriamo davvero troppo. Che farne, quando e' tanto, troppo?  Va bene, lo si puo' congelare, ma io ho la fissa che il congelamento cambi il sapore dei cibi. Sono fatto cosi'.
Con il lesso avanzato si possono fare tante cose, questa volta l'ho riciclato in un risotto.
Due parole sul "lesso": a Firenze nessuno lo chiama bollito. Semmai per bollito noi penseremmo a quell'insieme di carni diverse che in Emilia o in Piemonte viene chiamato cosi', dopo un'amorosa cottura lunga ore e ore.
Qui no. Per noi fiorentini il manzo bollito si chiama solo "lesso".
A molti, me compreso, piace mangiarlo "barzotto", ossia non troppo cotto e mangiato caldissimo, solo condito con un po' di sale. Il suo perfetto contorno e' la patata, lessata nel suo brodo, condita con olio, sale e pepe macinato. In casa nostra sulle patate lesse c'e sempre da discutere, dato che mia moglie Anna Maria le vuole cuocere a parte "perche' si disfanno e intorbidano il brodo". Sono piu' le volte che mi tocca mangiare quelle insipide patate cotte in acqua che quelle che mi posso gustare quando sono cotte nel brodo.
Vabbe', transeat, torniamo al risotto.  Un sapore pieno, veramente sensuale.

Ingredienti per 2 persone
300 gr. di lesso (per me barzotto, per voi cotto di piu')
160 gr. di riso buono
Mezzo bicchiere vino bianco, no Tavernello
2 spicchi di aglio
1 puntinina di peperoncino
Brodo (del lesso)
Olio e.v.o.

Preparazione
Se il lesso e' barzotto, ossia non completamente cotto, ma invece bello consistente, tagliarlo a bastoncini di max mezzo cm, seguendo il verso delle fibre. Se invece il lesso e' decisamente piu' cotto sfilacciarlo con le mani a ottenere dei bastoncelli.
Fare un trito degli spicchi di aglio e metterlo a soffriggere in 5-6 cucchiai di olio evo insieme a una minuscola puntina di peperoncino. Appena prima che l'aglio si colorisca versare il vino bianco e farlo ritirare almeno per meta'. Quindi buttare gli sfilacci di lesso e far andare 4-5 minuti, mescolando. Il lesso cedera' parte del brodo che ancora contiene al suo interno e questo evitera' all'aglio di colorirsi e di essere troppo presente nel risultato.
Dopo i 4-5 minuti aggiungere il riso e tirarlo a cottura aggiungendo poco per volta il suo brodo.   Verso la fine assaggiare e regolare di sale. Fuori dal fuoco mantecare con un cucchiaio di parmigiano. Niente burro, la carne ha gia' ceduto a sufficienza del grasso senza che se ne debba aggiungere ancora.
Ho anche provato una variante: aggiungere subito prima di mantecare una dadolata di filetti di pomodoro, che danno freschezza e un po' di colore. Ad Anna Maria piace di piu' col pomodoro, a me senza, per sentire di piu' il sapore della carne. Gusti.
Impiattare e servire.  Incredibile che con quei pochi ingredienti venga fuori un piatto cosi' buono.   Fino dalle prime forchettate si sentono dei sapori corposi, un insieme sensuale dove riso, brodo e manzo si uniscono e si completano l'un l'altro. Un matrimonio di passione, un insieme veramente carnale.
























Ma guardate che bellezza e immaginatelo fumante, non vi viene voglia di infilarci la forchetta?
Posso solo dirvi: fatelo, ogni lasciata e' persa.......





Questa preparazione partecipa al contest Ballarini, proposto da "farina, lievito e fantasia", nella sezione Risotti  









QUI un elenco aggiornato dei partecipanti

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09/12/10

Zucca per due (cucchiaio e forchetta)



















E' tempo di zucca, gente. E io ho pensato a due ricette un po' diverse dal solito.
La prima l'avete vista sopra, e' una crema di zucca al coriandolo e uovo. La foto mi piace particolarmente, cosi', essenziale.
La seconda prevede l'uso della crema per condire dei vermicelli, la trovate piu' sotto.
La crema, comunque, e' stata una sorpresa piacevolissima, speziata ed aromatica. Da tenere presente.
Due parole sul coriandolo: la pianta appartiene alla stessa famiglia del  prezzemolo, del cumino, dell'aneto e del finocchio. Sia le foglie che i semi sono molto usati nella cucina indiana.  Il coriandolo e' usato in erboristeria contro i dolori di stomaco e per prevenire l'aerofagia.
Una curiosita': nel corso del nostro rinascimento a carnevale e ai matrimoni c'era l'usanza di lanciare dei dolcetti, tipicamente dei confetti costituiti da mandorle ricoperte di zucchero.  I semi di coriandolo, pero', si ottengono da una pianta che cresce spontaneamente nelle campagne e quindi sono facilmente reperibili e molto meno costosi delle mandorle.
Ecco allora che quei semi venivano ricoperti di zucchero e lanciati come confetti. Successivamente al posto dei semi di coriandolo vennero usate palline di gesso o di carta colorata e poi dei piccoli ritagli di carta colorata. Capito da dove viene il nome dei carnevaleschi coriandoli?



La crema

Ingredienti
1/2 Kg di polpa di zucca
1 patata di 6-7 cm
1 cucchiaio di semi di coriandolo macinati al momento
1 tuorlo d'uovo per persona

Preparazione
Tagliare zucca e patata a cubetti. Coprire a filo con acqua (o, se si preferisce, con brodo di verdura) e far bollire finche' il liquido non e' quasi del tutto ritirato. La patata, col suo amido, serve a legare e rendere piu' consistente la crema.
Scolare zucca e patata e travasare nel bicchiere del minipimer. Aggiungere i semi di coriandolo macinati al momento (1 cucchiaio di macinato) e due prese di sale. Frullare a oltranza. Il risultato deve avere la consistenza di una crema, non di una zuppa.
Assaggiare e aggiustare di sale e coriandolo, se necessario.


Versione cucchiaio

Prendere un tuorlo d'uovo, adagiarlo su carta forno e farlo appena rapprendere in forno. Poi prenderlo con delicatezza e appoggiarlo al centro del piatto, spolverandoci sopra un pizzico di sale. Io ho provato con l'uovo crudo e il risultato era ugualmente buonissimo, ma non a tutti puo' piacere l'uovo a crudo.Gusti.













All'assaggio la crema e' profumatissima e l'acuto del coriandolo macinato di fresco fa da contrasto al dolce della zucca. Un equilibrio profumato!!





Versione forchetta
















Semplicemente saltateci dei vermicelloni al dente. Golosissimi, scivolano in gola che e' una bellezza.



 Due novita'.  Gustose. Provatele, ve le consiglio

A presto :)

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06/12/10

Mousse cioccolato all'arancia




















Bel dessert, vero? Ma non e' mica mio, ormai lo sapete che per i dolci sono negato...
E' di una nuova amica, Rossella, esperta cuoca professionista. Rossella ha lavorato a lungo in uno dei migliori ristoranti di Firenze (l'Ora d'Aria, di Marco Stabile. Oddio, si poteva dire? Caso mai lo tolgo, fatemi sapere). Rossella e' simpatica, timida ed esuberante allo stesso tempo. E brava.
Perche' non solo ha prodotto un dessert delicato e profumatissimo, ma lo ha anche presentato molto bene.
E' composto da una mousse al cioccolato con profumo di arancia e da un accompagnamento di crema pasticcera all'arancia.

Grande Rossella. La parola a lei...

Ingredienti per 4 persone
75 gr. cioccolato fondente 75%
30 gr. burro
500 ml latte intero
500 ml panna
30 gr zucchero
Succo di 4 arance
10 gr amido

Preparazione
Far sciogliere il burro e farlo raffreddare. Far sciogliere il cioccolato. In un recipiente di acciaio versare il cioccolato fuso e il burro. Mescolando aggiungere la panna, lo zucchero e l'amido. Montare il tutto, quindi portare a ebollizione. Prima di versare negli stampini aggiungere il succo d'arancia e mescolare un po'. Versare negli stampini e decorare con scorzetta gialla di arancia.
Per accompagnare fare una crema pasticcera come al solito, aggiungendo del succo di arancia. Versare la crema in una verrine e decorare con scorza gialla di arancia. Comporre il piatto aggiungendo una fetta di arancia e dei mikado al fondente. Decorare con zucchero vanigliato.

















All'assaggio la mousse si rivela leggerissima e non stucchevole (visto quanto poco zucchero? e' per non coprire i sapori di cioccolato e arancio, che si devono invece sentire bene). La crema pasticcera aveva, secondo me, meno uovo del solito, proprio per non sovrastare sapori e profumi della mousse.
Equilibrio perfetto dell'insieme.
Che vi devo dire? Io per i dolci non vado matto, ma questo qui io e Anna Maria lo abbiamo spazzolato in reverente silenzio (beh, magari qualche mugoletto qua e la'...).
Dessert raffinato, che lascia leggeri e soddisfatti.


E brava Rossella !!

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05/12/10

Pastissada de.....



















Che i veronesi mi perdonino, ma ho profanato una loro antica ricetta; la "Pastissada de caval". Non molti la conoscono, io stesso l'ho scoperta quasi per caso, anni fa durante una sosta a Verona.
Io sono del parere che trovandosi in nuove citta' si deve per forza provare le specialita' del posto. Come dire: nuova citta', nuova ricetta.  A Verona ho appunto provato la Pastissada de caval e mi e' piaciuta, ben speziata com'era. Altra scoperta che ho fatto a Verona e' stata la salsa Peara', a base di midollo. L'ho scoperta in un ristorante che adesso non c'e' piu', poco dopo l'uscita di Verona Sud: "Dal Baffo".
A questo ristorante e' legato anche un altro ricordo: la prima volta che ci sono entrato un cameriere mi ha chiesto "E' socio?". Io ancora un po' rimbambito dal caldo (pieno Luglio, no aria condizionata in auto) e dalla guida da Firenze, con ancora l'autostrada negli occhi, ho risposto senza tanto pensarci di no. Cosa volesse dire l'ho scoperto poco dopo vedendo una porta con sopra una bella targa "Club del Baffo".
Tornato al tavolo ho sondato il cameriere, che mi ha risposto (immaginate l'accento veneto): "Scusi, sa, ma ho visto quel bel paio di baffi e mi sono permesso".
L'ho scusato e mi sono fatto consigliare sulle tipicita' del menu. E' stato cosi' che ho provato la salsa peara'.
Ecco, ci risiamo, mi sono fatto trascinare dai ricordi e sono saltato dalla Pastissada alla salsa Peara', e' ora di tornare all'argomento di questo post.
La Pastissada, dunque. Si narra che nel 489 (piu' di 1.500 anni fa, e precisamente il 30 Settembre) ci fu alle porte di Verona una grande battaglia tra gli eserciti di Odoacre, all'epoca re d'Italia, e Teodorico, re degli Ostrogoti.
Odoacre faceva parte dell'esercito romano, all'epoca ormai composto quasi esclusivamente da stranieri, ed e' ricordato perche' con un colpo di stato militare depose l'ultimo imperatore romano d'Occidente. A lui quindi si ascrive la famosa "caduta dell'impero romano". In realta' l'impero era, dopo secoli di vita comoda e di decadenza, verso la sua fine. Era gia' diviso in due: l'impero romano d'occidente e quello d'oriente, quindi Odoacre dette solo il colpo finale.
Dopo la deposizione, sostenuto dalla forza del suo esercito,  si fece re d'Italia annettendosi anche l'Austria e la Dalmazia.  L'imperatore Zenone, preoccupato dal crescente potere di Odoacre, gli mando' contro Teodorico e il suo fortissimo esercito. Nella battaglia che si svolse nella pianura di Verona rimasero morti sul terreno moltissimi cavalli. Il vincitore Teodorico dopo aver fatto scorta di carne per il suo esercito lascio' i resti alle genti del posto.
All'epoca i frigoriferi non esistevano e quelle genti misero la carne a conservarsi nel vino e nelle spezie.  Da notare due cose: primo. il vino di allora era poco piu' che aceto, e quindi ben si prestava alla conservazione; e, secondo, le spezie e le erbe aromatiche in genere erano pesantemente usate col solo scopo di coprire gli effetti della putrefazione. Le spezie e le erbe aromatiche, che a volte oggi usiamo in piccole quantita' per ingentilire un piatto erano allora una reale necessita'.
Via via che serviva, la carne di cavallo veniva scolata dal liquido di conservazione e messa a cuocere finche' non fosse stracotta. La cottura veniva fatta facendo bollire a lungo la carne di cavallo con quel liquido di conservazione, bello speziato, per ore e ore, finche' non venisse tenera. Il risultato era un pasticcio di carne, la Pastissada, appunto.
In questi giorni di freddo e pioggia ho pensato che fosse il caso di fare una bella pastissada, calda e speziata. Un piatto sontuoso, da mangiare in compagnia e contornandolo di polenta bollente.
Ma, voi mi conoscete, no? Potevo io rifare la pastissada senza cambiarla? Certo che no.
E allora ho usato della carne di maiale e ho fatto una "Pastissada de maial". Come ho gia' detto: i veronesi mi perdonino.

Ingredienti per 4 persone
600 gr di spezzatino di maiale
6 carote
4 foglie di alloro
1 pugno di chiodi di garofano
2 cucchiai di cannella in polvere
1 cucchiaino di pepe in grani
3-4 bacche di ginepro
1 peperoncino
1 litro di vino rosso
mezzo bicchiere di aceto
2 cipolle
3 gambi di sedano
50 gr. di burro
mezzo bicchiere di olio evo
1 litro di brodo
1 cucchiaio di farina

Preparazione
36-48 ore prima tagliare la carne a spezzatino, in pezzi di un 3 cm al massimo. Non tagliar via troppa parte grassa perche' essendo il maiale una carne magra un po' di grasso aiutera' la cottura.
Mettere la carne in un recipiente, meglio se di acciaio, aggiungere due carote a pezzetti, mezza cipolla, le foglie di alloro, un cucchiaio di cannella in polvere, le bacche di ginepro, il peperoncino, i chiodi di garofano  e il pepe intero. Chiudere con un foglio di plastica e mettere il tutto in terrazza, o comunque fuori dal frigo. Ogni tanto agitare il recipiente.
Durante le 36-48 ore di marinatura la carne subira' una bella frollatura e si insaporira' di vino e spezie.
Passato il periodo di marinatura preparare un trito con la rimanente cipolla, carote e sedano. In una casseruola di grandi dimensioni mettere l'olio e il trito e fare andare a fuoco medio per 3-4 minuti. Quindi scolare la carne e aggiungerla al soffritto. Mescolare bene, per far sentire calore a tutti i pezzetti di carne. Dopo altri 10 minuti aggiungere un mestolo del liquido di cottura, dal quale si saranno prima tolti cipolla e carote.
Far ritirare, coperto, a fuoco basso e aggiungere via via del liquido di marinatura. Quando questo sara' terminato continuare col brodo. Deve cuocere al minimo 4 ore, anche se la ricetta originale, quella con la carne di cavallo, deve cuocere finche' la carne comincia a disfarsi.
Alle 4 ore aggiungere il burro e l'altro cucchiaio di cannella e far andare mescolando per 5-10 minuti. Togliere la carne, versare la farina nel fondo di cottura e assodarlo. Quindi rimettere la carne e tenere in caldo. Un piatto facile da realizzare, basta solo controllarlo ogni tanto e aggiungere del liquido.
Sarebbe da servire con polenta bollente. Io ero rimasto senza farina di mais, salvo un sacchetto di quella cosiddetta "istantanea" (vade retro!!!), quindi ho deciso di presentare la mia pastissada semplicemente su uno specchio fatto col fondo di cottura addensato.



All'assaggio la parte alcolica del vino se n'e' ormai andata, resta il profumo. La carne e' ormai tenerissima e le spezie hanno aggiunto sapori e profumi incredibilmente golosi.
Un piatto per stupire gli amici. Un piatto sontuoso, da mangiare in compagnia, caldissimo.


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30/11/10

Bi-blogger e Schiaffoni al ragu' bianco di cappone





















Genny di "alcibocommestibile" ha proposto un contest veramente interessante, dal titolo "Aggiungi un blogger a tavola... il contest di Natale in collaborazione con KitchenAid".
In nome della passione che accomuna i gastrofanatici che hanno un blog la Genny ci propone di pubblicare in simultanea una ricetta comune a due foodbloggers, e magari preparata assieme.
Noi siamo Corrado e Ilaria.
Chi siamo, come siamo? L'uno si definisce "manager per bisogno, cuoco per passione", l'altra "Femminuccia che ha perso il conto dei propri anni ai 29". L'uno vicino alla pensione, l'altra con la meta' degli anni. L'uno e l'altra hanno un/una coniuge paziente, ma sarebbe meglio dire rassegnato, ormai abituato a far da cavia e a sentirsi poi sempre chiedere "Com'èèèè?
L'uno tanto concentrato nel lavoro quanto distratto al di fuori (non e' la prima volta che lascia la carta di credito al negoziante, saluta e se ne va, salvo essere poi rincorso per la restituzione), l'altra che lavora nel settore "legge e sicurezza" (ma che vorra' dire?).  L'uno senza figli, l'altra con due adorabili bambine, l'ultima che non ha ancora un anno e ride a chiunque la guardi.
L'uno e l'altra, insomma, con pochissimo in comune. Salvo, naturalmente, la passione per la cucina.
E cosi' eccoci qua.
Pensa, discuti, ripensa, partecipiamo a questo contest con un primo che richiama proprio il Natale: Schiaffoni (come dire paccheri) al ragu' bianco di cappone. Bianco perche' senza pomodori. Il pomodoro da' colore, ma col suo sapore sovrasta tutti gli altri sapori mentre noi volevamo tanta capponita', in purezza.
Il cappone in molte regioni e' un classico natalizio, ma di solito bollito o in forno. Noi lo abbiamo pensato come co-protagonista di un primo.
Gia' trovare un cappone in Novembre e' stato un colpo di fortuna, perche' gli allevatori li ammazzano e li vendono tutti insieme, vicino a Natale. Comunque: missione compiuta, cappone acquisito! Poi la guarnizione, che doveva rafforzare il concetto natalizio. E su questo non abbiamo trovato di meglio che accostarci una foglia di agrifoglio e come bacche dei chicchi di melagrana, anche questi tipici del periodo.
Per la realizzazione del piatto per prima cosa abbiamo cacciato fuori dalla cucina i coniugi, poi ci siamo dati da fare.
E per fare gli strafighi abbiamo cotto gli schiaffoni in maniera atipica, il che vuol dire: 1) - Cuocerli nel brodo di cappone; e: 2) - Usare il sistema "piedi al caldo".
Significa far bollire il liquido di cottura, spegnere e buttarci dentro la pasta. Aspettare che la pasta, stando "coi piedi al caldo", si cuocia senza bollire. La situazione era buffa: "Che dici, saranno cotti?", "No, e' presto, aspettiamo". "Che faccio, provo?" "E prova...". Con questo metodo abbiamo infilzato non pochi paccheri, meno male che ne avevamo messi in abbondanza....
Cuocendo la pasta nel brodo di cappone e saltandola poi in un ragu' di cappone il risultato era pieno di capponita'. Buonissimo. Ci siamo guardati e ci siamo detti "Siamo forti...".

Ingredienti per 2 persone
200 gr di schiaffoni di Gragnano
Un capponcello di 4-5 Kg (non tutto per la ricetta, ovvio)
2 Carotone
2 Cipolle bianche, o dorate
1 Gambo di sedano
Olio evo

Preparazione
Smezzare il cappone (pardon, il capponcello) e metterne una meta' in acqua fredda. Far cuocere a fuoco basso per un paio d'ore, insieme ai soliti cipolla, carota, sedano.  La cottura, il cui scopo era ottenere il brodo, era stata fatta il giorno prima. Il cappone cosi' lessato ce lo siamo poi mangiato il giorno dopo...
Scolare e filtrare il brodo. Prendere l'atra meta' del cappone, armarsi di coltellini affilati e di pazienza e disossare una coscia e meta' del petto. Tritare la carne a coltello.
In una casseruola mettere 5-6 cucchiai di olio evo, un trito di cipolla bianca, sedano e carota e far soffriggere per meta'. Aggiungere la carne tritata e mescolando spesso far andare a fuoco medio per 5 minuti.
Verso la fine aggiungere mezzo bicchiere di vino bianco e una presa di sale. Quando il vino e' evaporato togliere la carne, sgocciolarla, e con la mezzaluna sminuzzarla il piu' possibile. Rimettere la carne tritata in casseruola e a fuoco medio far andare per 20 minuti, aggiungendo via via che si secca del brodo di cappone. Ce ne vorra' un mestolo, massimo due.  Verso la fine assaggiare e regolare di sale.
Il ragu' NON deve assolutamente risultare secco, ma invece deve essere bello fluido. Tanto il brodo non manca....
Quando gli schiaffoni (quelli rimasti dopo gli assaggi, LOL!!) sono cotti farli saltare in padella insieme al ragu' di cappone.
Guarnire con agrifoglio e chicchi di melagrana e passare alle foto (cavalletti, luci, prova e riprova... sapete com'e').


















All'assaggio gli schiaffoni, vuoi per il metodo di cottura in brodo, vuoi per il ragu' di cappone sono risultati veramente golosi: erano pieni di capponita'...
Dopo le foto ce li siamo mangiati.  Li', in piedi, guardandoci e ridendo. Ne erano avanzati un po' e l'uno (o l'altra, non importa chi) se li e' portati anche via.




Se non si fosse capito: stiamo partecipando al contest di Genny












E' una ricetta sorprendentemente saporita, adattissima per il pranzo di Natale, prendete nota!

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